Bones and All

Oggi possiamo dire che l’ispirazione dell’ultimo Guadagnino (quello dopo A bigger splash, per capirsi) deriva da canzonette degli anni 2000…

  • Bones and All è Ho mangiato la mia ragazza, del 2002… che era già di suo una cacchiata: figuriamoci farci il film…
  • Call me by your name io ho sempre saputo essere ispirato a Un’estate fa di Fugain o Califano, ma adesso so (prima lo sospettavo soltanto) che Guadagnino l’ha sentita dai Delta V, nella versione del 2001…

Con i big di Sanremo annunciati non vedo l’ora di vedere il prossimo film di Guadagnino ispirato, magari, a L’aiuola di Grignani, o a Per me è importante dei Tiromancino (potrebbe fare il film basato sul video della canzone, per esempio, col suo stile, che vedremo, di stacchi sbagliati e sballottamenti di macchina senza senso: sarebbe davvero un altro capolavoro del trash degno del “grande” Guadagnino), o a Festival di Paola & Chiara…
…sarà davvero fantastico…

Per continuare con le derivazioni:
c’era un filmetto scemo del 1996 (di poco precedente ai 2000s cari a Guadagnino), Kissed di Lynne Stopkewich, in cui la protagonista era necrofila: si infiltrava negli obitori, apriva le celle frigorifere, e si penetrava con i morti… ed era anche convinta che i morti fossero contenti… il suo fidanzato vivo, comprendendo che non poteva dirsi amato quanto i cadaveri, alla fine decide di uccidersi così da farsi amare finalmente dalla sua adorata ragazza… bella minchiata…
ma almeno suggeriva la riflessione su cosa volesse dire “essere consenzienti”: un morto certamente non può esserlo, e volere un amore appartenente solo al soggetto, e che non prevede un raziocinio da parte dell’oggetto, è davvero giusto?

naturalmente, non si arriva al cannibalismo, ma dell’identità tra Eros e Thanatos si parla tantissimo anche nel classico Impero dei sensi di Nagisa Oshima (’76): ancora oggi incomprensibile: che cacchio di nichilismo vorrebbe proporre?

Molti anche i film agiti con lo sguardo di gente matta e malsana, o semplicemente afflitta da patologie: da Gummo di Harmony Korine (’97: rieccoci) al caro vecchio Angst di Gerald Kargl (’83)…

Bones and All plasma queste derivazioni in qualcosa che abbia senso?
No…

Bones and All, e non poteva essere altrimenti dato che è un film di Guadagnino, è la stronzata dell’anno…
bella pesante…
tosta…
fritta e rifritta…
dolorosa quasi quanto È stata la mano di dio l’anno scorso…
e come Sorrentino, Guadagnino è così contento di aver fatto una cavolata, che quasi si bulla di averla fatta: è fiero della sua idiozia, contento, felice…

una compiaciutezza nella schifezza che davvero hanno i bambini quando giocano con la cacca (vedi anche Le benevole)

In una scena di Dellamorte Dellamore di Soavi (’94), una ragazzina amante del motociclista zombi, a un Rupert Everett che arriva a uccidere lo zombi, prorompe: «Mi sta solo mangiando!»…
a quei tempi, 30 anni fa, la cosa faceva ridere, volontariamente…
…poi è arrivato Guadagnino a prenderla sul serio… e far ridere involontariamente!

Ma vediamo di spiegarci…

Il cinema di Guadagnino è un cinema senza senso, già dal punto di vista dello showing:

