Furiosa: A Mad Max Saga

Mad Max lo conosciamo

Se i capitoli di Mad Max, finora, suggerivano sempre leggere slegature tra uno e l’altro, sfidando, perfino, la fantasia che i Max che si vedono nei quattro film non siano affatto gli stessi, nonostante i riconoscibili ammennicoli che si portano dietro, Furiosa è un dichiarato prequel che sottintende la visione di Fury Road, e la sua diegesi coincide con quella di Fury Road

questo comporta identità “esatte” mai viste prima nella saga, e costringe Miller, oramai alla soglia degli 80 anni, ad avere a che fare con tutte le magagnette dei prequel: personaggi interpretati da altri attori (il povero Hugh Keays-Byrne è anche morto), e performer invecchiati chiamati a impersonare caratteri che dovrebbero essere più giovani di loro (Nathan Jones è quello che si vede avere 10 anni di più per un Rictus Erectus che invece dovrebbe avere 15 anni di meno)…

e comporta una divisione “letteraria” in capitoli mai concepita in Mad Max: capitoli che concretizzano di gran lunga l’episodio più lungo: quasi 150 minuti, ben mezz’ora più di Fury Road

e capitoli che annullano le consuete strutture di Mad Max in due parti… i capitoli di Furiosa sono ben 5…

Già Fury Road era tanto giocattoloso e fintoso… e Furiosa lo è di più…

Miller, ripeto, non più giovincello, stavolta gira in casa, in Australia, e non in Namibia, e, rispetto ai film precedenti, costruisce tante cose col digitale, con un direttore della fotografia, Simon Duggan, diligente, ma artisticamente lontano dalle bestie tecniche che hanno finora lavorato a Mad Max (David Eggby, Dean Semler e John Seale): è sua la colpa, tra le altre cose, delle lampadine semoventi nell’Hacksaw Ridge di Gibson e della gratuità smargiassa del Grande Gatsby di Luhrmann… assumere lui non è stata una delle scelte più vincenti…

Che la gente sia finta, così come diversi stunt, è evidente dalla scelta di un’estetica richiamante il cinema muto, piena di velocizzazioni: nei campi lunghi i personaggi sembrano playmobil che si alzano dalle cadute e tornano di nuovo alle automobili quasi correndo… davvero sembra di vedere Buster Keaton…

Nonostante questo, però, Miller riesce a mantenersi il supernarratore filmico che è sempre stato…

Rispetto ai movimenti di macchina fulminei, “rappettatti” dal montaggio, come era in Fury Road e come, bene o male, era anche nei film precedenti, in Furiosa Miller sembra riscoprire la gioia del movimento di macchina, del piccolo piano sequenza, della coreografia danzante tra inquadrature mobili…

il montaggio, ancora di quella maga che è Margaret Sixel (seconda moglie di Miller, che per Fury Road vinse l’Oscar), garantisce la coesione della danza delle immagini, e scova stupende poetiche diegetiche: l’amore tra Furiosa e Jack, per esempio, è espresso tutto dalla macchina da presa, ed è eccellente, e i tanti combattimenti fluiscono felici e coinvolgenti grazie alla sinergia dei numeri danzanti dalla macchina…

Tutte cose carine che, è ovvio, e non poteva essere altrimenti, stavolta non risultano, però, in un capolavoro…

I capitoli di Furiosa non appaiono granché giustificati in drammaturgia, risultano quasi episodi caduti dal cielo invece che lì per una ragione, e si ha l’impressione che tanti eventi e sparatorie, bellissimi di danza di macchine da presa, non significhino granché nella trama, e che siano stati lavorati giusto per lavorarli…

e gli attori scelti, a parte forse Tom Burke, non brillano per contributi ai personaggi: Hemsworth non funziona, e non trova mai la quadra tra la burineria bonaria, la scherzosità e la minaccia mortifera che si sentirebbero appartenere a Dementus; e Anya Taylor-Joy, nonostante le chiacchiere, non è che si veda tutto ‘sto granché in minutaggio (tanto va a Alyla Browne): appare fragile, “silfidosa”, ballerina e molto aggraziata, più una bambolina dolciosa con la fronte nera invece dell’imperatore matriarcale e sofferente che doveva essere… e dimostra molta svogliatezza, anche dichiarata nelle interviste…

Sicuro, Miller non la butta in caciara, e mantiene sia il suo sguardo metacinematografico (il narratore che scompare all’inizio, e l’immancabile ripresa sull’occhio, osservante lo sfacelo in disperazione, di Browne) sia la sua critica politica (il monologo finale di Hemsworth, sull’insoddisfazione del dittatore, palesa la voglia del superamento della legge del taglione che si ha in Fury Road, e anche il pezzo sulla guerra infinita del People Eater ha il suo giusto nichilismo), anche se stavolta non riesce a evitare di cadere un po’ nel didascalico (un tempo, Miller non avrebbe affidato il messaggio alle parole di Hemsworth e del People Eater, ma avrebbe fatto parlare gli sguardi e le immagini: una capacità che si intravede ancora nel finalissimo, dove è molto carino che Furiosa riesca a sublimare la vendetta in vita, creando, oniricamente, un albero fruttifero dalla sua nemesi: eccelente metafora di Io che imbriglia l’Es)

In poche parole:
Furiosa non stona
va bene
porta a casa il risultato senza cadere nel ridicolo, anche se non evita la sfilacciatura drammaturgica, la gratuità scenica, la insufficienza attoriale e la spiattellattezza spiegativa del messaggio… un messaggio però non brutto, tutto sommato…

e non è quella supersonica opera importante che era Fury Road, anche se mantiene uno showing di polifonia danzante tra tanti movimenti di macchina perfettamente coordinati tutto da osservare con gioia, anche se fa vedere scene forse completamente inutili…

5 risposte a "Furiosa: A Mad Max Saga"

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  1. Visto ieri! Mi è piaciuto un botto, ma concordo con te su Hemsworth e Taylor-Joy…. A proposito, che ha detto nelle interviste? Che lo ha fatto solo per soldi? X–D

    1. Ha dichiarato che era un po’ lasciata a se stessa: credo più a livello artistico che di sicurezza… ma è una cosa che hanno detto un po’ tutti gli attori di Miller, anche in passato! Sarà stata abituata a registi chiacchieroni!

      1. Secondo me a Miller frega di più controllare le sospensioni delle auto che dire agli attori cosa fare! X–D

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