Musica per le epidemie

In tempi di COVID-19 è difficile vivere…
…e difficile è scrivere di quelle cose che, oggi, sono davvero “impossibili” da fare: io ho avuto almeno 6 spettacoli musicali, prenotati da mesi, annullati, e anche andare al cinema è impossibile, proprio da oggi…

sicché l’unica è fare queste listine…

ma i film sulle epidemie sono tanti, e mi sembra un po’ inutile elencare cose che tutti conoscono…
Contagion di Steven Soderbergh, 2011
Le temps du loup di Michael Haneke, 2003
28 Days Later di Danny Boyle, 2002
Twelve Monkeys di Terry Gilliam, 1995
The Thing di John Carpenter, 1982
e L’armata Brancaleone di Mario Monicelli, 1966
sono titoli che tutti potrebbero dire…

e sui libri ha parlato Delirium Corner, a cui si può solo aggiungere due o tre indicazioni bibliografiche, del tipo:

  • del Decameron, purtroppo, nonostante sia vecchia di 70 anni, l’edizione di Vittore Branca (1913-2004) rimane il riferimento per tutte le altre: ancora nel 2010 sentii un italianista dire che Branca, finché non è morto, è rimasto il vate e il dio della filologia decameroniana… Scrisse il suo commento per la Le Monnier di Firenze nel 1950 (forse anche prima) e poi lo “passò” alla Einaudi di Torino almeno dal 1980, con un aggiornamento “stabilizzato” nel 1992 che è rimasto nelle, innumerevoli, ristampe successive…
    Solo nel 2013 è spuntato un altro testo scientifico capace di “superare” Branca, e cioè quello di Maurizio Fiorilla, composto, con saggi introduttivi di Amedeo Quondam e apparato biobibliografico di Gianfranco Alfano, per la Rizzoli di Milano, che lo ha ristampato nel 2018… Magari, forse, potrebbe essere questo un acquisto buono…
    Benché io *detesti* il Decameron da sempre…
  • Beniamino Dal Fabbro tradusse La peste di Albert Camus per Valentino Bompiani nel 1948, solo un anno dopo la prima edizione francese (di Gallimard)… La sua traduzione è rimasta anche quando il marchio Bompiani fu acquisito dalla RCS Libri (ossia dalla Rizzoli) nel 1990 (il vendere a Rizzoli fu una delle ultime cose fatte da Valentino, morto nel 1992)…
    La RCS lasciò a Bompiani, e poi ai suoi eredi, una vasta libertà di scelta direzionale, ma nel 2016 l’intera RCS fu acquisita da Mondadori, che non rinnovò quella libertà…
    Acquisendo la RCS, tra l’altro, Mondadori violava certi parametri anti-trust (essendo Mondadori proprietaria anche di Einaudi, acciuffando anche Rizzoli/Bompiani si trovava a detenere una quota di mercato librario superiore a quella prevista dalla libera concorrenza), e pensò, quindi, perfino di far cessare di esistere il marchio…
    Alcuni dei furono dirigenti Bompiani (tipo Elisabetta Sgarbi, sorella di Vittorio), per “sfuggire” a Mondadori, fondarono un marchio nuovo (La Nave di Teseo), e altri cercarono di trattare, per conto loro, con altri editori (HarperCollins e addirittura Amazon), ma la Mondadori, comunque proprietaria, anche se obbligata a vendere, volle, e certamente era nel suo “diritto”, mettere bocca nella vendita, e decise di vendere alla Giunti di Firenze…
    La Giunti lasciò ai dirigenti “storici” rimasti (quelli non sfuggiti verso La Nave di Teseo, guidati da Beatrice Masini) quella autonomia che avevano con RCS, e mantenne, ben distinto, il marchio…
    È dopo l’acquisto Giunti che Bompiani “rimpiazza” la versione della Peste di Dal Fabbro con la traduzione di Yasmina Mélaouah (a mio avviso assai più scorrevole), edita nel 2017, in ristampa dal 2018…

