Del Trovatore si è già parlato fin troppo [una delle ultime volte, con ripasso delle altre, è questa]…
Come Tosca e i post-romantici (Strauss, Mahler, Rimskij-Korsakov, Bruckner, Schoenberg e tanti ecc. ecc.), Trovatore è una delle cose che Zubin Mehta “padroneggia” già dai primi anni di Montréal (1961-1967)… [per i “periodi” di Mehta vedi anche qui]
Nella sua autobiografia, Trovatore è più volte citato come una delle opere più temute dai cantanti…
Nel 1970, Mehta registrò Trovatore con la RCA… con Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Leontyne Price e Fiorenza Cossotto…
come per la Turandot del ’72 (con la Decca, vedi 10 album), che Mehta arrivasse al contratto, al posto, magari, di James Levine o Georg Solti o il vecchio Erich Leinsdorf, impiegati RCA redditizi di quegli anni (occhio che RCA e Decca, per tutti i ’60s i primi ’70s ebbero tra loro “contatti” di quasi franchise: Solti e Mehta erano “in prestito” all’RCA dalla Decca), fu una sorta di fortuito caso…
e quel Trovatore in studio (la Walthamstow Town Hall di Londra) fu una sorta di spartiacque nel rendering in studio di una grande opere di repertorio al passaggio “divistico” dei decenni…
Dopo i classici di, per esempio, Renato Cellini (RCA, ’52, con Jussi Björling, Zinka Milanov, Leonard Warren e Fedora Barbieri) o Alberto Erede (Decca, ’56, con Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Ugo Savarese e Giulietta Simionato), tutti bene o male già “anzianotti”, nel ’70 resistevano assai bene le prove live di Herbert von Karajan del ’62 da Salisburgo (con Franco Corelli, Leontyne Price, Ettore Bastianini e Giulietta Simionato) e il contemporaneo fissaggio in studio di Tullio Serafin con La Scala (DGG, con Carlo Bergonzi, Antonietta Stella, Ettore Bastianini e Fiorenza Cossotto)…
Alterne fortune aveva avuto la lettura in studio, a Roma, di Thomas Schippers per la EMI del 1964, con Corelli, Gabriella Tucci, Robert Merrill e Giulietta Simionato… Schippers aveva venduto, ma immortalava ancora gente “più vecchia che giovane”, in un sistema quasi anni ’50 fatto di vari tagli qua e là…
Dopo un buon successo, proprio con un cast “anzianotto”, dell’Aida proprio targata EMI del 1966, Mehta, giovane, arrivava al contratto londinese per Trovatore bello pimpante, con scritturati sì tanti classici (Leontyne Price, già quasi affaticata, e Fiorenza Cossotto) ma anche due “giovani” (Milnes e Domingo) pronti a fare una sorta di breakthrough serio…
Al contrario delle letture dei ’50s e ’60s, Mehta ottiene di fare praticamente tutta la partitura…
Siamo certamente di là da venire rispetto alla filologia (le tonalità sono ancora quelle comode adatte a far arrivare i cantanti a note che stupiscono il pubblico senza effettiva fatica e in barba a qualsiasi logica drammaturgica, e «sei tu dal ciel disceso» è ancora intonato da tenore e soprano insieme), ma Mehta lasciava ai cantanti tutti gli ad libitum possibili, tutti i gorgheggi di solito tagliati, tutti i ritornelli fino ad allora sempre negati… il passo narrativo difettava, ok, ma per un discofilo del ’70 quel Trovatore risultò essere un vero portento: e portento restò per diversi anni, visto che il pezzo da 90 della Decca, Richard Bonynge, fissa Trovatore in studio solo nel ’76 (con Pavarotti, Sutherland, Ingvar Wixell e Marilyn Horne, per altro interpolandolo con diverse idee de Le Trouvère, risultando quasi in una sorta di ibrido che non ha accontentato tutti), lo stesso Karajan lo incide in studio a Berlino solo nel ’77 (con Bonisolli, una Leontyne Price ancora più affaticata, Piero Cappuccilli ed Elena Obrazcova), e di molto successivi sono anche i Trovatori del catalogo Philips (Colin Davis e il Covent Garden, ’80, con Carreras, Ricciarelli, Jurij Mazurok e Sefania Toczyska), e DGG (Carlo Maria Giulini e Santa Cecilia, ’84, con Domingo, Rosalind Plowright, Giorgio Zancanaro e Brigitte Fassbaender), prima della filologia e dell’edizione critica di David Lawton del 1992…
La temperie critica, attenta, oltre che all’apertura dei tagli, anche a tutti gli altri aspetti del testo musicale, cioè quelle tonalità che Mehta trascurò assai nel ’70, si era presentita con Il trovatore del Maggio Musicale Fiorentino del 1977, nel quale Riccardo Muti, già arrembante filologista, aveva tagliato il do acuto dell’aria Di quella pira, non previsto nelle partiture ottocentesche…
…al di là di quel presentimento, però, tale temperie non ebbe appigli, né in disco né in teatro prima dell’edizione critica di Lawton…
infatti, quando Mehta allestisce, con Giuliano Montaldo (cast: Pavarotti, Antonella Banaudi, Giorgio Zancanaro e Dolora Zajick), un nuovo Trovatore a Firenze, nel giugno del 1990, non segue affatto le idee di Muti e, anzi, riprende anche tutti i tagli tradizionali degli anni ’50s e ’70s che nel disco RCA aveva aperto!
