Argerich, Dutoit e l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo al Maggio

Vladimir Horowitz, Artur Rubinstein, Walter Gieseking, Maurizio Pollini, Svjatoslav Richter, Claudio Arrau, Daniel Barenboim, Emil Gilel’s, Krystian Zimerman, Vladimir Aškenazi, Van Cliburn, András Schiff…
…tutta gente che Martha Argerich, in certi repertori e momenti, si è bevuta come cappuccini…

Quando la discografia si è accorta di lei e di Claudio Abbado, per incisioni a Berlino e Londra tra il 1967 e il ’68, gli stessi anni in cui venivano fuori anche i “nuovi” Plácido Domingo e Luciano Pavarotti, i nuovi Seiji Ozawa e Zubin Mehta, tutti si accorsero che il Sessantotto era arrivato anche nella musica classica…

La Deutsche Grammophon si azzardava a fare loro foto come queste:

…foto che però poi scartava: si vedeva quanto fossero giovani, sicuri di loro, precisi e seri… un nuovo che avanzava e che quasi metteva paura!

Nonostante il repertorio leggermente meno nutrito di altri “mostri sacri” (mai un Emperor di Beethoven, per esempio, mai un secondo di Rachmaninov, solo due “primi” di Grieg, concerto mai più toccato dopo il 1969), e una tendenza a preferire l’insieme rispetto alla performance da solista, Argerich, con il piglio sfoggiato in quelle foto, è diventata LA pianista, nella Storia, nel Mito, nel per sempre

Qualsiasi cosa fatta da lei, anche le cose più ripetute, delle quali esistono dozzine di documenti, anche video (della BWV 826 di Bach, della sonata piano e percussioni di Bartók, dei concerti 1 e 2 di Beethoven, le variazioni Haydn di Brahms per due pianoforti [op. 56b], dei concerti 1 e 2 e le opp. 24.2, 39, 63.2 di Chopin, la sonata violino e piano di Franck, il Liebesleid di Kreisler, il “primo” di Liszt, le variazioni Paganini per due pianoforti di Lutosławski, Scaramouche di Milhaud, le KV 381/123a [4 mani], 448/375a [2 pianos] di Mozart, il terzo concerto e l’op. 83 di Prokof’ev, le opp. 5, 17 [2 pianos] e 45 [2 pianos] di Rachmaninov, il concerto sol maggiore con La valse e Ma mère l’oye [4 mani] di Ravel, la K 141 di Scarlatti, il D 951 di Schubert, le opp. 15, 22, 44, 54, 73, 105 e 121 di Schumann, le opp. 35, 40, 67, 94 di Šostakovič, il primo concerto di Čajkovskij), riusciva a brillare di naturalezza… come se la musica sgorgasse da lei con semplicità simpatica, quasi felice…
…e difatti finisce spesso l’esibizione contentissima, ridendo all’ultimo accordo…
è evidente, per esempio, nello storico video del concerto di Čajkovskij, con Charles Groves e la Royal Liverpool Philharmonic nella Guild Hall di Preston nel Lancashire, il 6 febbraio 1977 (Pierre-Martin Juban produsse la ripresa televisiva per la BBC)

È stata sposata per pochi mesi del 1964 con Robert Chen: era già incinta di Lyda Chen-Argerich, violinista… con Chen, però, non ha più avuto a che fare granché…

Dal 1969 al 1973 è stata sposata con Charles Dutoit…
insieme hanno fatto tanto, sia mentre sono stati coniugati sia dopo…
sono rimaste almeno 75 testimonianze audio e/o video delle loro esibizioni live o in studio…
è famoso il video di Michel Dami del 24 ottobre ’73 dalla Victoria Hall di Ginevra, con l’Orchestre de la Suisse Romande a fare Čajkovskij:

…concerto che avevano già fissato in studio nel ’70 (con la Royal Philharmonic, alla Fairfield Hall di Croydon, a dicembre) e che hanno affrontato insieme almeno altre 9 volte (di cui sia rimasta traccia sonora e/o visiva)…

Con Dutoit fa un’altra figlia: Annie…

Nel 1975 fa una terza figlia con il pianista americano Stephen Kovacevich: Stéphanie…
Stéphanie diventa regista visiva e fa un documentario sulla madre, Bloody Daughter

Martha Argerich, questa leggenda dei pianisti, è venuta spesso a Firenze, sovente in concerti al Maggio fuori abbonamento, alcune volte perfino sguarniti di pubblico… e alcune volte annullati per vari motivi…

Questo concerto, parte del tour dell’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, era previsto per gennaio 2022…
ma anche questo è stato posposto…

Intercettando questo tour, Alexander Pereira è riuscito nel fare il filotto dei contratti a tutti i musicisti viventi coinvolti nel #metoo nella musica classica: era riuscito a ingaggiare perfino James Levine, che però è morto prima che la sua programmata performance avvenisse…