Ai libri detti nei commenti a Delirium si potrebbe aggiungere, naturalmente, L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Márquez (1985: Claudio Valentinetti lo traduce per Mondadori nel 1986, e già nel 1990 Mondadori lo fa ritradurre ad Angelo Morino), e, meno “ovvio”, Der Rattenfänger di Michael Ende, del 1993, tradotto, in versi rimati (come è in tedesco), da Umberto Gandini nel 1994 per la Mondadori come Il pifferaio magico
Rattenfänger è una trasposizione della Volksmärchen del pifferaio di Hameln che Ende scrisse per il teatro d’opera: andò in scena, con la musica di Wilfried Hiller, collaboratore fisso di Ende, alla Opernhaus di Dortmund…
È un libretto lugubre e fantasticamente orrorifico, nichilista, scuro e disperato (il sottotitolo è Ein Hamelner Totentanz in 11 Bildern, einem Prolog und einem Epilog: Una danza di morte proveniente da Hameln in 11 scene, un prologo e un epilogo; complemento del titolo forse connesso con quello della Hunting of the Snark di Lewis Carroll [1876], ovvero An Agony in 8 Fits; Gandini optò per Danza macabra in 11 quadri), in cui la peste, però, fa solo da sfondo iniziale, come nell’Edipo Re di Sofocle, dato che poi vi si sviluppa un’altra trama centrata sull’avarizia e la perdizione dell’essere umano…

Per il resto, si potrebbe occuparsi delle musiche e delle opere liriche trattanti la peste, ma facendolo si scopre che è difficile trovare pezzi davvero connessi con la peste o le epidemie…

Certamente scritte in tempo di pestilenze ci sono le Ballate di Francesco Landini, vissuto tra gli anni ’30 del 1300 e il 1397… Le Ballate sono più o meno 130 e sono state “fissate” e “tramandate” grazie al Codice Squarcialupi, una silloge musicale assemblata nel ‘400, oggi conservata alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze con segnatura Med.Pal.87…

Durante la peste del ‘300 operò anche Guillaume de Machaut (1300-1377), autore di numerose messe polifoniche (e cioè non aderenti al canone gregoriano)

Alcune opere sono ambientate nel Seicento, ma non hanno granché cenni alla peste “manzoniana”: Suor Angelica del Trittico di Puccini, per esempio (1918), di cui abbiamo già parlato nel post linkato, e, soprattutto, Chovanščina di Modest Musorgskij…
Musorgskij lavorò all’opera dal 1872 al 1880, scrivendo molto al pianoforte ma riuscendo a orchestrare molto poco… Nel 1881, Musorgskij muore e i suoi appunti finiscono a Nikolaj Rimskij-Korsakov che, di suo pugno, riassembla le scene, compone praticamente ex-novo un finale, e orchestra come gli pare l’opera, che viene messa in scena nel 1886 (all’Auditorium Kononov di San Pietroburgo) per poi viaggiare in tutto il mondo. Nel 1913, Igor’ Stravinskij e Maurice Ravel, su incarico dell’impresario Sergej Djagilev, preparano una nuova orchestrazione, dividendosi il lavoro per scene, per una rappresentazione al Théâtre des Champs-Élysées a Parigi; un’orchestrazione che viene però “bocciata” dal cantante protagonista, il basso Fëdor Šaljapin (egli volle cantare la versione di Rimskij-Korsakov che già sapeva a memoria), e di cui sopravvive, quindi, solo il finale, praticamente composto ex-novo dal solo Stravinskij e da lui pubblicato nel 1914… Nel 1932, Pavel Lamm cura l’edizione filologica di quanto composto da Musorgskij, che, si diceva, per lo più compose per canto e pianoforte, e sul lavoro di Lamm, nel 1959, Dmitrij Šostakovič viene incaricato di realizzare un’orchestrazione più rispettosa della musica di Musorgskij (al contrario dell’edizione di Rimskij-Korsakov), e la sua versione, che comunque rimaneggia un paio di scene, si impone piano piano nei teatri a partire dagli anni ’80 al posto di quella di Rimskij…
In Chovanščina, di cui dovremmo riparlare meglio in un altro post apposito (e cioè in Operas VI), non ci sono accenni ben precisi alla peste, ma il popolo degradato e malato, sfatto da varie carestie e tristezze, c’è tutto, e in misura davvero commovente…