  • il più delle volte, si crogiola così tanto nel naturalismo e nella luce naturale da far rimanere gli attori quasi al buio…
  • il naturalismo però è smentito dalla macchina, completamente e vistosamente manovrata: da una parte si suggerisce «il film si gira da solo» (ci sono perfino gli attori al buio: è stra happening non pianificato!) e dall’altra, immediatamente, si dice «no, il film lo giro io!»: una cosa strabica e nonsense
  • la macchina manovrata si manovra senza raziocinio:
    • sballotta a 180° senza motivo, né diegetico né stilistico…
    • ogni tanto fa anche riprese a 360°: senza motivo…
    • alle volte è frontale e fissa, come Ozu o Kubrick, altre è piattamente standard: ma anche quando è standard ha gli attori al buio (!?)…
    • certe volte compone idilliaci bozzetti belli costruiti (con attenzione anche agli angoli del frame), altre fa primi piani sgranati che sembrano perfino pixellati…
    • si perde in inquadrature “d’atmosfera” su roba completamente scissa da qualsivoglia connessione con la trama: alberi a caso, angoli di mura di mattoni a caso, i quadretti ameni (appunto bozzetti) inquadrati all’inizio: non sono immagini Leitmotiviche che ritornano, no, sono cose fatte a caso e ricucite a caso, in momenti casuali della trama…
    • alcune volte la macchina sembra cadere, proprio sembra “scuotersi”: sembra l’operatore che si risveglia da un sonno! e intanto a noi pubblico viene il mal di mare… perché? per nessun motivo!
    • quando è a mano, ‘sta macchina è di una pesantezza che distrugge: la macchina a mano è mossa come si muove un tale che cerca di portare da solo, a due mani, una damigiana enorme (di quelle tradizionali “a pera”) da 20 litri…
  • ma la cosa più ridanciana è il montaggio:
    • Guadagnino ha deciso, da solo, che il découpage di campo e controcampo ha fatto il suo tempo, e allora a ogni campo corrisponde un controcampo che non “corrisponde” affatto: il controcampo sembra in un altro luogo e in altro tempo: spesso ha perfino anche le luci diverse rispetto al campo…
      e succede così tante volte da non poter essere un errore: Guadagnino è proprio convinto che i film si facciano così…
      è come quando alle medie scrivevi in dialetto come Gadda e la prof ti diceva «Gadda è Gadda, lo sa fare, tu no: voto 3»… nessuno sembra aver dato questa preziosa lezione a Guadagnino, purtroppo…
    • il primo controcampo su Rylance con lo stecchino è obrido: nel controcampo Rylance manco sembra Rylance…
    • i frame di alberi e muri casuali arrivano mischiati con le inquadrature standard con un rapsodico e incoerente trancio (più che stacco) da trinciapolli…
    • gli stacchi da trinciapolli, spesso, sbriciolano la diegesi che risulta come un groviera bucherellato da ‘sti stacchi tranciati senza senso…
    • gli stacchetti sincopati usati per mostrare lo “sguardo cannibale” di Russell sono ridicoli: io davvero ridevo in sala!
    • i flash di sogno arrivano così veloci e con frame a caso, mai Leitmotivici, da sembrare un videoclip anni ’90, di quelli col cantante che fa cose improbabili…
    • quando i controcampi fallaci vogliono dimostrare l’amore tra Russell e Chalamet, ancora fa ridere vedere, dopo lo stacco, luci diverse e posizioni degli attori diverse…
    • e mi direte «ma anche Godard è così» e ok, ma i film di Godard erano antinarrativi, Guadagnino usa ‘sti trucchi per un film che non solo è narrativo ma ha anche una cornice che vuole essere perfino naturalistica!
      «eh, è vero: ma così sono i geni: scardinano le regole per farne nuove!» e ok, ma “fare nuove regole” è un conto, ma scrivere il verbo avere senza h è geniale? magari, forse, in un testo nonsense da teatro dell’assurdo, ma in una cosa narrativa è altrettanto geniale?
      anche perché ‘sti trucchetti, e gli stacchi sbagliati, sballottolano un pochino ma la diegesi resta comunque ferrea e, lo vedremo, ampiamente prevedibile e telefonata: gli stacchi sbagliati non sono neanche stile, non sono neanche discorso che si applica a una storia (Chatman): sono solo fatti da Guadagnino “a gusto”, perché “gli va così”…
      Non è un male: ma è comunque ridicolo vedere uno che, come Zoolander, per girare a sinistra si rivolta su se stesso sulla destra: gli stacchi di Guadagnino sono così: non sono antidiegetici, infastidiscono solo una diegesi che comunque va avanti, e per nessuno motivo… è la gioia di raccontare male ma andare avanti a raccontare lo stesso una trama stantia: e atteggiandosi a genio proprio perché la storia la si racconta male!
      Sfido chiunque a non sbellicarsi davanti a uno che fa come Zoolander, e gira a destra per girare a sinistra, e nel contempo si bulla fiero e impettito come un genio, convinto di fare la cosa giusta, convinto di contravvenire alle regole come un super, convinto di avere inventato l’acqua calda… e invece sta girando a destra perché non sa girare a sinistra…
      …risate…
      grosse
      …e tanta pena per lui…

