È stata la mano di dio

Ne ho parlato con amici fraterni a lungo, e quello che dirò è il risultato delle nostre conversazioni…
…ma il disprezzo è tutto mio…

le premesse sono sempre le stesse…

che nel vedere una “roba” qualsiasi ci sono sempre 3 livelli:

  • come quella roba è stata fatta, il livello poietico: ovvero le storielline simpatiche sulla lavorazione, sulle intenzioni degli autori, sui trucchi del mestiere, sulle contingenze che spiegano perché c’è quell’elemento (attore o svolta di trama) o l’altro (magari perché un geniale dop aveva lo scorbuto quel giorno e quindi in una scena c’è una luce lunare e in un’altra solare) ecc. ecc.
  • come quella roba è in sé, in termini quasi quantitativi: quante inquadrature ha, per esempio; come è messa a livello attanziale (es. a scena 3 entra lui, alla 4 entra lei, che relazione c’è tra lui e lei, e tutta ‘sta baracca)…
  • come quella roba la percepisce il pubblico, il livello estesico: e ognuno la capisce come gli pare, non c’è verso…

Sorrentino fa una serie di immagini trasparenti, lucide, brillantissime…
…o meglio…
fa una serie di immagini SPECCHIATE

Sorrentino fa uno specchio

in cui ognuno si vede riflesso

e punta tutto sul livello estesico

le immagini, di per sé, non dicono un cacchio…
…come lo specchio: di per sé lo specchio non dice un cacchio, lo specchio riflette…

ognuno, nelle immagini-specchio di Sorrentino, ci si vede riflesso… bello e beato…

Sorrentino non fa niente: Sorrentino, con lo specchio, offre allo spettatore lo stesso spettatore, semplicemente mettendogli davanti un bello specchio!

ma Sorrentino vuole dire davvero qualcosa?

no…

Sorrentino fa pesca a strascico delle emozioni altrui…
…costruendo un’apparecchiatura specchiata per far sì che le emozioni dello spettatore riempiano i suoi specchi, che di per sé sono solo specchi, cioè sono nulla, sono vuoto…

dallo spettatore, gli specchi di Sorrentino riflettono:

  • il lutto
  • l’autobiografia
  • il Napoli di Maradona
  • Napoli del 1990
  • la voglia indefessa e perfino imbarazzante di fica
  • le smaronate “estetiche” di chi nella vita ha tentato in qualche modo di scrivere qualcosa su se stesso…

Attenzione…

Sorrentino NON racconta né il lutto, né Napoli, né il Napoli, né Maradona, né la fica, né l’Estetica… Sorrentino lascia che queste cose ce le metta lo spettatore… che lo spettatore le riversi sul suo film…

ma il suo film sta lì…

a ricevere…

e basta…

È stata la mano di dio è un film che non comunica niente…

Sul lutto è un film reticente e banale…
non c’è un’inquadratura che sia capace di esprimere il dolore del protagonista…
un flashback dei genitori, magari…?
niente
un sogno con i genitori che mancano?
no
una scena seria sul non aver potuto vedere i genitori che coinvolga in qualche modo il visivo e non il semplice detto?
no

Sul Napoli e su Marandona punta tutto solo e soltanto sul più sciocco e vieto deismo privo di cervello, con Maradona che è dio e con le ritrite immagini della gente che guarda le partite sui balconi in famiglia… roba rivista perfino su Gente

sull’autobiografia è sciatto come un compitino timido…
mai una volta che si suggerisca che quello raccontato è solo il ricordo del protagonista…
mai…

