Se One from the Heart era un lavoro maturo, una presa di posizione di chi è già al top, Bugsy Malone è addirittura un esordio…
Di Alan Parker abbiamo già parlato assai in The Commitments…
Dopo parecchi spot con Ridley Scott, Parker scrive questo film assai strano e peculiare, che riesce a intercettare la curiosità di David Puttnam (su di lui vedi Chariots of Fire)…
Anche Bugsy Malone è un film girato quasi tutto in studio, ai Pinewood, ma ha avuto alcune esterne in Inghilterra…
Pare sia stato girato tra il luglio e il settembre del 1975…
Peter Biziou ha impostato il film per le prime due settimane, ma tutto è stato portato a compimento da Michael Seresin…
Biziou e Seresin diverranno gli “occhi” di Parker praticamente per sempre: Seresin di più, ma quando non c’è Seresin spesso c’è Biziou…
Naturalmente, secondo il modo British, Biziou e Seresin sono lighting cameramen (vedi le considerazioni alla fine del Filo nascosto)…
Da allora in poi quasi sempre con Parker anche il resto della crew: lo scenografo Geoffrey Kirkland e il montatore Gerry Hambling…
Che un film del genere abbia potuto ottenere degli ok di distribuzione di Fox e Paramount è davvero curioso…
Perché?
Non tanto perché il film è girato in studio, per la roba “commerciale” non sussistevano granché le remore artistico-ontologiche che abbiamo visto in One from the Heart, ma perché è una sorta di parodia dei gangster movies (che ora come allora erano tanti: Godfather. Part II è di appena due anni prima) il cui motivo di ilarità principale è il fatto che i protagonisti…
…sono tutti bambini…
il cast ha l’età media di 12 anni, con esordi davvero illustri:
Scott Baio (sarà Chachi di Happy Days solo a partire dal ’77);
Dexter Fletcher (il futuro regista di Bohemian Rhapsody e Rocketman);
e in teoria Jodie Foster, che però era già apparsa in almeno 5 particine, tra Scorsese e Disney, e nello stesso anno aveva girato Taxi Driver…
un cast di ragazzini che faceva baldoria dividendosi tra gli americani e gli inglesi: un caos immaginabile di giocoleria e schiamazzi che precede di 10 anni The Goonies…
Questi 12enni parlano e agiscono come persone adulte, vestiti elegantemente come Pacino in Godfather, e illustrano una crudele lotta per il potere tra due gangsters, il buontempone e simpaticone Fat Sam, il vecchio boss del quartiere, e il raffinato, crudele e altezzoso Dandy Dan, deciso a sostituire Fat Sam nella gestione del racket…
I 12enni si sparano con speciali pistolone i cui proiettili sono torte alla crema: le ha inventate e fatte costruire Dandy Dan: Fat Sam è ancora un boss vecchio stampo, che le torte in faccia te le getta intere, a mano…
I 12enni guidano automobiline a pedali realizzate su misura per loro…
E il campo di battaglia è un angolo di strada con la sopraelevata, ispirata alla Chicago del massacro di San Valentino di Al Capone del 1929, quando morì proprio un boss di nome Bugs Moran!
Kirkland costruisce tutto: la sopraelevata, le automobiline e le pistolone…
Biziou e Seresin illuminano tutto con evidente voglia di far sembrare ogni cosa un parco giochi “bambinoso”…
La costumista Monica Howe taglia i cappotti elegantoni, gli impermeabili lussuosi e i completini anni ’20 a misura di bambino!
Una volta visto che, sul set, le pistolone avevano una portata violenta che faceva male agli attorini, Parker e Hambling decisero di rendere i colpi solo con effetti di montaggio: lo shot dello sparo è seguito molto velocemente dalla ripresa del colpito già imbrattato di crema… un giochino che è efficace, ma disvela immediatamente la natura di gioco di tutto quanto…
Un gioco di infanti che certe volte “stranisce”:
i titoli iniziali, come in una una sigla di un anime gestito da Fininvest/Mediaset, anticipano i frame che vedremo, come succede nelle sitcom!