E il cinema di Guadagnino è privo di senso per la trama…

Ne ho sentite tante sulla metafora presentata:

  • il cannibalismo è l’omosessualità (Stuhlbarg e il suo galoppino appaiono gay; Chalamet fa il gay per attirare un gay da mangiare; Russell mangia una ragazzina da cui è evidentemente attratta);
  • il cannibalismo è il veganesimo (Russell e Chalamet stanno quasi 10 minuti, in un mattatoio, a ragionare sulle povere vacche anche loro con amici, parenti e amanti: e noi le uccidiamo e le mangiamo, esattamente come il cannibale mangia gli uomini);
  • il cannibalismo è l’anticapitalismo (Russell e Chalamet sono poveri, e appena fanno i borghesucci familiari, il cannibalismo arriva e li fa rimpiombare, in quest’ottica “giustamente”, nel mangiarsi in un mondo ferino non economico ma solo “naturale”)… oppure è il capitalismo!
  • il cannibalismo è semplice sinusoide della vita: le cose che ti piacciono (mangiare le gente) non le puoi fare perché comportano sofferenza per gli altri (esattamente come andare in autostrada contromano) ma tu vuoi tanto farle e allora le fai quando non ti vede nessuno (magari non vai in autostrada contromano ma qualche semaforo rosso a strada vuota lo bruci tutto contento e ci godi) però disperandoti: ma la vita è così: gioie e dolori, sotterfugi e arrangiarsi per tirare avanti ed essere felici in un mondo ostile, dove solo con pochi ti intendi e anche questi ci sta che ti vogliano ammazzare…
    l’unica è mangiare, ogni tanto sì e ogni tanto no: o per odio o per amore non importa (tanto per gli adolescenti, come è Guadagnino e come Guadagnino pensa che siano tutte le persone, amore e odio sono la stessa cosa: il “segno” l’adolescente non lo concepisce): mangi qualcosa, sei contento, poi però ti arrabbi perché non puoi mangiare sempre perché “ti fa male”…
    vale come metafora di qualsiasi cosa: dal voler mangiare cheesecake tutti i giorni per poi lamentarsi della diarrea e piangere; alle sigarette; all’alcool; al vandalismo stupido ma liberatorio ecc. ecc. ecc.

