«L’ospite» di Emma Cline

Sarebbe The Guest, ed Emma Cline (nata nel 1989) l’ha pubblicato con Random House nel 2023 come suo terzo volume e secondo romanzo dopo The Girls (2016) [il secondo, Daddy, 2020, era una raccolta di racconti]

in Italia, tutta la produzione di Cline è arrivata direttamente in Einaudi, praticamente sempre in contemporanea, o un annetto dopo, la prima pubblicazione americana…

Einaudi non le ha affibbiato una traduttrice unica:
The Girls è tradotto da Martina Testa,
Daddy da Giovanna Granato,
The Guest da Monica Pareschi…

The Guest è un librino…

piacevole quanto complessivamente un po’ inconcludente, ma che resta nella mente grazie alle lucide idee di sfiducia verso il genere umano comunicate con ottima fattura scrittoria…

è costituito da una serratissima falsa soggettiva sulla protagonista…
lo sguardo del narratore non coincide con il suo, ma vede e registra solo le cose che vede lei: è così tanto vicino che anche se rimane esterno è quasi dentro alla protagonista…

la protagonista è una una 22enne newyorkese d’adozione, che afferma di venire «dal nord dello stato» di New York, e che si descrive come prostituta, anche se per definirsi non usa nessun termine tradizionale designante la prostituzione…
per lei è la vita, non è un mestiere: è proprio un modo di condurre un’esistenza, un sistema per cavarsela in un mondo che per lei è ostile…
si chiama Alex…

il narratore a lei esterno ma attaccato a lei ci dice le cose come vengono in mente ad Alex, e il suo passato è un mosaico che Alex rievoca quando vede oggetti e vive situazioni nel presente…

e il suo presente, il presente del romanzo, è alla fine di Agosto, in un paesello marittimo pieno di seconde case e spiagge da qualche parte nell’estrema Long Island, non così lussuoso come East Hampton, ma neanche così wild come Montauk…

è lì appunto ospite di Simon, superriccone ultra quarantenne, forse 50enne, forse anche 60enne, con il quale ha una “relazione” da qualche mese, più mesi della durata media delle relazioni di Simon: una cosa quasi “seria”…

Simon sta preparando un maxi party per il Labor Day (che è il primo lunedì di Settembre) alla casa al mare e ammette la presenza di Alex con lui…

Alex, però, a Simon gli ha rivogato una sequela di cacchiate:
forse Simon intuisce ma non è certo del suo essere prostituta… e perché dovrebbe esserlo, Alex NON È una prostituta: lei non si descrive con quell’epiteto!
di sicuro Simon non sa che Alex, non grave ma sicura tossicodipendente, è stata sbattuta fuori casa dai suoi coinquilini perché sempre strafatta, ladra e molesta vandala distruttrice di oggetti…
e di certo non sa che Alex ha rubato una non parca cifra da un suo precedente cliente, che per Alex non era cliente, ma uno con cui viveva: un certo Dom…

Alex ha intessuto la relazione con Simon dicendogli che ha un appartamento, e i messaggi insistenti di Dom sul denaro rubato da restituire li ha ignorati e nascosti…

e Alex è riuscita a farsi invitare al mare, nel villone di Simon, a passare tutti i pomeriggi nullafacente a nuotare, mentre Simon lavora a non si sa che, e organizza il Labor Day…

Alex ruba diversi analgesici a Simon, ma è brava a non farsi scoprire…

la prima volta che la vediamo sta nuotando nell’oceano e si trova in mezzo a una potenzialmente pericolosa risacca della marea…
e il pensiero di poter morire non la preoccupa affatto, anzi, la consola quasi…

perché Dom è insistente e minaccioso…

e gli analgesici un po’ la stordiscono…

mentre guida il macchinone di Simon per tornare nel maniero di Simon, Alex svolta alla casa sbagliata…

e dopo la curva trova sulla strada un cervo…

lo stordimento degli analgesici la fanno un pochino trasecolare, e quando il cervo scappa, Alex si rende conto di essere alla casa sbagliata e facendo marcia indietro accidentalmente rompe un fanalino di coda…