nella Napoli, intesa come città, del 1990, così come vista da Sorrentino, nessuno si drogava, tutti erano felici, e solo qualche volta avevi a che fare con delinquentelli minori…
la famiglia rappresentata, inoltre, così ipocrita e piccolo borghese, cade subito nel dramma: «è una famiglia come quella di tutti, cosa cazzo la rappresenti a fare? perché è realtà? ma la realtà va raccontata o solo fotografata? perché se la fotografi e basta incorri nel vecchio problema del doppiare in cinema quello che c’è davvero, e quindi tramortire le palle a tutti, perché è come leggere a voce alta il tuo diario delle medie con roba vissuta e rivissuta da tutti: interessa davvero a qualcuno?, forse no… forse interessa a qualche bimbominkia for life che ha la tua stessa età, ma agli altri…
a meno che alle medie non ti sia davvero successo qualcosa di interessante… ma non mi sembra che ti sia successo, visto che non sei stato capace neanche di raccontare il tuo lutto»…
per di più, su Napoli prevale quasi una “smaterializzazione”: cioè, se non fosse per il dialetto e le solite cartoline di Mergellina e Piazza del Plebiscito, È stata la mano di dio potrebbe essere ambientato tranquillamente a San Candido o a Miami… perciò l’atavismo del menga, quello del «come si fa a Napoli non si fa in nessun posto» e altre stronzate, non quaglia, e finisce solo per irritare… [come tutto l’atavismo e l’insopportabile “moglie e buoi dei paesi tuoi” che sembra inondare qualsiasi prodotto di fiction, visiva o scritta, concepito in Italia]
E NON SOLO
la famigliola allargata al sedicesimo grado della 315esima potenza ostenta una sgradevolezza di gusti, intenti, sentimenti e comunicazioni sull’altro da far accapponare la pelle, in quanto a razzismo, body shaming e scherzi idioti di cattivo gusto, perfino a Hitler!

sulla voglia di fica, Sorrentino fa un ritratto di maschi che smaniano perfino per le vecchie, oltre che per le zie belle… con una prurigine e un senso di squalificazione, perfino degli ormoni, che produce scene per lo meno rivoltanti… alla fine, all’ennesima tetta gratuita di Luisa Ranieri, e alle facce da pesce lesso che provoca nel cast maschile (con tutto il repertorio rivisto dei soliti Lino Banfi e Massimo Boldi davanti alle Fenech e Guida di turno), più che un’erezione ti sembra di avere una mossa di corpo… e tutto questo nonostante la bellezza incontestabile di Ranieri: è che è inquadrata in modi così traslucidi, e accompagnata da un senso così squallido della bellezza e del sesso, cioè solo come oggetti e mai come soggetti, da farti quasi provare sconforto invece che eccitazione… [nel tanto vituperato Zardoz, almeno, a Sean Connery gli si rizzava solo con Rampling, mentre al protagonista, oltre che con Ranieri, gli si rizza, ripeto, anche con le vecchie]
vedere un ragazzo che fantasticando sulla bellezza si trova a comparare Ranieri a qualsiasi altra vagina è eccitante o squalificante?
in più, Ranieri sembra anche usata per dire che tutte le altre fiche, non congruenti con Ranieri, fanno tutte schifo… ma anche se fanno schifo sono “chiavabili” lo stesso!
io non so se ritenere la cosa etnografica o semplicemente risibile… anche perché, a un certo punto, dalla fica di Ranieri esce perfino una batteria, usata da un altro personaggio, con cui il protagonista mai ha avuto a che fare!
come quando, in un’altra idiozia sesquipedale come È stata la mano di dio, e cioè Baaria di Tornatore, dalla trottola del figlio del protagonista esce la mosca evocata dal protagonista ma di cui il figlio del protagonista non sa un cacchio…
è il simbolismo messo lì per chi?
per una ragione o per puro riempimento di nulla?
o è simbolismo furbo, fatto apposta per chi ci vorrà trovare qualcosa anche dove non c’è un cacchio: quella furbizia in cui cascano coloro a cui piace dire “sembra ci sia qualcosa”… “sembra”, ok, ma non c’è niente…
sono, appunto, specchietti per le allodole…
prese in giro per i “simboleggiosi”…

sul cinema ci sono solo discorsi arronzati e raffazzonati presi dalle prefazioni dei libri letti all’università, sciorinati a caso come a caso il protagonista sbrodola, senza alcun motivo, le citazioni di Dante…
sul cinema c’è solo una confusione contraddittoria su come un film dovrebbe somigliare a Fellini…
ma Fellini faceva cinema: c’aveva le false soggettive, constatava che la realtà è inconoscibile e si sparava o impazziva…
Sorrentino dimostra che la realtà è inconoscibile con le false soggettive?
Sorrentino finisce per far impazzire il suo protagonista poiché, con l’esperienza della morte assurda dei genitori, gemellata all’esperienza cinematografica che smaschera come assurda tutta l’esistenza, finisce come la marionetta d’Oreste del Fu Mattia Pascal? o come David Hemmings alla fine di Blow up [che finisce lui stesso per scomparire una volta appreso che partecipa alla vita idiota come idiota è la partita a tennis mimata]?
no…
manco c’è un flashback di lutto dei genitori… figuriamoci le soggettive… e figuriamoci quelle false!
e il protagonista di Sorrentino, nonostante il tanto parlare (e mai vedere) il lutto, va bello, sano e salvo, a Roma, a mangiare la cacio e pepe perfino col benestare del folklore del monaciello…
è cinema quello che fa?
è cinema quello che mostra?
è cinema quello che vive?
oppure è il diario delle medie? stereotipato, uguale a mille altri, bimbominkia for life, che cita, alla boja d’un giuda, libri letti male e mal compresi?
o è un’illustrazione…?
uno specchio?