Beh, ragazzi…

  • sarà anche omosessualità, ma Russell e Chalamet sono anche fin troppo eterosessuali, impegnati in una storiella d’amore perfino alla Primi baci (che purtroppo è del ’91 e mi smentisce la cronologia, ma Guadagnino potrebbe aver visto le repliche del 2003: senza dimenticare che anche Dellamorte Dellamore è leggermente fuori squadra)…
    e può davvero una cosa come l’omosessualità, consenziente, poter essere paragonata all’atto prevaricante (così descritto dagli stessi protagonisti) dell’omicidio a scopo cannibale? mah… secondo me no… io fossi gay mi incazzerei…
  • sarà anche veganesimo, ma alla fine Russell e Chalamet si mangiano eccome: se il cannibalismo dovrebbe far riflettere sullo smettere di mangiare animali, perché è come mangiare gli uomini, allora come mai si conclude che il gesto massimo di amore è mangiarsi?
  • sarà anche anticapitalismo, ma allora come mai invece di essere “liberazione” è costrizione, o perfino olocausto dell’amato in modi Eros e Thanatos? l’alternativa al capitalismo è mangiarsi? il cannibalismo sembra più autocrazia (quindi destrorsa) che liberazione… e se invece è capitalismo perché abbracciarlo così tanto alla fine? Per fare una metafora simile dovevi fare  come Tetsuo di Tsukamoto (’89, vedi i commenti a 42) e prendere posizione (capitalismo=cannibalismo=merda) invece di rimanere ancipite e paraculo…
  • forse la storia della sinusoide umorale adolescenziale, magari con un’anticchia di dipendenza, regge leggermente di più:
    Russell è insopportabile nel non decidersi se essere come la mamma e costringersi a non mangiare, o prendere la via nomade e mangiare tutti a caso come Chalamet: è davvero una adolescente rompicazzo che cerca una terza via di sintesi fra cose per cui la sintesi non c’è: come quando a 20 anni si pensa di poter lavorare e divertirsi insieme, o avere figli e vita sociale, o sporcare i piatti e poi incazzarsi perché c’è da pulirli, e non volerli pulire perché si aspetta una sintesi, cioè uno che li lavi al posto tuo!: non funziona proprio…
    e come dipendenza, emendabile con una vita di amicizie e interessi, si vede forse quando in Michigan, a fare i borghesucci e a godersi gli affetti familiari, Russell e Chalamet non sembra mangino nessuno… ma sul fatto che davvero non mangiano nessuno Guadagnino, con le sue immagini a cazzo anche di sogni e flash, è come sempre sibillino: non chiarisce… per genialità? no, perché si vede che manco c’ha pensato!

Quest’ultimo punto reggerebbe ma il casino, che Guadagnino non ha considerato, è che il cannibalismo come metafora di “chissà cosa” non porta in nessun posto…
a qualsiasi cosa tu lo paragoni fai un disastro perché il cannibalismo non è un qualcosa di neutro: a cannibalizzare fai del male a qualcuno…
e quando Russell e Chalamet considerano questa cosa, concludono che è ineluttabile, e che è così, e che si può solo “conviverci”…
e una cosa così la si può davvero paragonare all’amore, all’anticapitalismo e alla dipendenza?
siamo più dalle parti dell’Hannibal Lecter anni 2000s (perfettamente attinente al periodo di ispirazione di Guadagnino) che mangia solo gli stronzi? [no, non possiamo esserlo perché Russell e Chalamet mangiano solo chi capita loro a tiro, senza logica]

Boh…

secondo me non funziona…
perché non la puoi far passare come metafora di qualcosa di “privato” perché quando mangi mangi qualcun altro e per motivi disparati (perché lo odi, perché lo ami, per necessità, addirittura per lutto!): è un qualcosa di sociale che se è così ribadisce l’homo homini lupus, che sarebbe “malsano”, ma poi quel “malsano” viene cavalcato come invece qualcosa di grandioso, col mangiarsi che è un gesto bello…

non lo so se siamo dalle parti del Decadentismo (il suicidio come gesto bello di D’Annunzio e di Hedda Gabler; la tragicità violenta di Salomé e Florentine Tragedy di Oscar Wilde): forse ci siamo visti anche i fraintendimenti recenti del Dune di Villeneuve, ma molto più probabilmente siamo davanti a una cosa molto più semplice…

…cioè a una cosa che è A CASO…

un “a caso” fatto per sensazionalismo (con tanto di battage pubblicitario: «al cinema c’è Chalamet che fa il cannibale!!!») e, come Sorrentino, fatto per far scorgere metafore là dove non ci sono…

si diceva nella Mano di dio: se si suggerisce che ci sia un significato, coloro che si ritengono furbi e svegli, il significato te lo trovano, anche incorrendo in aporie come la teoria del complotto:

e quando le teorie del complotto sono tante, allora è facile dire che la metafora non c’è…

c’è uggia adolescenziale che non sa dove andare a parare, se non in uno sciatto nichilismo menefreghista, perfino “nazista”, della serie «io mangio perché sennò mi mangiano gli altri», che si tramuta, senza alcun senso, in «io mangio perché ti amo»…

metafore?
significati?

