La storia è complessa, ma assai nota (vedi anche Inghiottitoi carsici), e quindi la riassumerò solo per sommi capi, incappando volontariamente in due semplificazioni:
- per quel che riguarda la cronologia dell’URSS non aggiungerò nulla a quello che ho sommariamente detto in White Nights e in «La torre»…
- essendo il libro in russo adotto la traslitterazione dal russo e quindi è Bábij Jar (Ба́бий Яр) invece che Babyn Jar (Бабин Яр), ed è Kíev (Ки́ев) invece di Kyiv (Київ) e così via…
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Si sa tutti che quando arrivarono i nazisti in Russia a tutti fu palese che ammazzavano gli ebrei proprio del tutto…
ok, era chiaro che i nazisti ammazzassero gli ebrei fin dal 1933, e che dal ’39 in poi li ammazzassero in Polonia… ma, sembra brutto dirlo, quella era roba che facevano presto ad “arginare”…
quello di Babij Jar, tra il 29 e il 30 settembre 1941, fu uno dei primi massacri che invece tutti videro…
mi spiego: non era un’operazione interna alla Germania facilmente insabbiabile di cui all’estero giungevano voci, come succedeva degli eccidi in Germania e in Polonia: che da Kiev (Babij Jar era una sorta di burrone nei pressi di Kiev) fossero spariti tutti gli ebrei fu una cosa che seppero tutti… un mese dopo, tra 22 e 24 ottobre 1941, i nazisti fecero un altro massacro “aperto”, a Odessa, uccidendo anche più persone…
Naturalmente, i nazisti cercarono di mantenere anche in Ucraina il “riserbo” tenuto in Germania, e contavano, una volta finita la guerra, che secondo loro avrebbero vinto, di cancellare le tracce e le prove di qualsiasi massacro (vedi quanto si immagina Robert Harris in Fatherland, 1992, un’ucronia in cui i nazisti hanno vinto e sono quindi riusciti a demolire fino all’ultimo mattone anche i campi di Auschwitz, Birkenau, Dachau ecc. ecc.) ma intanto, la gente, a Kiev e dappertutto, seppe…
A Babij Jar (e a Odessa) i tedeschi compresero:
- che sterminare milioni di persone solo con le pallottole sarebbe stato impossibile…
quasi certamente dopo Babij Jar venne concepito l’uso del gas, idea che Rudolf Höß attribuì ad Adolf Eichmann: Vasilij Grossman, in Vita e destino (vedi «La torre»), rappresenta la scena in cui Eichmann prova una delle prime camere a gas; e Stefano Massini, in Eichmann: dove inizia la notte (Milano, Fandango, 2022), immagina una “confessione” di Eichmann in proposito… - che, in ogni caso, migliaia e migliaia di ebrei, a Babij Jar, morirono…
e non morirono di fame o di sparatorie random in un ghetto (e ricordiamo che la famosa liquidazione del ghetto di Varsavia fu ordinata da Himmler solo nel ’43) ma morirono tutti insieme dopo un’ordinanza di semplice polizia affissa sulle mura della Kiev occupata, dopo la quale migliaia di ebrei si lasciarono incolonnare fino al burrone senza una vera “resistenza”, nonostante gli spari avvertiti che facevano certamente presagire la morte a tutti… i soldati armati e il terrore dell’occupazione bastavano a far marciare un intero popolo atterrito verso lo sterminio senza quasi alcuna rimostranza significativa…
è come se un vigile urbano avesse detto: «tutti i castani si facciano trovare in Via Martina 16» e tutti i castani avessero obbedito, e poi tutti i castani fossero stati uccisi da fucilate senza che nessuno dicesse niente…
In questo frangente sono iniziate le storiografie che indicarono nella repressione staliniana dei kulaki e nella collettivizzazione forzata sovietica dell’istituzione dei kolchoz, cose avvenute proprio in Ucraina, grosso modo tra 1929 e 1935, dei precedenti atroci e “pressanti”, adiuvanti l’obbedienza stremata della gente… Stalin faceva fucilare chiunque si opponesse, creando un clima di sconforto e di «resa al fato» del tutto cavalcata dai nazisti per sterminare gli ebrei ucraini già terrorizzati… e il passato staliniano fece trovare ai nazisti diversi collaborazionisti, gente felice di vedere Hitler sbarazzarsi di Stalin con la promessa di una indipendenza dell’Ucraina (un famoso collaborazionista fu Stepan Bandera, anche se ebbe anche lui numerosi contrasti con le SS)… gente che non era affatto sensibile alle libertà ebree (vedi anche L’armata a cavallo di Babel’)…
