Ecco la quarta parte della serie ideata con Sam Simon!
La precedente puntata è questa…
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Il quarto non arriva per rimediare a nessun flop, anzi…
anche se non è stato un trionfone, Conspiracy Theory rappresenta per Donner una magnifica seconda giovinezza creativa, che Lethal Weapon 4 cavalca assai…
Mi ricordo di aver letto la non generosissima recensione di Mereghetti all’uscita, che vedeva nel cattivo cinese un transfert di razzismo: in un’America politically correct dove bianchi, neri, vecchi e giovani convivevano beati, per fortuna, sarcasticamente, diceva Mereghetti, c’erano gli orientali su cui riversare tutto il razzismo inevitabile in USA…
Bah…
Rivisto oggi, Lethal Weapon 4 è precisissimo a documentare il dramma dell’immigrazione, con i migranti-schiavi in viaggio in barconi stipati, ed è ancora da far vedere a chiunque la meni con la cacchiata sui migranti imperante oggi in un tempo in cui i phashi governeranno il paese… la cacchiata è: «con cosa li pagano i trafficanti per venire in Italia? Vuol dire che i soldi ce l’hanno e vengono solo per mangiare a sbafo da noi, e per farlo sono anche disposti ad affogare! Sono stronzi e quindi dovrebbero morire tutti»…
Lethal Weapon 4 rappresenta molto bene la smentita a questa scemenza…
Per il resto, Donner è bravo a confezionare quello che è un album di famiglia (esplicitato nei titoli finali, in cui, per l’unica volta, Donner lascia a Joel Silver la precedenza nel credit del produttore), ricco di sequenzine carine, magari un po’ più noiosine rispetto ai precedenti, ma che non stonano rispetto agli altri capitoli, né ad altri film analoghi coevi…
L’inseguimento sull’autostrada, per esempio, nonostante i déjà vu con il terzo, regge bene…
ma i colpi di genio per portare a casa la pagnotta dignitosamente anche a questo giro sono
- l’aver assunto Jet Li
- l’essere riuscito a creare effettive minacce ai personaggi
Jet Li era al primissimo ruolo in USA, e non parlava una parola d’inglese…
ma Donner riesce a intercettare lo Zeitgeist: di lì a poco il cinema di Hong Kong entrerà di prepotenza nell’estetica di Hollywood…
e la cosa, cioè essere capaci di intercettare la moda, non riuscì granché ad altri, in altre occasioni…
quando John Carpenter provò a fare una cosa simile, cioè a portare Hong Kong a Hollywood, nel 1986, in Big Trouble in Little China, tutti lo riconobbero come un pioniere e un anticipatore, ma, come disse anche Ridley Scott a proposito di Blade Runner, riguardo al mix tra sci-fi e noir, «arrivare in anticipo o in ritardo su una moda non fa differenza: prima o dopo, sei comunque fuori tempo, fuori posto»…
Donner, invece, arriva in tempo e la velocità dei duelli, e il senso di pericolo dello spietato cattivo, contribuiscono assai alla riuscita di Lethal Weapon 4…
e queste idee vengono a un Donner, si diceva, immerso nella nuova felicità creativa, che torna a contare sulle ambientazioni notturne e in un po’ di cattiveria…
- il motivo delle auto buttate sui binari al passaggio del treno giunge in momenti di vero spavento, che sono usati contro i protagonisti: non come nel terzo capitolo in cui ai protagonisti non succede granché a livello personale…
- l’ultimo set del duello finale, il molo portuale gocciolante di pioggia da cui filtrano fasci di luce dalle fessure tra gli assi del pavimento, è strepitoso: un ottimo risultato di Michael Riva e Andrzej Bartkowiak (scovato da Silver e Donner con diverse “connessioni”: fu lui a girare Speed, l’esordio alla regia di Jan de Bont, direttore della fotografia di Lethal Weapon 3; e girò anche Falling down di Schumacher, il regista del Lost Boys prodotto da Donner: curioso che anche Bartkowiak, di lì a poco, avrebbe anche lui, come de Bont, esordito alla regia, di Romeo Must Die, il cui protagonista è proprio Jet Li, e il cui finanziamento è di Silver: ancora tutto in famiglia)…
- la tematica di sensibilizzazione sull’immigrazione, dicevo, regge benissimo…
- molto carina è la concretizzazione della “voglia” di matrimonio tra Riggs e Lorna…
- divertentissimo un Donner che, proprio nella scena del matrimonio, fa interagire un noto antisemita come Gibson con un rabbino!