dall’allestimento, che fu ripreso per la TV dalla RAI (regia video di Tonino Del Colle), Mehta, con la Decca, trasse un disco, un live collected con cast leggermente diverso (Leo Nucci al posto di Zancanaro e Shirley Verrett al posto di Zajick), ma con immortalate le stesse scelte…
Nel 1994, la Naxos commissionò a Will Humburg l’incisione in studio dell’edizione critica di Lawton, ed ebbe successo… e nel dicembre del 2000, Muti aprì la stagione della Scala con Il trovatore filologico…
ma i tagli, gli acuti e le tonalità comode sono rimaste sempre: l’edizione critica non ha “spazzato” via un bel niente…
ancora nel 2001, in uno degli ultimi Trovatori in studio (vedi qui), Antonio Pappano, per la EMI, se ne infischia dell’edizione critica…
e dell’edizione critica se ne infischierà sempre il Maggio Musicale Fiorentino…
Mehta torna a fare Trovatore nel 2001 e lo fa tradizionale…
e tradizionali sono state anche le riprese di Mark Elder e Nir Kabaretti nel 2003…
nel 2009, Massimo Zanetti, in un allestimento di Franco Ripa di Meana, pur con gli acuti e le tonalità comode, almeno evitò i tagli (cioè fu un Trovatore congruente col disco di Mehta del ’70)…
nel 2018, Fabio Luisi, in un fantastico allestimento di Francesco Micheli, forse il migliore mai visto a Firenze (ne parlo qui), ha tagliato tutto quello che ha potuto, ma ha optato anche per inconsueti tempi repentini e lesti, davvero da Formula 1, che hanno forgiato un Trovatore almeno di azione ed energia…
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Nel 2022, Mehta torna al Trovatore a Firenze in una fase della carriera che è un ricorso storico vichiano: ripropone tutti i suoi cavalli di battaglia…
E a Mehta, Trovatore viene bene…
non narrativo, forse discontinuo nella frammentazione emotiva dei singoli pezzi, con alcuni più appassionati di altri malamente abbozzati, ma, tutto sommato, musicalmente superbo, orchestralmente favoloso e ottimo nello sfruttare il cast di turno, un cast di gran lusso!
in una regia (di Cesare Lievi) “tecnica”, gradevole ma non significante, ricca di tanti simboletti tanto facili e carini quanto per nulla impattante sui regolari “percorsi” consueti di un Trovatore da immaginario collettivo (vedi, per esempio, il film prodotto a Berlino Ovest da Wolfgang Nagel, musicalmente sovrinteso da Bruno Bartoletti nel 1975, dal quale Lievi sembra recuperare tutto il vieto delle posizioni), poiché tutti i simboli (per altro quasi tutti desunti dai risultati di Francisco Negrin a Macerata e Barcellona, 2013 e 2019, con in più le mascherone sado-maso di Oliver Py per München, 2013) rimangono sul fondo della scena, il cast, guidato da Mehta, ha regalato al pubblico momenti di eccelsa capacità ed efficacia, andando dietro alle particolari scelte frastagliate del direttore, leggermente enfatizzanti le sue idee del 1970 e del 1990, risultanti in una drammatizzazione emotiva, sottovoce e lentissima di certi pezzi (soprattutto i momenti solistici e le cabalette), e in una contraria tirata via di altri (gli incipit degli atti, per esempio, o anche alcuni pezzi d’insieme): un Trovatore alcune volte spesso di suono e altre volte fievole di sussurro, tutto sommato simile alle opzioni del disco del ’70, ma con i tempi più eterodossi dovuti alla polarizzazione delle intenzioni…
Maria José Siri, Leonora (una presenza molto frequente a Firenze, e di ottima intesa con Mehta: fu Mehta a darle una sorta di breakthrough fiorentino dandole l’Aida del secondo cast, “contro” Hui He, nello show di Ferzan Ozpetek del 2011),
- ha approfittato dei superbi sottovoce di Mehta per Tacea la notta placida, davvero struggente;
- è stata quasi “salvata” dalla lentezza (e dai tagli) di Di tale amor che dirsi per portare a casa un risultato adatto a nascondere una certa difficoltà nell’agilità (Luisi, nel 2018, non fu altrettanto generoso con Jennifer Rowley, a cui impose la sua furia veloce);
- è stata un po’ fredda nel Miserere e in Tu vedrai che amore in terra;
- ma è stata splendida, dolcissima e precisissima in D’amor sull’ali rosee, nel finale (proprio mozzafiato), e in tutti i concertati…