a un certo punto un fedele e divertente scagnozzo di Fat Sam, Kunckles, con il vizio di scrocchiarsi le dita, non capisce un modo di dire italiano di Fat Sam e se ne lamenta, e Sam gli dice di leggere il sottotitolo nel frattempo apparso, e Knuckles lo legge, guardando in basso all’altezza del frame occupato dal sottotitolo: una cosa metacomica quasi alla Mel Brooks!
i colpiti dalle torte delle pistolone vengono pianti e trattati come effettivamente morti…
le due istanze di trama, la lotta tra Fat Sam e Dandy Dan e la conquista amorosa di Bugsy della sua adorata e “acidella” Blousy Brown (con Jodie Foster, cioè la molto più “matura” Tallulah, anche lei attratta da Bugsy), si giustappongono con una serie di sequenze quasi paratattiche, prima una poi l’altra, con nessuno scopo da perseguire: Dandy Dan intorta praticamente tutti gli uomini di Fat Sam, con una gang feroce ed efficiente al contrario dei simpaticoni al soldo di Fat Sam presentati come innocui bamboccioni, e si impadronisce di tutta l’organizzazione (i negozi di alimentari, le lavanderie, la distilleria clandestina), e a Fat Sam rimane solo l’intelligenza e l’arguzia di Bugsy Malone da “usare” onde organizzare un piano per impedire che Dandy Dan si appropri anche dell’ultimo baluardo del potere di Sam: il Grand Slam, il locale dove Fat Sam ha l’ufficio, in cui ballano e cantano sia Blousey sia Tallulah e dove Sam fa pulire il pavimento a un genio incompreso del tip tap (il povero Fizzy)…
ma Bugsy deve fare un piano proprio il giorno in cui aveva proposto a Blousey di scappare insieme a Hollywood, così da far tentare a Blousey la fortuna nel cinema: ma Fat Sam paga Bugsy per escogitare il piano di estrema difesa, soldi che a Hollywood faranno comodo: ma il non rispettare la promessa di Hollywood a Blousey, o anche solo ritardarla, come verrà recepito dalla “acidella” ragazzina?
Bugsy Malone ha questa trama assurda, agita in set palesanti e palesi, e che ha anche i numeri musicali!
Parker tentò di scrivere lui stesso le canzoni, ma i suoi amici lo consigliarono di lasciar perdere (tutti hanno scherzato che le canzoni di Parker fossero inascoltabili!) e di assumere un vero songwriter…
Parker scelse Paul Williams, reduce dal flop economico del Phantom of the Paradise di De Palma (’74) ma ancora sulla cresta dell’onda come cantautore (nello stesso ’76 apparve come celebrità ospite nel Muppet Show) e allora impegnato in un tour…
Si dice che Parker non voleva delle voci esageratamente “di bambini” a cantare le canzoni, non voleva “squittii”…
E si racconta che Williams, in tour, scrisse e registrò da solo le canzoni durante le pause, con mezzi sì professionali ma di fortuna, usando la sua voce e quella degli altri membri della band…
Poi mandò tutti i nastri a Parker in un tempo non conforme a fare modifiche, con la data di uscita troppo vicina…
Finisce che in Bugsy Malone tutti sono bambini che fanno in maniera ironica le cose degli adulti, ma cantano con voci da adulto!
Soprattutto confonde la voce impostata di Paul Williams sul piccolissimo Scott Baio!
E anche le stesse canzoni, che giungono a commentare sequenze ballate inserite senza alcun motivo drammaturgico, davvero spiazzano!