- il prologhetto con il piromane illustra uno dei matti da legare più impressionanti mai fatto vedere da Lethal Weapon: un demente che incendia tutto, con un’armatura antiproiettile, mentre ascolta musica a tutto volume nelle cuffie di uno walkman… forse neanche a David Lynch poteva venire in mente una cosa simile!
L’equilibrio con il comico, però, è ancora in questo quarto capitolo un problema: evidentemente, dopo il secondo, Donner non ce l’ha più fatta a designare con gli sceneggiatori (anche in questo quarto capitolo moltissimi e variegati: la prima idea del solito Jeffrey Boam era di far avere a che fare Riggs e Martaugh con dichiarati neonazisti: sembra che il “no” definitivo non sia arrivato da Donner e Silver ma dalla stessa Warner Bros., che, come dice Sam Simon, voleva per forza avere i cinesi come cattivi, per ragioni politiche sinofobe repubblicane, ragioni che Donner è bravo a rivoltare, in parte, con la tematica pro-migranti e antischiavista) quel mix giusto tra risate e pianti…
Chris Rock non funziona male (e mica brutto il suo monologo sul floor), ma i suoi duetti con Joe Pesci sono lunghi… la scena dell’interrogatorio dal dentista di King Benny è imbarazzante… gli abusi di potere di Riggs e Martaugh, che sparano a tutti e vandalizzano tutto, nel 1998, non destano più vere risate, ma solo sorrisetti stanchi e imbarazzati… e nonostante la tematica sensibilizzante la migrazione, le battute sono zeppe di luoghi comuni sinofobi (segno che Mereghetti tiene per sé, in qualche modo, un’anticchia di ragione?), tra «involtini primavera nel culo», consonanti liquide scambiate e altre sciocchezze, che già erano vecchissime allora, figuriamoci risentite oggi! [Gibson, che si sa essere bassissimo, scherza che i suoi avversari cinesi sono piccoli: e dovrebbe far ridere?]
Io ho molto apprezzato, invece, in una serie partita come tanto anti-gay, l’ironia sulla supposizione che il personaggio di Chris Rock sia gay: non è il massimo, ed è malamente accompagnata da movimentacci nella scena dal dentista, ma già che ci sia, con Riggs che dice «che è tutto a posto», lui che nell”87 vomitava barzellette omofobe dappertutto, è a mio avviso un bene… [è più brutto pensare che queste ironie siano tutte un caso: nella solita confusione delle riscritture il personaggio di Rock doveva davvero essere gay, ma tutti videro che la cosa non funzionava e quindi solo all’ultimo secondo lo hanno reso il marito segreto di Rianne, un espediente che è debolino, visto che, nella mancanza di tempo per concretizzarlo, Rock e Traci Wolfe finiscono per non avere nessuna scena insieme: e tagliare un inseguimento per fare quella scena voleva dire che quella scena andava scritta: scritta?: cioè passata da 3450 riscritture prima che andasse bene a tutti: meglio tagliare corto e far restare l’espediente debolino!]
E più che Mereghetti mi trovo d’accordo con un’osservazione benevola di Piera Detassis (o di Marcello Garofalo, non mi ricordo) su un Ciak del ’98, che rimarcava quanto «Arma letale è come la visita dei parenti: sono sempre più rimbecilliti e incomodi, ma fa piacere rivederli»
Infatti il cinema convenzionale (più vicino al terzo capitolo che al secondo) di questo quarto capitolo, condito con la speditezza orientale, che Donner riesce ad amministrare alla perfezione, non scorre male, nonostante la esagerata durata e la ripetizione in almeno quattro occasioni (un po’ troppine) dello schema «inseguo il cattivo –> non lo raggiungo –> il cattivo muore e io rimango con nulla»: cose deludenti visto il numero di sceneggiatori coinvolti (è accreditato solo Channing Gibson, con cui, tra l’altro, Donner si trovò anche bene [già nel ’99 gli commissionò il quinto capitolo], ma che ha quasi ogni battuta riferibile a un autore diverso: l’inseguimento in autostrada, riciclato dal terzo capitolo, per esempio, pare fu scritto dal povero Fred Dekker)