Nel 1901, nel Novyj Teatr di Mosca (un piccolo teatro esistito tra il 1898 e il 1907 dove, più o meno, oggi c’è il Teatro dell’Operetta, subito dirimpetto al nuovo palcoscenico del Bol’šoj), Cezar’ Kjui mette in scena l’atto unico, di una mezz’oretta, Pir vo vremja čumy, ossia Festa al tempo della peste, basata su un testo di Aleksandr Puškin… una scenetta scioccarella di un banchetto fatto dai popolani in mezzo a un’epidemia (non si capisce quando)… banchetto avvolto di tristezza e sconforto per le morti continue, interrotto dalle prediche del vescovo millenarista, e perdurante in un tono difficile tra serio e faceto che Kjui, nella musica, non riesce quasi mai a rendere, perdendosi nel pittoresco

La Prima Guerra Mondiale e la susseguente epidemia di febbre “Spagnola” ispirarono La Valse di Maurice Ravel (1920) e il Concerto per violoncello di Edward Elgar (1919)…
La Valse presenta il lato folle e dionisiaco della morte per guerra e per peste, dissezionando un tema di valzer con toni sempre più grotteschi e allucinati…
Il Cello Concerto di Elgar inizia nel più sconfortato dei modi, con una delle musiche più struggenti mai composte, forte di una progressione di intensità “depressa” che lascia senza fiato ogni volta, ma poi continua esprimendo lo sfilacciamento sociale (e musicale) di quegli anni, con due movimenti quasi “funambolici”, privi sì di un senso, ma né nonsensenichilisti: una musica molto particolare…

Nel 1927, quando la Spagnola è cessata ma quando i regimi totalitari si fanno sentire, Igor’ Stravinskij scrive Oedipus Rex su libretto di Jean Cocteau (che lo scrisse in francese anche se lo voleva in latino: incaricò della traduzione latina il gesuita Jean Daniélou), desunto, naturalmente, da Sofocle… Lo elenco perché, come già detto, c’è una splendida peste iniziale…
Il link si riferisce allo spettacolo di Julie Taymor e Seiji Ozawa del 1992 al Saito Kinen Festival di Matsumoto e ha quindi la parte recitata in giapponese… Più spesso, però, Oedipus Rex viene dato in forma di concerto con voce narrante, come si vede nel video di Walter Mastrangelo della lettura di Claudio Abbado e la RAI di Roma all’Auditorium del Foro Italico del febbraio del 1969 (il narratore è Giancarlo Sbragia)…

Alla musica non “classica” ci ha pensato Cose Preziose

9 risposte a "Musica per le epidemie"

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  1. La peste: lo sto leggendo proprio nella traduzione di Beniamino Dal Fabbro, in un’edizione del ’48 – sai, la collana Bompiani dei 50 libri rossi… il Decamerone al tempo delle medie m’era piaciuto, tanto che per l’occasione l’ho prenotato in biblioteca. Una versione di cui non so dire il valore: Nuages, del 2000, scelta per le illustrazioni di Luzzati.

    1. Spettacolare! È probabilmente la prima edizione Bompiani!
      Con Dal Fabbro sono stato severo, ma certamente il suo essere brusco e abbastanza “tranciante” ha il suo fascino: tu come ti stai trovando?

      Il Decameron, per me, è incomprensibile: il suo sguardo aristocratico sul volgo mi indispettisce ogni volta…
      ma forse non è ancora tempo… chissà se in vecchiaia lo apprezzerò! Magari grazie al commento di Fiorilla, in wishlist da anni!

  2. Grazie per la citazione!
    Come sempre mi fai sentire ignorante. L’unica musica su epidemie che mi viene in mente sui due piedi è “Ebola in Town” del cantante liberiano Shadow. Giusto per darti un’idea del mio livello musicale…
    Tempo fa lessi “Storia della colonna infame”, che hai suggerito anche nel mio post, mentre molti dei libri di cui parli ancora mi mancano. Ho però “scoperto” che è un argomento molto interessante in letteratura!

    1. Io sono del tutto impreparato sulla musica non “classica”… lì credo che, se esploriamo, di canzoni “pandemiche” ne troviamo parecchie!

  3. Questo articolo è super utile e interessante, ora dovrò assolutamente uscire dalla mia ignoranza e approfondire soprattutto la parte musicale! Grazie mille!!

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