Uno specchio paraculo…

che sa di voler piacere a tutti quelli che hanno avuto un lutto (cioè tutti),
che sa di voler piacere a tutti i napoletani nostalgici di Maradona,

e dà a quei tutti il loro ennesimo pregiudizio di conferma… il loro ennesimo riflesso nello specchio narcisista… l’ennesimo «mi vedo e sono io, e io sono bello, e quello che è capitato a me è ESEMPLARE e degno di nota, e non voglio vedere quanto ciò che è capitato a me sia capitato in realtà a tutti quanti e sia pertanto una travasata di cliché e di luoghi comuni: io sono bello, bravo e tanto, visto che perfino Sorrentino, che è ‘n’artista, parla di me!»

il pregiudizio di conferma in un film di MERDflix in cui scene di sprecato sensazionalismo (il bimbo che scopa ‘na vecchia) si alternano al nulla, nulla messo lì fatto apposta per permetterti di andare a pisciare tra una pausa e l’altra… [si possono identificare anche alcuni episodietti a sé stanti: tutta la parte col delinquentello non ha alcun senso, è solo episodio alla MERDflix, e così perfino il colloquio con Capuano, che poi sparisce come un sogno: e se Sorrentino avesse costruito scene e sensi sulle valenze di sogno di certi personaggi avrebbe fatto assai bene, ma invece niente: i suoi personaggi non sono sogni di cinema ma solo episodietti per MERDflix, indicazioni messe apposta per far capire al pubblico quando mettere in pausa per la pisciata: oddio che rabbia!]
un film MERDflix zeppo degli stereotipi più sconcertanti, tra trentini immersi nei canederli e Roma invocata con carbonara e cacio e pepe…

un film-specchio che forse è anche offensivo verso coloro che il lutto lo devono elaborare davvero, e ne vorrebbero vedere uno in simulacro per elaborare il loro, invece di essere presi per il culo con un finto-lutto da mettere loro davanti come specchio e dire loro «non piangete per il mio lutto così da piangere insieme anche per via del vostro, ma piangete solo del vostro perché il mio non c’è: è solo uno specchio»

a me farebbe incazzare…

perché questa pesca a strascico delle emozioni altrui, oltre che catalizzare il narcisismo, finisce per accontentare davvero tutti coloro che non vedono che si parla di lutto senza lutto, che non vedono che si parla di cinema senza cinema: finisce per accontentare tutti quelli a cui basta la superficie, il tweet, l’aforismino, la segatella citata per sentirsi esegeti… appunto perché il suggerire sostanza senza che ci sia titilla il narcisismo di chi si crede capace di vedere la sostanza anche là dove gli altri, considerati beoti, non la vedono!

Siccome È stata la mano di dio è uno specchio, quella sostanza non c’è davvero, è solo la sostanza del narcisismo di chi guarda e si rivede: ed è contento di presumere che la sua profondità sia quella dell’autore, perché così si sente autore egli stesso…

ma l’autore non ha fatto nulla…

ha solo fatto il paraculo…

per me, È stata la mano dio dio è una delle cagate più dolorose che abbia mai visto…

una delle stronzate più madornali, più imbarazzanti e ributtanti di cui abbia mai parlato…

l’ennesima scemenza dell’autobiografia del coglione, che scambia il quotidiano per straordinario, e l’ennesimo testo che parla del lutto: un lutto che, nonostante la letteratura russa e della Grecia antica lì apposta da centinaia d’anni alla bisogna, nessuno, nell’Italia post-2010 ce la fa a elaborare…

…ed essendo il film uno specchio, ciò dimostra che la merda sono io!