Non dice niente a Simon, sicura che non se ne accorgerà, perché la sera c’è un party, da un’amica di Simon, in un villone non distante, ma neanche così vicino…

alla festa, una Alex un pochino stressata dagli sguardi degli ospiti che la riconoscono d’istinto come prostituta senza importanza (anche se non sanno nulla di lei), lì con loro solo perché portata da un Simon che, essi sono sicuri, dopo il Labor Day la abbandonerà, girovaga per le stanze della reggia dell’antipatica padrona di casa, rubacchia un fermacarte molto pesante a forma di masso agevolante la pareidolia, e familiarizza con il toy boy della padrona, quasi un coetaneo…

alticcia, si butta in piscina col toy boy

la cosa fa guastare il telefono di Alex e irrita Simon, che intanto si è accorto anche del fanalino rotto…
…e che la mattina dopo la caccia di casa…

perché Simon non sa che Alex è senza casa,
che se torna a New York deve vedersela con Dom che la cerca per riprendersi i soldi che non ha più,
e che non ha né mezzi né modi per sopravvivere in culo ai lupi a Long Island…

Il romanzo è la dimostrazione della forza di volontà di Alex, decisa a far accadere le sue previsioni, cioè quelle di lasciar sbollire Simon per 5 giorni e presentarsi alla festa del Labor Day, dove riuscirà a convincerlo a riprendere la loro “relazione”…

in 5 giorni, Alex sfoggia tutta la sua arte di prostituta, che non è prestazione sessuale, ma è capacità di sedurre, di circuire e convincere, di raggirare e far prevalere la sua assertività finché non accade quello che vuole lei…

e anche se non accade esattamente ciò che si vuole, si può sempre adattarsi e autoingannarsi che la situazione è comunque migliore di prima!

Alex fa tutto quel che può per passare il tempo…

riesce spesso a cavarsela, ma vengono fuori i problemi di Alex:
la sua incapacità di restare concentrata;
la sua dipendenza dagli analgesici che la rende svagata e maldestra nel valutare veramente le situazioni;
la sua sostanziale indifferenza per chiunque, e la sua naïveté un pochino malsana nel non riuscire a riconoscere responsabilità totalmente sue come effettivamente sue…

comprendiamo perché Alex è stata ostracizzata dei coinquilini e forse anche perché è stata cacciata da Simon:
Alex non è buona a niente: ruba, mente, inganna, è sgradevole nel divertirsi e spiacevole nei comportamenti…

Nell’Odissea che vive nei 5 giorni che gli mancano per rivedere Simon tenta di rimediare un tetto sotto cui dormire, e un modo per riparare o attaccare alla corrente il telefono, in ogni modo…

e in questo schema è interessante quanto Alex riesca a ingraziarsi la gente, quanto riesca a mimetizzarsi nel milieu dei super-ricchi, e quanto incarni tantissimo quella nota femminile che tutti cercano e vogliono accanto…

Alex sfrutta il suo aspetto, un aspetto che illumina e fa brillare per “luce riflessa”, e quindi è voluto da chiunque incontri…

una ragazza così carina e divertente, che dice le cose che dici tu, tutta ben messa e vestita, che sembra interessata a quello che dici, e che sembra davvero spassarsela con te come nessun tuo conoscente ha mai fatto…

Alex è l’Arte dell’essere come vogliono i clienti…

ma è anche l’emblema, come Barry Lyndon, che quelle doti di raggiro e inganno sono sia quelle che ti fanno imbucare per qualche giorno al Country Club, che ti fanno scroccare pasti e rubacchiare gioielli, sia quelle che ti impediscono di essere costante, di tenere le cose che rubacchi, di mantenere qualcosa per un tempo maggiore di pochi giorni…

e la gente comincia ad accorgersene:
alcuni non si fidano come lei vorrebbe,
e lei è pasticciona, anche perché è drogata!

un servitore di un amico di Simon la riconosce, la fa stare una notte nel maniero padronale, ma Alex graffia con un’unghia un inestimabile quadro esposto nel salone!
un danno irreparabile da milioni di dollari!

per diverso tempo ha a che fare con quello che sembra un ragazzino poco più che adolescente, con evidenti disturbi comportamentali che, nell’urgenza del bisogno, Alex sottovaluta: e usare i coetanei, gli adulti, i vecchi e i ricchi stronzi potrà anche essere ok, ma usare l’emotività di un ragazzino problematico, magari super-ricco anche lui, ma palesemente traumatizzato a livello relazionale, è davvero auspicabile? o prudente?