no…

semplice idiozia…

semplice apro bocca e le do fiato senza motivo…

semplice “a caso”, ripreso in modo casuale…

  • casuale ma prevedibilissimo in ogni aspetto: era ovvio che la felicità del Michigan venisse portata via da qualcuno, e Rylance era la scelta più ovvia (più vario sarebbe stato far tornare il padre di Russell, che si palesava anche lui cannibale)… era anche ovvio che la mamma tanto cercata non risolvesse un cacchio di nulla: è sempre così: e Guadagnino, che stacca a caso per “non essere come gli altri”, invece fa gli snodi di trama che fanno tutti: triti e ritriti… intelligente, coerente e razionale: sicuro!
  • casuale ma volutamente noiosissimo: dura 2h e 10’… 2h e 10′ di bambinetti che si mangiano contenti come l’amante del motociclista di Dellamorte Dellamore prendendosi sul serio!… 2h e 10′ di sballottamenti di macchina da presa alla ‘ndocojocojo e di stacchi di montaggio risibili…

mi domando come si faccia a resistere…

gli attori, tranne Rylance (il peggiore attore di tutti i tempi: unica espressione per un unico personaggio sempre eternamente riproposto), sono efficaci…

Chalamet, bah, anche lui oramai fa sempre lo stesso ruolo… boh… non suscita emozioni positive, e neanche negative… è «fatto e messo lì» come un fantoccio…

ma Russell è carina, capace di farci vedere le diverse fasi di crescita…

Io ho tanto rimpianto una vera metafora del cannibalismo come anticapitalismo e come follia: quella di Sweeney Todd

ho rimpianto le metafore fatte bene: i vampiri, di Buffy o di The Addiction di Ferrara (’95: entrerebbe nella cronologia espansa: ma Guadagnino le cose belle non le guarda), o, ancora di Buffy, i poteri magici che sono droga nella stagione 6…

ho rimpianto le cosette che ancora non si prendevano troppo sul serio, tipo The Hunger di Tony Scott (’83)…

Qui in Bones and All le cose fatte bene non ci sono: c’è la compiaciutezza del trash, c’è l’orgoglio del terrapiattista, c’è il far tutto alla cazzo e vantarsi…

e c’è il vuoto cosmico del non voler dire niente…

un monumento alla fuffa…

volutamente sgradevole per sensazionalismo…

volutamente ammiccante al «fatti i cazzi tuoi, tanto la vita è merda per tutti» (odiosi i ragazzini che spesso non si preoccupano degli altri perché loro si fanno i cavoli propri: ascoltare musica dalle casse invece che dalle cuffie è l’atteggiamento di Russell e Chalamet col cannibalismo: “ti ammazzo ma non mi devi odiare perché io sono così e mi devi accettare”… beh, ti devo accettare proprio un paio di palle!)…

volutamente ammiccante, furbescamente, a chi le metafore le vuole per forza trovare (vedi anche l’ultimo Matrix)…

e volutamente apolitico per paraculismo (vedi anche sopra, con le voglie di sintesi degli istinti del tutto puberali di Russell: sempre ricordando che là dove non c’è la politica, la politica invece c’è eccome: quella di destra! e nomadi e poveri che ti mangiano e ammazzano con stadio cerebrale adolescenziale per struggle for life sono davvero perfetta personificazione dei fascistelli; e non parliamo del fatto che quella sintesi menefreghista di Russell è del tutto uguale alla cultura violenta dei cazzi propri dimostrata da Skarsgård in The Northman)…