31 risposte a "È stata la mano di dio"

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      1. Ahahah! La chiusura del tuo post molto autoironica suggerisce cautela, in effetti… :–P

        Ma te sei tra i pochi di cui mi fido!

  1. Ma tu devi smetterla di distruggermi libri che voglio leggere e film che voglio vedere 🤣
    Allora, questo ancora non l’ho visto ma lo vedrò presto. Per il momento ti do il mio parere sulle opere di Sorrentino di cui ho parlato spesso con amici e parenti nel bene e nel male. Per me Sorrentino è pura estetica, o meglio la scelta di un soggetto rappresentato con una certa estetica che può piacere o meno, ma che comunque è semplicemente estetica. La malavita, l’usura, la politica, la superficialità, la vecchiaia mostrata con la sua estetica. Musica, colori, parole che non pretendono di andare oltre a una rappresentazione estetica del soggetto scelto per un certo film. A me questo piace tanto, lo trovo persino poetico, unico e originale. Non so cosa penserò di È stata la mano di Dio, ma ti farò sapere. Magari ti darò ragione 🤣 non si sa mai…

    1. Le cose che tu trovi buone di Sorrentino sono proprio quelle che a me dànno il voltastomaco… poiché se “estetica” è Sorrentino allora non so come definire Tarkovskij: vabbé che è tutto proporzionato, ok, ma qui smetto subito perché a parlare di Sorrentino ho perso fin troppe amicizie, essendo l’unico che lo detesta (ho retto solo Divo e Loro 2) tra tutti quelli che conosco…
      E naturalmente io esprimo solo mie scarse e scrause opinioni su uno che, solo a mio avviso, è un bollito tamarro con zero idee (e anche con una inquietante predisposizione all’apologia del riccone) che ne ha indovinati solo due: e la mia opinione, basata su canoni miei e solo miei, non vedo come possa urtare canoni diversi…

  2. Si capisco, alla fine qui si tratta sempre di uno scambio di opinioni, è anche il bello dei blog che si seguono in cui ci si confronta. Io non sono un esperto di cinema, ti volevo solo dire la mia su un regista di cui bene o male mi è piaciuto quasi tutto quello che ho visto. Le conseguenze dell’amore e L’amico di famiglia soprattutto sono per me due grandi opere. Vediamo che impressione avrò con È stata la mano di Dio… magari mi sembrerà un’altra stronzata come Youth 🤣

    1. Ma tu devi continuare a parlarmi di quel che vuoi!

      i conati da me provati in Youth (dove c’era già Maradona!) li sento, disgustosi, ancora adesso!

      1. Macché… causa persa…
        Però non ho mai visto This Must Be the Place, né il papa (come si chiama)…
        Per contro, però, adoro Garrone!

