Erina Yashima ed Ettore Pagano tra Dvořák e Čajkovskij con l’ORT

Abbiamo visto da poco Erina Yashima e la sua verve tecnicista…

Nel concerto per violoncello di Dvořák, esattamente come nella sinfonia Dal nuovo mondo appena linkata, quel tecnicismo funziona poco…

il concerto, pezzo per niente nuovo all’ORT (Enrico Dindo l’ha registrato con Rustioni per Dynamic nel febbraio 2021 e subito dopo l’ha proposto al Teatro Verdi con Axelrod nell’ottobre dello stesso anno), è stato più che altro divertente: Yashima sorrideva felice nello sciorinare le particolarità della partitura, per lei evidentemente puro sfoggio per virtuosismo e null’altro…
Qualsiasi fuoco “passionale” è stato trascurato in un’esecuzione comunque ottima se si cerca un risultato asciutto e professionale…

Ettore Pagano è nato nel 2003, ha i capelli sugli occhi e sembra un introverso cosplay di un attualizzato Lord Byron…
lui un po’ di passione ce l’ha messa, e negli encores ha eseguito roba più pop e popular pescando pezzi di una suggestione che al mio orecchio è apparsa gaelico-irlandese, con un risultato davvero coinvolgente…

nella Sinfonia n. 5 di Čajkovskij, il tecnicismo di Yashima ha garantito un quarto movimento finale sgargiante, portato a casa dall’ORT con il lustro della grande orchestra in esibizione atletica
solo un leggero ritardo in un’entrata dei flauti ha leggerissimamente intaccato il punteggio, per il resto strepitoso…

il secondo movimento, quello che richiederebbe più pianto emotivo, è stato sistemato da Yashima con tanta enfasi sonora: più che sentimento era direttamente rabbia

il primo movimento, quello più frastagliato di emozione, è stato quello forse meno riuscito nell’approccio oggettivo di Yashima: le volute virtuosistiche degli episodi di cornice erano perfetti, ma i momenti di inquietudine erano troppo ritmici per coinvolgere davvero e i pezzi più dolci sono stati solo pretesto per una performatività energica e rapida, più sportiva che musicale…
un modello simile potrebbe essere quello di Georg Solti nel disco registrato a Chicago nel settembre ’87, che però aveva una potenza che, nonostante gli esteriori fuochi d’artificio, Yashima non ha garantito in egual misura…

ma questi sono criteri di puro gusto:
che la sinfonia 5 di Čajkovskij debba essere languida e sentimentale come piace a me non è scritto in nessun posto, e farla come Yashima, cioè oggettiva, muscolare, atletica, da show spettacolare di esibizione ginnica, quasi richiamando l’esattezza “orologiaia” di Stravinskij (il più grande ammiratore di Čajkovskij), o la forzuta affettazione del Respighi più da vetrina, può rientrare a pieno titolo nell’interessante…

Spettacolare l’assolo di corno del secondo movimento

per praticamente tutto il concerto sono stato quasi ammirato dal sentire un pubblico che riesce a non applaudire tra i movimenti (ho visto un pubblico applaudire tra prima e seconda parte del Sacre di Stravinskij perfino ad Amburgo! e l’altra sera al Maggio nessuno ha applaudito solo per paura della reazione di Muti)…
poi, però, un entusiasta della domenica si è messo a battere le mani durante una pausa del quarto movimento della sinfonia…

Una risposta a "Erina Yashima ed Ettore Pagano tra Dvořák e Čajkovskij con l’ORT"

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  1. Vabe’dai l’entusiasmo va premiato, anche del pubblico. Dalla recensione comunque un buon risultato, quantomeno appagante dal punto di vista dello spettacolo se non del pathos.

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