non è stata la migliore Leonora del mondo, ma una solida Leonora di sicuro (e curioso notare come le Leonore di Mehta non risultino mai davvero il top: Price, nel ’70, era affaticata, e Banaudi, nel ’90, non ha praticamente continuato la carriera; neanche la Fiorenza Cedolins del 2003 ha più avuto seguito nel Trovatore)
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Amartuvshin Enkhbat, il Conte di Luna, da me non così apprezzato nella non esaltante Forza del destino di Padrissa, si è rivelato invece finalmente all’altezza della sua fama, in un Conte eccelso: passionale e centrato, vibrante e caratteriale, portentoso e sicuro… nel 2009, Juan Jesús Rodríguez fu anche lui un portentoso Conte di Luna, a cui il pubblico del Teatro Comunale chiese quasi il bis per Il balen del suo sorriso, un bis richiesto anche a Enkhbat: entrambi non lo hanno concesso…
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Fabio Sartori lo detestai nell’Otello fiorentino televisivo del 2020, ma per Manrico si è rivelato davvero ideale…
melodiosamente sopraffino, leggero e limpido negli acuti, agile, controllato e deciso nell’intonazione attoriale…
davvero magistrale…
peccato che Ah sì, ben mio sia rientrato nei pezzi che Mehta ha deciso di gettare via nell’indistinto: è stato troppo sbrigativo e per nulla emotivo…
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Ekaterina Semenčuk, Azucena, è il più grande mezzosoprano verdiano del nostro tempo (Azucena strepitosa anche a Londra, Parigi, Madrid, dopo lo straordinario successo scaligero, con Daniele Rustioni, nel 2014; e anche Amneris splendida a Napoli e Salisburgo, e anche nella famosa Aida in studio di Pappano con Santa Cecilia del 2015), e si sente…
Condotta ell’era in ceppi e Ai nostri monti sono stati tra i pezzi che Mehta ha voluto lenti e sussurrati, e la loro resa drammatica è stata fenomenale (Lievi le ha regalato il gesto dell’abbracciare un leggero materassino come se fosse un bambino: stritolante!)…
Sei vendicata, o madre è esploso con somma tragicità e Giorni poveri vivea/Deh rallentate, o barbari ha fluito ottimamente a livello diegetico (Mehta ha evitato la battuta vuota dopo il «fratello del rapito» prolungando la frase degli archi così da attaccare subito il «ne udivi mai novella»: il risultato tensivo non è per niente venuto meno, anzi, ne è risultato enfatizzato)…
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Riccardo Fassi, Ferrando, è stato superbo: senza esagerazione uno dei migliori bassi mai uditi a Firenze…
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Non è stato un Trovatore degno del proverbiale «mi si sono aggrovigliate le budella» di Pretty Woman (nel film, Julia Roberts si riferiva a Traviata, e la battuta è tutta farina del sacco di Manlio De Angelis e Cristina Boraschi: in inglese c’è tutto un altro gioco di parole, forse più colto, ma meno efficace)…
- i pezzi tirati via si sentivano e deludevano…
- la regia generica era carina (le apparizioni simboliche, con i bambini, le streghe, le suorine, le morte in carcere, i materassi sfatti e i letti rotti davano bene l’idea della mente di Azucena del tutto affranta e franta) ma, a parte pochissimo, non acchiappava…
- le perdite di ritmo e i ritardi c’erano spesso (il Miserere è stato pressoché tutto fuori tempo)…
- le lentezze immotivate delle cabalette più barricadere (soprattutto Perigliarti ancor languente) erano quasi ridicole…
- il finale I è stato diligente ma non energico…
Ma altri pezzi sono stati splendenti…
- le arie di Azucena sono state formidabili…
- la grana del finale II e dei duetti Conte/Leonora dell’atto IV era eccellente e piena di texture d’azione…
- il finale ultimo, lentissimo ed enfatizzatissimo, è stato ottimo…
- i cori sono stati tutti superbi…
- l’orchestra ha tuonato quando ha dovuto sempre in millimetrico concerto con i cantanti e i ritardi sono stati risolti con professionalità (Mehta si rivela ancora un grande concertatore, e qui più che altrove il suo gesto, ormai fragile e limitato, si è rivelato ancora foriero di efficace precisione)…
Un Trovatore, quindi, che pur con tutti i difetti è stato di egregia qualità…
uno spettacolo di ragguardevole livello tecnico-musicale…
una lettura ben piazzata, che pur non cogliendo certe implicazioni della musica, ne ha fantasticamente rese indimenticabili altre, producendo un’opera davvero buona…
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