  3. Ciao Nick.. leggerti è sempre illuminate. A me è piaciuto. Ammetto che sono caduto nel gioco degli specchi, cosa che con lui non mi era capitata prima. Il cinema di Sorrentino è vuoto, un vuoto che ciascuno riempie con quello che vuole vedere di sè, non solo con quello che lo specchio riflette. In questo caso ho rivisto il mio Sud, la mai adolescenza (premetto non ho avuto lutti del genere, nè manie pruriginose come quelle del protagonista, nè una iniziazione cosi terribile), che non è il Sud come era realmente. Negli anni 80, al Sud c’era anche altro, non solo la vespa in 2 (a Napoli anche in 3). Resta il fatto che non tutti si infangavano con la droga e la criminalità, e che se desideravi il cibo, i parenti e i vicini, se volevi li potevi anche tenere un pelo distanti (certo con un prezzo enorme da pagare in termini di socialità ed anticonformismo che specie in provincia pagavi amaramente). In un certo qual modo mi è piaciuto, perchè ricalca il desiderio, esistente, lampante e tangibile degli anni ’80, di una fetta di Sud (ma direi di tutta Italia), che cercava la normalità borghese del resto d’Italia, normalità che ti veniva “insaccata” attraverso la TV e il calcio (e questo, seppur sbadatamente; il film lo mostra e secondo me è un merito, forse inconscio). Quindi sono caduto anche io, lo ammetto, nella “riflessione personalizzata”. I film di Sorrentino, per me non sono mai sopravvisuti alla seconda visione. Alla prima ok, bello frizzantino, alla seconda: che razza di roba è? In questo caso, provero’ a rivederlo, mentre per la Grande Bellezza mi sono fermato alla prima. Su Il Divo ci ho riflettuto. Prima visione: bello. Seconda visione: stupidaggine caricaturale. Poi ho visto Hammamet, e ho fatto un parallello Craxi-Andreoti, per come li ricordavo. Craxi: borioso, saccente (era sicuramente molto acculturato.. paragonato ai politici di oggi, un professore) ed egoico (come in Hammamet) e Andreotti: oracolare e caricaturale nei confronti degli altri e di se stesso (proprio come ne Il Divo). Forse li Sorrentino aveva ragione. Le conseguenze dell’amore, mi faro’ nemici… è veramente una c…..a sesquipedale (reputare le conseguenze dell’amore un grande film, vuol veramente dire che gli anni ’80 e la TV spazzatura degli anni 80 hanno devastato l’aspetto cognitivo anche di persone che hanno studiato tanto, non necessariamente di cinema o teatro), come Youth e come tante, troppe cose di Sorrentino. Il primo papa si puo’ vedere, è bizzarro, un divertissement. Il secondo totalmente sconclusionato e onanistico.. persino lo specchio è rotto. Ritorniamo sempre allo stesso punto. Una generazione (io compreso) è incapace di leggere i contesti.. di conseguenza anche romanzi e film. Troppo lapidario e pessimista. Nonostante cio’ buon anno e grazie come sempre.

    1. Carissimo Fritz,
      le tue valutazioni sono simili a quelli di altri amici coetanei e un po’ più grandi che hanno apprezzato il film appunto per la sua capacità di evocare sensazioni personali di rendicontazione di esperienze coeve… che il film riesca ad innescare i ricordi personali è un bene, vuol dire che ha una sua valenza “documentaria” da non sottovalutare…
      ma che Sorrentino non riesca mai a dire “c’è anche altro”, visto anche che si rapporta a Capuano, è odioso… e che non riesca mai a fare “cinema”, usando l’immagine magari davvero come ricordo o sogno, invece che come semplice illustrazione brillante, mi irrita sempre, anche perché accostata ai logos estetici…
      dà l’idea di uno che le ha lette le estetiche di Fellini, ma che non le ha capite…

      Poi, Fritz, noi se ne parla sempre: se uno riesce a “sublimare” la propria esperienza in qualcosa che va al di là del personale, ok, è un conto… ma se invece io mi metto qui a dirti come si viveva sulle Colline Metallifere della Toscana nel 1989, e mi metto a dirti che io non mi ricordo un cacchio di eventi grossi e vissuti ma di cui non registrai niente (Capaci, Georgofili, arresto di Riina, caduta del muro, disastri occupazionali delle acciaierie piombinesi) perché mi piaceva Michela che non me la dava per niente, e nel mentre provavo attrazione anche per Francesca, Tiziana e qualsiasi altra gonnella per via degli ormoni, e sempre col risultato dello zero assoluto in quanto a sesso perché ero nerd, grasso e blaterante di logorrea e, come si diceva allora, “antitopa”, condizione che mi faceva più sessualmente vicino a Indiana Jones (la cui VHS rivedevo a ripetizione) che a chiunque altro, cosa avrei fatto? avrei fatto un capolavoro o avrei semplicemente raccontato la banalità di un quotidiano idiota, che, magari, sì, innescherà la curiosità e l’empatia degli altri antitopa toscani (del litorale mediano) del 1989, ma non fa davvero altro… [e sarebbe anche un resoconto scemo in quanto io NON andavo al mare, come invece i miei coetanei facevano in continuazione]
      perché, come ci insegnano i social e i vari reality show, l’esperienza personale non fa “interesse” fa solo pregiudizio di conferma… a meno che quell’esperienza non si trasformi in etnografia (o in Arte), cosa che né i social, né il mio racconto, né i reality, né Sorrentino riescono a fare…

      Il Divo conservava l’obliquità di uno sguardo “cinematografico” e “spettacolare”, che lo palesava come finzione…
      La mano di dio ha solo quadri traslucidi di niente…


