«Ufo 78» di Wu Ming

È un affresco di tempo e spazio, quindi ci mette tanto a ingranare, perché per far vedere tutti gli aspetti di quel tempo e di quello spazio ci vuole un po’… in pratica ingrana davvero nell’ultimo quarto…

ma l’affresco è ottimo…

il 1978 è preso da dritto e rovescio…
Wu Ming è specialista delle ricostruzioni d’epoca e di luogo: ci ha fatto vedere, per esempio, la Norimberga del ‘500, ci ha detto com’era il 1954, e ci ha mostrato come si viveva nell’Unione Sovietica del 1928
…adesso tocca all’Italia (più specificamente all’area intorno ad Aulla) tra ’76 e ’78, col sequestro Moro e l’ondata di avvistamenti ufologici, forse specchio della voglia di evasione dalla realtà nel tempo dei desolanti anni di piombo…

perché la delusione (nel senso dell’inglese delusion), il rifugiarsi nell’irreale (gli ufo) per sfuggire alla depressione della vita vera, nasce effettivamente da elementi reali, da frammenti di realtà…

uno vede una porta chiusa, o delle luci in giro, o il luccichìo di bava di lumaca sull’erba alla luce della luna su un prato montano, e queste cose diventano gli ingredienti di una ricostruzione della realtà: una iper-realtà intesa nel senso di ipertesto in senso letterario (non nel senso HTML): una realtà costruita su un’altra, una realtà parodica, una para-realtà (infatti è roba para-normale) che sta accanto alla realtà, una meta-realtà
che però poggia su ingredienti effettivi, e per questo è così difficile da distinguere dalla realtà materiale…
la porta, la lumaca e le luci ci sono: sono l’ipo-realtà
e su di essa si costruisce una iper-realtà (purtroppo il lessico difetta), una para-realtà che non c’è

ma le cose che si immaginano “ci sono” o non “ci sono”…?

magari “ci sono”, perché le menti degli uomini “ci sono” eccome… e producono continuamente delle para-realtà che stanno accanto alla realtà effettiva senza soluzione di continuità, in un mondo in cui fantasia e materialità sembrano collidere e collimare e sembrano essere l’una il contrario dell’altra… ma sarà davvero così?

se invece, siccome la para-realtà è *insieme* alla realtà, visto che è fatta dalla stessa “mente”, poiché la realtà stessa è un processo neurologico (la *realtà* è un’invenzione del cervello che elabora le info ricevute dall’apparato sensoriale), allora magari la fantasia, prodotta dalla stessa mente sia della realtà sia della para-realtà, *aiuta* a capire dove inizia il para- nel mezzo alla realtà

e la fantasia finisce per aiutare a capire che la *realtà* del ’78 è la realtà che filtra anche oggi:
i revanscismi fascisti,
il rifugiarsi nel nulla del complottismo e dell’evasione malsana,
l’ignorare i problemi enormi (la tossicodipendenza) e lasciarli solo all’iniziativa di privati assetati di denaro,
e poveracci slegati, ma armati di istruzione e voglia di narrare, a cercare di capirci qualcosa, con le armi della ricerca, del vaglio delle carte di archivio, del lavoro sul mare di “documenti” che il tempo ci ha lasciato, cioè l’unica cosa che sia rimasta degli eventi…

Wu Ming lavora con le carte d’archivio e sulle altre fonti, tantissime, che si possono trovare sul 1978 (l’anno da cui partiva anche il librone Patria, 1978-2008, di Enrico Deaglio, edito da Il Saggiatore: il rapimento Moro è la ferita numero uno dell’Italia repubblicana): fonti che ci comunica in una sorta di romanzo-documento: le azioni, le intenzioni e i pensieri vi sono narrati in perfetta diegesi, ma il narratore esterno e onnisciente trova sempre il tempo di dirci quali sono le fonti su cui si è basato per ricostruire e comunicarci quelle azioni, quelle intenzioni e quei pensieri (un modo oggi assai di moda, vedi Scurati e Lagioia)… la narrazione (cioè la finzione) *scaturisce* dalle fonti: la para-realtà (il romanzo) nasce dalla realtà (le carte d’archivio): e non sono entità concorrenti, ma sono consustanziali, e raccontano insieme lo status quo di pericolo di rigurgito fascista nell’esistenza italiana…

La chiarezza politica di Wu Ming, ispirata dai fatti e veicolata dall’arte della narrazione, inquadrano il problema e dànno la *chiave* per la soluzione: il conoscere e lo *studiare* per capire, intervenire e creare un nuovo fluire…

…anche se magari solo finto (l’accenno all’«io so ma non ho le prove» di Pasolini, che così bene ha condensato gli anni della Strategia della tensione, ispira anche Wu Ming: la verità non viene fuori [come magari in Watchmen di Alan Moore], non è *certa*, ma la si sa: e la narrazione è quindi veicolo di conoscenza: e anche i fatti, la base della narrazione potrebbero essere para-fatti, narrazioni essi stessi, ma narrazioni che “somigliano” al vero, e quindi adatte a conoscere la realtà in mezzo alla para-realtà: una para-realtà che fonda la realtà usando proprio la finzione – tutti i personaggi e quasi tutti i luoghi sono finti ma sembrano veri; quasi tutti i fatti sono finti ma sembrano veri; ed è di nuovo la fluttuazione tra realtà e para-realtà che crea la nostra conoscenza del mondo: quei personaggi e quei fatti finti sono più veri del vero e inquadrano perfettamente, quasi sottolineandolo, reificandolo, vivificandolo, il vero 1978)

Per fare tutto questo, Wu Ming la prende larga, e si crogiola tanto in dettagli un pochino pleonastici, soprattutto quelli riguardanti la componente della tossicodipendenza, ma poi tira le fila bene, con metafore eccezionali (la comune di Thanur, che diventa centro di recupero di tossici, che tanto ci ha tediato, alla fine funziona benissimo come simbolo dei partiti di sinistra dimidiati tra idealismo e Real Politik), e un senso di ansia da thrilling (Wu Ming scova un efficacissimo *mistero* per far andare avanti tutto) tutto da assaporare…

tanti i momenti da piangere: soprattutto quelli in cui la risacca autoritaria si fa sentire nella vita di tutti i giorni, con i personaggi che devono prendere le decisioni in “conseguenza” della scelta “liberticida” dell’Italia e del mondo che precipita nel privato; quelli in cui si sente la necessità di narrare; quelli in cui proprio col narrare si arriva alla verità, con intensa emozione; quelli in cui il thrilling si palesa quasi all’improvviso a metà del libro, facendoci davvero sobbalzare; quelli in cui, come in Reds di Beatty, si rintracciano le cicatrici degli eventi nella vera (o finta) vita dei protagonisti (essendo un romanzo-documento, alla fine si sentono le voci di chi ha vissuto gli eventi, o di chi è inventato ma che gli eventi avrebbe potuto viverli) nei postumi dell’oggi…

Impossibile elencare tutti i riferimenti: più pesanti quelli a Close Encounters e a Picnic at Hanging Rock, che per Ufo 78 è effettivamente un ipotesto, la trama è praticamente una variazione sul film di Weir: la malsana e insieme affascinante atmosfera tra sogno e detection di Weir è perfettamente usata anche da Wu Ming…

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3 risposte a "«Ufo 78» di Wu Ming"

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