Hanno certamente una canzone i numeri di Tallulah (la voce di Tallulah è di Liberty Williams: pare che lei e Paul non siano parenti) e Blousey al Grand Slam… e ok…
forse affidare una canzone al Bugsy che convince i miserevoli avventori della mensa dei poveri a unirsi alle “forze” di Fat Sam sul finale non è stata una brutta idea…
ma il presentare gli scagnozzi di Fat Sam con una canzone che dice soltanto «siamo cattivi!» in modo ironico, non fa altro che allungare il brodo…
Né Williams né Parker furono davvero contenti del risultato delle canzoni…
Al momento della resa dei conti al Grand Slam, Bugsy, con i miserandi “arruolati” alla mensa dei poveri (tra cui c’è Dexter Fletcher a fare la comicissima parte di Baby Face), ha ottenuto una partita delle pistolone a torte (Fat Sam aveva cercato di costruire una sua versione dell’arma, ma il risultato “esplosivo di crema” ha “ucciso” il povero Knuckles), e tutto il personale del Grand Slam è “armato fino ai denti” esattamente come l’esercitino di Dandy Dan, pronto ad affrontare l’invasione dei rivali…
E quando Dandy Dan irrompe nel Grand Slam il fuoco incrociato delle due bande fa quella che dovrebbe essere una carneficina… ma una volta colpito il pianista del Grand Slam, questi intona un canto di pace (la voce è di Paul Williams) che coinvolge entrambe le fazioni rivali, e nel canto finale il gioco si disvela ancora di più: e tutti imbrattati di crema, Fat Sam e Dandy Dan si abbracciano, Bugsy e Blousey fuggono a Hollywood e tutti siamo contenti…
Un messaggio di pace forse riferibile alla Guerra Fredda, ma più che altro adatto a quello che Bugsy Malone è: un film di bambini per bambini…
forse sarebbe stato più efficace far “tornare in vita” anche chi era morto… ma Parker non l’ha ritenuto necessario…
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Dicevo che ancora oggi sorprende come un produttore in realtà assai adulto come Puttnam, che coinvolgerà Parker in progetti seri e seriosi (Midnight Express, ’78), abbia trovato “possibile” un film così “bimboso”, così infantile, così “ingenuo”…
sorprese anche allora il fatto che il film incassò ed ebbe anche favorevolissime critiche grazie al concentrato di cinema (scene, costumi, fotografia e montaggio) dimostrate…
ma dopo Midnight Express, Parker ammise, negli anni ’80, di “vergognarsi un pochino” di Bugsy Malone… il livellamento della parodia con i 12enni e le canzoni non lo si ritenne calibrato per molti anni…
già nell’83, però, Parker scrisse il concept per trasformare Bugsy Malone in un musical del West End, musical che è rappresentato ancora oggi…
e dal 2003, Bugsy Malone è cominciato ad apparire in diverse liste di migliori film per famiglie…
In 20 anni, Bugsy Malone, specie in Inghilterra, si è “fatto” un classico…
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In effetti le derivazioni da Bugsy Malone, la sua natura di “gioco giovanile” agito nel parco giochi dello studio, sono evidenti anche in altri film… film vicini a cronologicamente a Bugsy Malone, cosa che dimostra come il suo successo, anche culturale, sia stato pesante…
le derivazioni si vedono in alcuni film di Walter Hill, per esempio…
Già The Warriors (’79) presenta la violenza come se fosse una coreografia ballata, in salsa musical, con colori stilosi studiati (di Andrew Laszlo) e scene interne riprese in modi assai similari a quelli di Bugsy Malone…
Poi Streets of Fire (’84)… anche lì c’è una sopraelevata di Chicago ricostruita (da John Vallone) e fotografata (da Laszlo) in studio (gli Universal Studios di Culver City), che si riferisce a un period da rievocare (gli anni ’20 per Bugsy Malone, gli anni ’50 per Streets of Fire)… anche lì ci sono le canzoni (di Jim Steinman, Ry Cooder e altri) molto epiche ma celebranti la giovinezza… c’è un cast non di 12enni ma senz’altro di giovinastri, nessuno arrivava ai 30 anni (Diane Lane ne aveva sì e no 18, Paré 25, Moranis effettivamente quasi 30, Dafoe 29)… e anche lì ci sono due individui (Paré e Dafoe) che si fronteggiano come le gangs di Bugsy Malone…
e soprattutto, Bugsy Malone è quasi il padre putativo del Dick Tracy di Warren Beatty (’90)…