ma i nazisti ottennero gente che si arrendeva alla sola vista del fucile anche in Italia e in Polonia, segno che tutto il passato di violenza, di tutti i precedenti 20 anni, inclusa la guerra totale, influì dappertutto alla catatonia generale…
e si fa anche presto a parlare: se arriva un tale che col fucile ti spinge verso un burrone a morire voglio vedere chi riesce davvero (e non a chiacchiere) a ribellarsi: i vari Schwarznegger e Stallone nella realtà non esistono… sicché tutto il dibattito storiografico sul «come mai non si ribellarono» mi sembra ogni volta assai inutile… [inutile tirare fuori certi eroi di Eastwood: sono eventi assolutamente non paragonabili]
Dopo Babij Jar e Odessa, che dimostrano quanto uccidere tutti gli ebrei fosse “possibile”, il 20 gennaio 1942, Heydrich e le SS, in un villone sul Großer Wannsee a Berlino (un villone che oggi è museo della memoria), poterono decidere della Soluzione finale del problema ebraico, la Endlösung der Judenfrage, in una conferenza interna alle SS, di cui ci è rimasto il verbale (pare stilato da Eichmann): una Endlösung che poteva ben contare sulle neonate camere a gas e sui forni crematori costruiti in lager appositi, e su tutto il resto… un verbale in cui non si dice letteralmente, certo, che l’ordine della Endlösung der Judenfrage venne direttamente da Hitler, ma si può tranquillamente intuire (vedi Moloch di Sokúrov e la sua comparazione con If…. di Anderson, anche qui)…
Dopo il massacro degli ebrei, Babij Jar è stato usato come base di esecuzione di tutti quanti – dai semplici criminali, ai rom, ai calciatori (alcuni membri della Dynamo Kiev colpevoli di aver battuto i nazisti in una partita amichevole organizzata per sollazzo degli occupanti), ai partigiani, ai conclamati bolscevichi, a chiunque non obbedisse agli ordini del comando nazista di Kiev, a chi semplicemente aveva il naso aquilino – per tutta la durata dell’occupazione nazista, cioè fino al dicembre 1943…
in perfetta ottemperanza degli ordini stilati da Heydrich a Wannsee, gli arrestati a Kiev venivano prima rosolati in un lager (sulla collinetta di Syrets), poi fucilati nel burrone e seppelliti alla buona…
Anatolij Kuznecov [kuznitsóv] aveva 12-13 anni quando arrivarono i nazisti a Kiev e pare che già a 14 volesse scrivere memorie su quel periodo…
dopo il 1945, però, l’URSS ebbe problemi essa stessa con gli ebrei, tra ’47 e ’52, per una fissa di Stalin (paura di una delle tante congiure contro di lui), e i fatti di Babij Jar vennero il più possibile taciuti…
tra ’46 e ’49, comunque, i fatti di Babij Jar vennero fuori ai processi di Norimberga…
tra i testimoni diretti una attricetta locale, Dina Proničeva, che riuscì a strisciare fuori e a nascondersi fingendosi morta, e Vladimir Davydov, collaboratore dei partigiani sovietici, che sopravvisse alla rocambolesca fuga durante la liquidazione del lager di Syrets, proprio un attimo prima che i russi si riprendessero Kiev: fuga che intraprese con altri internati, agli ordini di un ex militare sovietico: dei fuggiaschi se ne salvarono 9, e riuscirono a vivere altri 6 detenuti, su un totale di 330…
ma ancora dopo il ’52, in era Chruščëv, permaneva la voglia di “dimenticare gli orrori”, la stessa che, in Italia, fece trovare pochi editori a Se questo è un uomo di Primo Levi: l’edizione De Silva del ’47 ebbe molte difficoltà a circolare, e l’impressione Einaudi arriva solo nel ’58, ancora con polemiche…
in Italia le polemiche c’erano per la vergogna di essere stati fascisti (un sentimento oggi sconosciuto, purtroppo), nell’URSS di Chruščëv, e, prima, di Stalin, capitava che la propaganda militarista parlasse di eroi che piuttosto che vivere sotto regime nazista avrebbero dovuto morire: sicché i martiri partigiani ok, erano da esaltare, ma la gente normale, anche se vittima del nazismo, era vista con sospetto: perché visse “nazista” e obbedì a ordinanze naziste senza uccidersi? mica collaborarono coi nazisti, come quella merda di Bandera, che dalla Germania Ovest (considerata nazista all’Est, perché, al pari dell’Argentina, dette rifugio anche poco segreto a diversi transfughi nazisti) pontificava dell’indipendenza dell’Ucraina con sanguinosissime azioni terroristiche e di efferato spionaggio anche con la fottuta CIA? [un Bandera che venne ucciso dal KGB a München, nel 1959]