Alex passa i 5 giorni sempre più degradandosi, sia a livello personale (a un certo punto le mancano i posti per lavarsi), sia psicologico, perché lo sforzarsi così tanto, insieme agli analgesici, la stancano, e Alex ha sospetti, e poi certezze, che Dom e i creditori la tampinino, che sappiano che lei era con Simon e adesso è all’addiaccio, e potrebbero aggredirla ogni secondo…

le sue esperienze si confondono, e i simboli di quel che ha fatto (i cervi, il fermacarte pareidolico, e il graffio sul quadro) si sovrappongono, si ibridano e si mescolano, in quella che diventa una strana catabasi orizzontale: siamo sempre peggio ma siamo ancora in piedi, a camminare, ad arrangiarsi, a volere fortemente che quello che vogliamo accada, e ad agire per farlo accadere, senza preoccuparsi delle conseguenze delle nostre azioni…
…che poi ci sta che ci travolgano!

e quando lo fanno, l’unica consolazione che proviamo, l’unica speranza che proviamo, è quella di non avere più da vivere nessuna situazione, nessun pericolo, nessuna disgrazia: la morte e la non esistenza diventano quasi un qualcosa da inseguire invece che rifuggire…

…e l’annennarsi, l’abbrutirsi nel mestiere di essere brave a piacere agli altri onde sfruttare gli altri, ma poi finire per essere sfruttata e gettata via a tua volta, come tu pensi di gettare gli altri, è davvero un vivere migliore del non vivere affatto?

non è, tutto questo comportamento, un modo per accelerare la fine di una vita così difficile da vivere?

Inquadrare questa storia è arduo…

far vedere una povera ragazzina antipatica che subisce quello che semina, dimostrando, quasi, che la promiscuità civettuola porta alla rovina, è rivoluzionario, ammonitore, o semplicemente misogino?

le riflessioni sociologiche sono gustose:

  • sul deserto emotivo dei 20enni,
  • sulla desolazione del milieu riccone che quasi induce, con la propria indifferenza, la prostituzione schiavistica,
  • sulla riduzione dei rapporti sociali a utilitarismo affettivo, con la femme fatale protagonista di un welfare al contrario (con lo schiavismo volontario prostituistico sentito come unico modo per cavarsela in una vita in cui comandano i ricchi) che sminuisce tutte le personalità e tutti gli animi…

e alla fine è bellissimo vedere i pensieri che si sfaldano, le volontà che non si avverano, la reiterazione della follia…

che però tutto quanto sia utile è tutto da vedere…

far vedere uno “schiavo” (tale è Alex, anche se lei non lo ammette) che è schiavo per colpa sua (il carattere orrendo di Alex) e va ai matti per il suo schiavismo “volontario” denuncia il sistema o lo schiavo stesso?

non lo so…

…ma il sistema della falsa soggettiva in narrazione, fantasticamente efficace nell’interiorizzarci i sentimenti, le passioni e le velleità che in realtà sono esterne e descritte dal di fuori, è eccellente… e l’esperienza delle delusioni, della sconfitta delle voglie, del contrappasso di un comportamento forse imposto dal vuoto riccastro ma molte volte evidentemente deliberato, è tutta da percepire su di noi grazie alla vicinanza della falsa soggettiva…

cosa poi insegni quel contrappasso è da considerare:
è da decidere se rimprovera noi e i riccastri di indurre un comportamento orrendo nei giovani…
…o se rimprovera i giovani di perpetuare un vuoto pneumatico in cui anche loro sguazzano…

Alla fine del romanzo, il fatto che di tutto quanto ne paghino le conseguenze solo i giovani potrebbe farci propendere per un’opzione…
ma la negatività della protagonista, e il suo annullarsi allucinato, peserebbe per l’altra…

Lettura quindi ambigua ma non priva di inneschi sinaptici carini!

2 risposte a "«L’ospite» di Emma Cline"

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