tutto girato in studio, con colori sgargianti (alla fotografia niente meno che Storaro e alla scenografia niente meno che Richard Sylbert), con un soggetto gangster che sembra un gioco, con attori 50enni che però fanno i bambini coi giocattoli, un andamento che procede anche lui per sequenze paratattiche ritmate, con una esagerazione di sintagmi a graffa, dalle canzoni (di Stephen Sondheim), Dick Tracy è davvero quasi identico a Bugsy Malone: Tallulah è la “madre” della Breathless Mahoney di Madonna, all’inizio anche Big Boy Caprice “stermina” il vecchio boss Lips Manlis con una gang migliore (il Flattop di William Forsythe è contraltare del Bronx Charlie di Dandy Dan in Bugsy Malone), il locale di Big Boy, spiccicato al Grand Slam di Fat Sam, ha anche lui il pianista (in Dick Tracy è niente meno che Mandy Patinkin!) sbalzato rispetto agli altri, e perfino Blousey potrebbe essere considerata un’antesignana della molto più compiuta Tess Trueheart di Glenne Headly…
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E siccome Hill e Dick Tracy, a loro volta, sono stati la base per il cinema odierno, rivedere Bugsy Malone oggi è un po’ vedere il sostrato, l’Erlebnis di Hollywood (anche se era partito come film britannico): Bugsy Malone come primo nucleo di un tipo di rappresentazione infantile anni ’80 che anche per nostalgia perdura ancora oggi…
…vedere Bugsy Malone è vedere l’origine dell’infantilismo hollywoodiano prima che esso diventasse infantilizzazione sistematica del pubblico (vedi in merito IT e l’esegesi del parco giochi in Birds of Prey)…
cioè in Bugsy Malone vedi l’idea ancora “buona” prima che essa si lordi di iperbole…
Quindi ti estranei per le canzoni, per la noia del risultato paratattico, sorridi a stento per i 12enni gangster…
…ma vedendo Bugsy Malone rifletti anche sulla natura di quanto vediamo ancora oggi…
e vedi anche un sistema di gestione del girato in studio davvero sbalorditiva…
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Nota finale: in Bugsy Malone la 12enne Jodie Foster è effettivamente splendida: consapevole del gioco, simpaticona e mai incappante nell’errore di prendersi sul serio, da sola quasi vale la visione, e quasi avremmo voluto che Parker escogitasse per la sua Tallulah molte più scene!
Mi manca, ma capisco che farei bene a recuperarlo, anche solo per vedere i collegamenti con tutta la roba successiva che hai citato!
Quanto ho adorato The Commitments. Ho letto anche il romanzo di Roddy Doyle, che diede il via alla trilogia di Barrytown. Tutti molto belli. Di Parker ho amato anche Evita. L’hai visto? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi…
Ho visto Evita!
Ha una notevole forza visiva e illustra molto bene il musical, con una speciale cura, consueta in Parker, del montaggio (del solito Hambling) e della maestosità fotografica (di Darius Khondji)… una fotografia però forse un pochino esteriore e un montaggio sì molto bello ma anche assai “consueto” rispetto a quello che Norman Jewison aveva scovato per Jesus Christ Superstar. Ma Jewison ebbe a che fare con un Lloyd Webber quasi alle prime armi mentre Parker se l’è dovuta vedere con un Lloyd Webber già mogul di Broadway e capace di mettere assai bocca su un progetto filmico già fallito molte avanti in tanti anni (con le imprese di Ken Russell e Oliver Stone non andate in porto). Guardato con gli occhi di chi ha visto i successivi film di Lloyd Webber (dal nuovo Jesus Christ Superstar di Edward e Morris, al Phanom of the Opera di Schumacher), nei quali il montaggio è solo di servizio alla musica e non più consustanziale alla musica come nel JCS di Jewison, Evita appare più come una prova di Lloyd Webber a cui Parker (che già aveva rifiutato l’assunzione nel 1980) ha solo prestato una certa expertise di confezione, ovviamente di gran classe…
Ma nonostante questo, Evita è un ottimo rovescio di JCS: musical su figure politiche che si trovano a essere vittime del loro stesso mito. A JCS, Jewison è riuscito a regalare la componente metarappresentativa, mentre con Evita Parker non è stato altrettanto geniale e generoso appunto forse per volere di Lloyd Webber (anche solo il Waltz for Eva and Che agito in un teatro invece che in sogno sarebbe stato più saporito)…
Esaustivo e illuminante come sempre. Grazie.