a questi sopravvissuti all’occupazione nazista, per lo meno considerati “molesti”, non si sarebbe mai dovuto regalare spazio mediatico con un dibattito su Babij Jar né sulla Shoah…
Tali polemiche poi in qualche modo si diradarono quando il Mossad riuscì ad arrestare Adolf Eichmann (a Buenos Aires), che venne processato, pubblicamente, nel 1961: le udienze si tennero in un teatro, il Beit Ha’Am di Gerusalemme (oggi Gerard Behar Center), tra aprile e agosto…
il processo a Eichmann riportò a galla tutto: tutti i fatti e tutte le aporie della banalità del male, che Hannah Arendt, cronista del processo, ben ha documentato…
vergogne e tentativi di dimenticare successivi a quel processo non ci furono più: dal 1961 in poi si è finalmente cominciato ad affrontare davvero il problema catastrofico della Shoah, producendo tutto quello che fino ad allora aveva latitato…
Tra ’58 e ’61, Kuznecov aveva provato a concretizzare le sue memorie su Babij Jar e le aveva integrate con le testimonianze dei processi e con racconti che raccolse lui stesso dai testimoni diretti, miracolosamente riusciti a salvarsi… cercò di interrogare anche la propria madre, con lui protagonista del memoriale, ma la donna, in piena era Chruščëv, non voleva per nulla rendere pubblico il proprio passato di “occupata” nazista…
Durante il lavoro, Kuznecov andava spesso a vedere il burrone di Babij Jar che, col tempo, venne incluso nell’agglomerato urbano di Kiev… Kuznecov accompagnava anche gli amici a vedere i luoghi degli orrori, tra cui anche il poeta Evgenij Evtušenko, compagno di università… Evtušenko pubblicò una poesia su Babij Jar nel 1961…
Ma proprio nel 1961, Chruščëv, forse timoroso che i fatti di Babij Jar risvegliassero critiche per la gestione anti-ucraina dell’URSS e per il non cristallino ruolo della NKVD (la precedente incarnazione del KGB) durante l’occupazione nazista di Kiev (l’URSS sopprimeva l’uso della lingua ucraina in ogni modo e l’NKVD non si fece scrupolo di minare e far esplodere molti edifici di Kiev all’arrivo dei nazisti, anche siti archeologici storici, guarda caso quelli più connessi con la medievale Rus’ di Kiev primatista, rispetto a Mosca, sull'”originalità” culturale slava), decise di coprire Babij Jar…
ci costruì una diga, e Babij Jar venne inondato dall’acqua e dal fango…
la diga durò pochi mesi, e nello stesso ’61 crollò: Chruščëv dichiarò 145 vittime, ma oggi si stima che a morire nel crollo siano state più di 1500 persone…
Nel 1962, Dmitrij Šostakovič compose la sua 13esima sinfonia, basata sulla poesia su Babij Jar di Evtušenko e volle eseguirla… Chruščëv si oppose, e minacciò Evgenij Mravinskij, direttore della filarmonica di Leningrado (colui che era riuscito, nel 1942, ad eseguire, in mezzo alle bombe dell’assedio nazista di Leningrado, la sinfonia n. 5 di Šostakovič, vedi n. 28 di Symphonies), di non azzardarsi a dirigerla; Šostakovič, allora, riuscì a convincere Kirill Kondrašin a eseguire la sinfonia a Mosca, con la filarmonica di Mosca, nella sala grande del Conservatorio Čajkovskij…
Era la seconda volta che Šostakovič incappava nella censura, dopo l’opera Lady Macbeth di Mcensk, del ’34, che fu usata da Stalin per formalizzare il realismo socialista musicale, con tanto di minacce a Šostakovič se non si adeguava…
in quel caso, Šostakovič tremò assai, ma contro Chruščëv, evidentemente, il compositore, più “esperto” di quasi 30 anni, fece pesare la sua posizione internazionale di musicista più influente dell’URSS (essendo Prokof’ev morto nel ’53, e con buona pace di Chačaturjan, non così ben voluto all’estero), quello le cui composizioni venivano comprate con sonanti dollari perché venissero eseguite anche in Occidente…
Forte di questi precedenti, capaci di rimettere in agenda il massacro di Babij Jar e la questione della Shoah ebraica, Kuznecov sistemò le sue minute e portò tutto alla rivista Junost’ (Gioventù) di Mosca…
Ma Junost’ censurò il manoscritto, pieno di allusioni proprio al ruolo dell’NKVD, di critiche alla sovietizzazione dell’Ucraina e di desolate constatazioni sui precedenti repressivi staliniani…
censure che minavano il senso complessivo delle frasi!