      Gianni Amelio in Hammamet, pur con grossi difetti (ne ho anche parlato), ha molto più “cinema” e ha molto più “sguardo” di Sorrentino… e almeno non ha la pretesa di ergere il proprio banale ricordo a Storia…

      1. Grandissima risposta. Guarda siamo molto più vicini di quanto le nostre due recensioni facciano apparire. Scrivere della banalità del proprio quotidiano, non ti fa scrittore o artista.. frase esemplare. Bisogna farlo capire a chi scrive autobiografie e crede di aver scritto Tropico del Cancro oppure crede di aver avuto la vita di Curzio Malaparte. La cosa che a me preoccupa, come già detto è non tanto vedere gente che crede di essere Miller, ma osservare come le case editoriali hanno invaso le librerie di queste cose e del riscontro che trovano nel pubblico (ma anche qui ce lo siamo già detto). Devo leggere la tua recensione su Hammamet. Io ho visto il film la settimana scorsa. La cosa che meno mi ha convinto è stata proprio l’interpretazione plastica di Favino.. per carità non da bocciare.. poi lo spiego. Amelio non è un grande regista, però sa essere meno pretenzioso e più profondo di Sorrentino. Tu mi dirai ci vuole poco… aggiungo.. visti i tempi.

      2. Tanto sono convinto che accadrà così: tra un paio d’anni rivedremo La mano di dio: e finirà che tu lo detesterai e io l’adorerò!

  4. E’ tipico di Sorrentino infarcire le proprie “opere” di scene senza senso, e senza che ci sia neanche un filo logico a collegarle. Penso ad esempio alla scena dei cardinali che si prendono a schiaffoni in The Young Pope, oppure a quella della morte della pecora in Loro. Per non parlare poi de La grande bellezza, dove le scene senza senso sono così numerose che se iniziassi a elencarle adesso finirei all’ora di cena.
    Nonostante questo, è adorato dai critici e da una parte del pubblico (quella che va matta per i film d’autore). Sorrentino è un po’ come quegli artisti di arte moderna che assemblano 2 o 3 oggetti a caso, e poi dicono ai critici “Bada lì che capolavoro”: qualcuno di quei critici ci casca, scrive davvero che è un capolavoro, trova qualche bischero sciolto che gli crede ed ecco che l’artista cazzaro è diventato un genio.

    1. Mi hanno inculcato troppa filosofia dell’arte per non cercare di fare un distinguo tra chi “trasfigura il banale” (vedi il saggio di Arthur Danto) e chi è banale e basta… chi è banale, più che dai materiali, si vede dalla mancanza di idee… se invece si comincia a dire che “mettere in croce due schizzi di colore non è da artisti” si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca (e si rischia di ribadire la brodaglia di Maurizio Crozza secondo cui sarà sempre meglio Notre Dame di Giovanni Michelucci, senza che si possa parlare di storicismo, storicizzazione, cultura e orizzonte di idee)

      1. Certamente, non nego che dietro ad alcune opere di arte moderna possa esserci un’idea talmente geniale da rendere accettabile la banalità dell’esecuzione. Ma nella maggior parte dei casi tali “opere” sono in realtà delle semplici furbate prodotte da cazzari, e chi ci vede dell’arte non sa separare il grano dal loglio. Grazie per la risposta! :)

  5. Non sono d’accordo con la tua chiusura.
    Non ho visto il film ma penso proprio che, se mai lo vedrò, rivivrò tutti i passaggi di questa lettura come conferme.
    Da ignorante in materia non mi permetto di parlare di Sorrentino.
    Da spettatrice ignorante ho smesso dopo essere stata apostrofata.
    Prendendo la tua metafora dello specchio, probabilmente sono inconsistente o nulla io, perché quel poco di Sorrentino che ho visto finora “non mi riflette.” Ma lo dico con il rammarico di chi non riesce a capire.

    1. Sì, non si capisce…
      E i tanti che lo idolatrarlo, sento che ognuno lo idolatra secondo la propria esperienza (“mi è piaciuto perché m’ha ricordato quando è morto zio, quando mi sono masturbato su Luisella, quando ero giovane e bello”)…
      Magari, davvero, esperienze diverse dànno reazioni diverse… ma forse questo dice che se deve vivere di esperienze altrui forse questo film non è esperienza di per sé…
      Chi ti ha apostrofato come spettatrice ignorante?

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