ma quello che gli sceneggiatori non riescono a fare con la trama, riescono invece a portarlo a termine nel delineare il rapporto Riggs e Lorna: davvero compiuto: deliziosa la scena di gossip che hanno sulla spiaggia (almeno in inglese: il doppiaggio del quarto è di Pino Colizzi invece che di Renato Izzo, e Rene Russo è doppiata da Emanuela Rossi invece che da Rossella Izzo, e io trovo Rossi molto più in parte… doppiare l’imminente quinto capitolo comporterà problemi essendo morti sia Claudio Sorrentino, nel 2021, sia Glauco Onorato, nel 2009: ma se è per questo sono morti sia Richard Donner sia Michael Kamen, e lasciamo perdere che Kamen si è fermato a comporre davvero al secondo capitolo, andando terzo e quarto quasi del tutto con roba di magazzino già composta per i precedenti!)…
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Si vocifera che Silver volesse girare Lethal Weapon 4 e 5 “back to back” già nel 1993… ed era un periodo bello pimpante per Silver, che aveva tra le mani lo script che poi diventò Die Hard with a Vengeance e altri lavori di Channing Gibson pronti da fare (e che poi non si fecero, con le idee di Channing Gibson poi riciclate in altri film)… Donner, nonostante l’esperienza pessima con un’altra lavorazione back to back nel ’77 con i Salkind per Superman, accettò… pare sia stato Mel Gibson a opporsi…
e, senza dubbio, con l’album delle foto di famiglia che si chiude con questo Lethal Weapon 4, di un’ulteriore puntata non si sentiva affatto l’esigenza…
ma Donner, si accennava, commissionò una storia per il quinto capitolo a Channing Gibson, già nel ’99, forse perché venne a sapere che Joel Silver cercò di “tradirlo” (ed ecco scoperta e giustificata la diffidenza diffusa tra i due che molti chiacchieravano già dall”87) cercando di far dirigere Lethal Weapon 5 al vecchio Shane Black, con la solita scusa di far tornare la saga ai toni dark del primo capitolo: un vero colpo alle spalle per Donner (che tanto osteggiò proprio quel dark di Black in tutti gli episodi)!
E anche in quel caso fu Mel Gibson a salvare la baracca, rendendosi indisponibile per un quinto capitolo che non avesse al timone Donner…
Un Donner che si godette la sua seconda giovinezza creativa ancora con Timeline (fiacco ma visivamente non atroce) e sopratutto con 16 Blocks, il suo ultimo capolavoro… e sembra che Donner riuscì a limare la storia di Channing Gibson per Lethal Weapon 5 proprio con lo sceneggiatore di 16 Blocks, Richard Wenk… e lavorò anche tanto per continuare a fare film con Mel Gibson e Danny Glover nel pianificato Sam and George, in chiacchiera già dal 2001, poi dimenticato quando si pensò davvero di battere Silver sul terreno di Lethal Weapon 5 che avrebbe visto Donner dietro la macchina da presa a 90 anni suonati!
Oggi, Mel Gibson, nella sua consueta sobrietà, ha rivelato che nel pre-production del quinto capitolo, Donner già gli diceva: «se muoio, giralo tu questo Lethal Weapon 5! sei l’unico che può farlo!»… un fatalismo chissà quanto realistico… ma, in fin dei conti, perché non credergli?
e un film “normale”, come Lethal Weapon 5, potrebbe far bene anche a Gibson, oggi regista di filmetti apprezzato solo da giovinastri destrorsi, dopo le sue vomitate violente e fondamentaliste fortunate solo per via del succès de scandale suscitato, cioè Passion of the Christ e Apocalypto (Hacksaw Ridge e The Professor and the Madman vanno bene solo per il catechismo più chiuso e nero)…
ma non si sa: quelle vomitate violente fondamentaliste, oggi, sembra che abbiano fatto scuola, e sono oggetto perfino di nostalgia: Darren Aronofsky, Alejandro Gonzalez Iñárritu, Justin Kurzel, Robert Eggers, Matteo Rovere sembrano tutti allievi del Mel Gibson peggiore (e anche Gibson, nonostante la fase down, fu anche chiamato da Warner per mettere mano ad alcuni esperimenti DC, vedi Birds of Prey, poi andati ad altri, sfortunatissimi, registi)…
ed è un peccato, perché Lethal Weapon era davvero il modo del povero Donner di spettacolarizzare il meltin’ pot più inclusivo e felice possibile, e per questo ogni film si può dire che funzioni nonostante tutto…
sarebbe un peccato vedere tutto il suo impegno sprecato in sbracate fondamentaliste…
Siamo arrivati alla fine della saga! Chi l’avrebbe mai detto che ce l’avremmo fatta, dopo anni che ne parlavamo? X–D
Mi fa impazzire il tuo menzionare Carpenter e il suo meraviglioso Big Trouble in Little China, è proprio vero che da precursore fu trattato a pesci in faccia, povero zio John… :–(
E molto belli anche i remark su Gibson, non c’avevo pensato alla scena del rabbino con lui antisemita! X–D
Grazie Nick!!!