c’è adolescenza senza critica… cioè pazzerellìa inconcludente…

c’è svagatezza spacciata per lucidità…

c’è merda…

tanta

tanta

tanta

merda

davvero odiosa la musichetta chitarrosa di Reznor & Ross…

TRA L’ALTRO:
la natura se non direttamente destrorsa forse destrista di Guadagnino si vede nel fatto che è il secondo suo film di fila, dopo quel travaso di bile di Suspiria, in cui i genitori che rinchiudono i figli, che li seviziano e imprigionano e torturano, con proibizioni e privazioni, HANNO RAGIONE!
cioè, il genitore rincoglionito per Guadagnino fa bene perché i figli o sono streghi o cannibali…

e allora lo vedi, ancora una volta, che tale metafora, quale che sia, presente o specchietto per allodole di terrapiattisti, NON REGGE UN CACCHIO…

che cavolo di metafora è se poi per portarla avanti si dice che tagliare le mani ai figli è una cosa da fare…

metafora di società dove perfino la prevaricanza genitoriale è giusta e quindi la società fa schifo?

mah…

e qui a rimpiangere, di nuovo, si fa presto: roba tipo Carrie di De Palma (’76)…

ADDENDA:
interessante notare un altro testo sul “cannibalismo come Amore”, trattato però in un modo coerente, e cioè Where the Wild Things Are di Spike Jonze (2009)…
Già la storia illustrata alla sua base (di Maurice Sendak, 1963) faceva riflettere sui mostri che dicono al bimbino protagonista: «Oh, please, don’t go, we’ll eat you up, we love you so!»: cioè i mostri dichiaravano un “amore” che avrebbero espresso mangiando l’oggetto amoroso: un paradosso a cui difatti il bimbino protagonista si sottrae, poiché per amore non si mangia l’amato!

Nel film, Jonze sviluppa ancora di più l’assunto facendo della frase dei mostri, stavolta pronunciata dal mostro più amorevole, una catarsi omeopatica per un bimbino protagonista che intende davvero il “mangiare” e il “mordere” come atto d’amore, e difatti morde e fa del male, secondo lui “per amore”, a sua mamma e a sua sorella…
vedere altre “cose” (i.e. i mostri) che si comportano uguale a lui, cioè mangiano quelli che amano producendo tristezza, lo fa riflettere su quanto sia assurdo mangiarsi per amarsi… e la riflessione lo fa crescere…

ma questa lucidità e questa sapienza di condurre la catarsi non sono proprie di Guadagnino…

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10 risposte a "Bones and All"

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  1. a me è piaciuto xD
    e da gay secondo può raccontare l’omosessualità non attraverso i personaggi stessi ma con le loro interazioni anche vedendo quando e dove è ambientato

      1. Boh…
        ma questa dell’ambientazione era un enorme problema anche in “Call me by your name”: solo grazie a un dialogo ancillare si capisce che siamo negli anni ’80, ma gente che cerca di fare del male a Chalamet e Hammer in quanto omosessuali (come poteva succedere, purtroppo, nell’Italia anni ’80) non ci sono per niente (un vero peccato, dato che è un film sull’omosessualità)…

        Al contrario Suspiria trasuda fin troppo anni ’70…

        Come al solito, in Guadagnino non riscontro mai alcuna coerenza espressiva…

  2. Mi ero totalmente dimenticato di “Ho mangiato la mia ragazza”. Fa parte di un vero e proprio filone, quello dei ragazzi che a inizio anni 2000 facevano musica indipendente e cercavano di farsi notare componendo canzoni con testi e melodie inquietanti. E’ il caso ad esempio di “Strani sintomi” delle Plastico, di “Funzioni primarie” dei Velvet e di “Charlie fa surf” dei Baustelle. Poi ovviamente c’erano anche i Bluvertigo e i Subsonica, che forse sono stati gli esponenti di maggior successo di questo filone. Non a caso hanno unito le forze e hanno fatto una canzone insieme, anch’essa inquietante fin dal titolo: “Discolabirinto”.

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