Di Dutoit parliamo assai nel post del #metoo linkato

In programma i Valses nobles et sentimentales di Ravel…
il concerto per pianoforte di Schumann…
e il Sacre du printemps di Stravinskij…

È un repertorio che per Dutoit e Argerich fa parte dei cavalli di battaglia

Ravel e Stravinskij sono frequentatissimi nella monumentale discografia che Dutoit ha lavorato per la Decca a Montréal…
i balletti di Stravinskij, per esempio, quasi tutti fissati a metà degli anni ’80 (quasi sempre nell’Église de Saint-Eustache), sono circolati (insieme ad altri pezzi sinfonici di Stravinskij registrati nei ’90s) in un cofanetto economico che Decca ha concesso a Newton nel 2010 e che ha venduto da matti…

il concerto di Schumann è uno di quelli che Argerich ha fatto e rifatto:
l’ha fissato in studio con Mstislav Rostropovič a Washington, con la National Symphony nel ’78 (al Kennedy Center, 11-14 gennaio);
e l’ha approntato in live collected con Nikolaus Harnoncourt e la Chamber of Europe nel ’92 (alla Stefaniensaal di Graz, 18 e 20 luglio)…
su YouTube circola molto la lettura con Riccardo Chailly al Gewandhaus del 2006 (regia video di Michael Beyer)…
con Dutoit l’ha affrontato almeno 4 volte di cui sia rimasta traccia sonora (Parigi ’73, Besançon ’74, Philadelphia 2002, Berlino [Deutsches-Symphonie] 2009)…

Anche Dutoit ha spesso letto il concerto con altri:
l’ha anche lui fissato in studio, con Alicia de Larrocha e la Royal Philharmonic, alla Kingsway Hall di Londra nel 1980…

è stato quindi un concerto da usato sicuro

ma è roba che va saputa fare…

quando, subito prima della guerra in Ucraina, Valerij Gergiev e il Mariinskij sono venuti al Maggio non hanno gratificato il pubblico di un romanticone

Dutoit, Argerich e Monte-Carlo ci hanno regalato il loro know how iper-sperimentato in uno Schumann che, dopo un Ravel diligente e dal suono ottimo, ha sfavillato di esattezza stilistica, di precisione sinergica tra pianoforte e orchestra, di paradisiache intenzioni tematiche (e l’inciso fondamentale del primo movimento ricorda assai Besame mucho: sdilinquimenti assicurati!), con una concertazione state-of-the-art magicamente capace di far erompere i tutti orchestrali senza che il pianoforte ne venisse surclassato…

il Teatro del Maggio, con la platea quasi piena, ha sommerso Argerich con standing ovation e applausi prolungati e scroscianti, che io a Firenze ho sentito solo per Mehta e qualche volta per Gatti, anche se mai così duraturi…

Argerich è sembrata perfino imbarazzata…

ha concesso due encores: ancora Schumann e Scarlatti…
da Giuseppe Rossi su «La Nazione» scopro che sono stati la prima Kinderszene op. 15 e l’attacco della K 141: ancora cavalli di battaglia letti e riletti migliaia di volte, ma sempre così ben interpretati a questo punto perché così tanto amati…

e infatti era davvero l’Amore che si evinceva nel fare musica: l’Amore per Schumann, per quel concerto, e per la musica tutta, di cui quel concerto è sineddoche…

Il Sacre viene spesso eseguito dal Maggio, molte volte con Mehta, e lascia sempre affaticata l’orchestra…
in una delle ultime volte che l’ho visto, il povero Michail Jurovskij cercò goduriosamente di “slenteggiarlo”…

anche l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, così pronta nel romantico, ha avuto alcuni ripensamenti nel Sacre: il fagottista e una tromba hanno avuto alcuni problemi… il tutto però è stato riscattato da un sezione di percussioni che sembrava una squadra di pallavolo ben allenata, con un tripudio di “schemi chiamati” e cenni col capo… bravissimissimi anche gli archi, guidati da un concertmaster implacabile!

nel Sacre, Dutoit ha replicato la sua lettura dei dischi degli ’80s, assicurando volumi sonori spaventosi e una esattezza ritmica eccellente, per fortuna impreziosita spesso da valevoli dinamiche…
Dutoit, quasi 90enne, guida i professori con sguardi glaciali, con gesti più chironomici che solfeggianti e con un uso totale del corpo, lasciandosi quasi cadere per suggerire intenzioni e usando molto le spalle per regolare gli attacchi…

non arriva a quella sorta di danza che si poteva vedere in Ozawa, ma si vede che indica a livello oculare-corporeo più che con i gesti codificati…

e il suo intendere il Sacre come ticchettio tellurico di supersonici fortissimi (perfino il suonatore dei piatti, posizionato tra gong e grancassa, si tappava le orecchie!), anche se può essere tacciato di poco scavo ermeneutico, non è per niente male!

oltre al solito Pereira, torvo e streghesco, tra il pubblico ho visto un solarissimo James Conlon!

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