ma anche senza senso, Junost’ pubblicò tutto, nel 1966…
Nella versione di Junost’, però, il libro di Kuznecov circolò all’estero, con enorme successo…
credo che la prima traduzione italiana, condotta per la Paravia di Torino nel 1970 da Andrea Poggi e Tamara Bajkova, sia stata effettuata sul testo di Junost’…
una circolazione che, dati i nonsense di certe frasi dovute alle censure, portò all’insistenza degli editori esteri per arrivare a una nuova edizione più chiara…
Kuznecov riuscì a scrivere tale nuova edizione per la moscovita Molodaja Gvardija nel 1967, ma anche quella era assai problematica, e impressa con una tiratura limitata…
Capito l’andazzo, Kuznecov cominciò a riscrivere del tutto le sue memorie, basandosi comunque su quanto gli era rimasto dei manoscritti censurati da Junost’:
del manoscritto “integrato” faceva dei microfilm, e sotterrava i quaderni in giardino, consapevole che il KGB perquisiva regolarmente la sua casa in sua assenza… KGB che incendiò anche il suo studio…
Nel 1969, Kuznecov si cucì addosso i microfilm del “nuovo manoscritto” e sotterrò i suoi quaderni, chiusi in un barattolo, in un bosco vicino Tula… poi, approfittando di un permesso turistico per Londra, fuggì dall’URSS…
da Londra contrattò una completa nuova edizione, riscritta sulla base dei microfilm contrabbandati del nuovo manoscritto, con un gruppo editoriale di New York, Posev, che commercializzò il suo lavoro, intitolato proprio Babij Jar (come la poesia di Evtušenko, mentre la sinfonia di Šostakovič non porta, nell’intitolazione della partitura, alcun accenno al burrone), nel 1970… le primissime impressioni escono sotto pseudonimo, A. Anatolii, per non attizzare troppo il KGB…
Con Posev, Kuznecov decide di indicare le parti che furono censurate con speciali virgolette, e di designare le aggiunte del tutto nuove, post 1967, con altre speciali virgolette…
così composto, Posev distribuì il libro in un sacco di traduzioni…
poi Kuznecov muore, nel 1979…
Nel 2011, la Zambon di Milano sembra aver contrattato con Posev la traduzione italiana integrale, che però sembra essere stata condotta con la ancora censurata versione Paravia come base… Zambon, comunque, riesce a distribuire ben poco…
Nel 2019, una completa nuova traduzione italiana, che riproduce esattamente l’edizione Posev del ’70, viene eseguita da Emanuela Guercetti per Adelphi…
ed è questa edizione che viene letta oggi giorno…
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Dopo il 1967, Babij Jar, dopo il crollo della diga, è stato sventrato dai bulldozer, e Brežnev, seguendo l’idea di Chruščëv, pensò di farci anche uno stadio…
poi, invece, si cominciò a pensare di metterci una lapide commemorativa… ma la cosa fu osteggiata in URSS: perché celebrare un massacro di ebrei fatto dai nazisti quando c’erano già tanti monumenti alle vere vittime russe?
qualcosa fu messo, con la scusa che anche tante vittime di Babij Jar furono russe…
ma anche questo qualcosa fu osteggiato, poiché le vittime erano non proprio “russe”, ma ucraine: e mica si sarebbe voluto alimentare l’indipendenza ucraina?
per cui basta: ci si costruirono le case, palazzoni in perfetto stile sovietico…
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Nel 1991, il neonato stato Ucraino sistemò un centro memoriale là dove stava Babij Jar…
Ma nel 2022, Putin ha invaso l’Ucraina e ha di nuovo devastato Babij Jar…
e oggi pare che Zelens’kyj, in piena guerra russo-ucraina, abbia proibito la circolazione del libro di Kuznecov… troppo oggettivo nel descrivere i collaborazionisti ucraini…
e poi troppo nichilista: alla fine, Kuznecov fa perdere tutti, tutta l’umanità, anche gli ucraini… e gli ucraini, oggi, hanno bisogno di sentirsi nel giusto…
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Per Kuznecov, Babij Jar è uno stato dell’anima, l’emblema del fallimento dell’uomo, ripetibile ovunque, in ogni modo e secolo…
e la sua rendicontazione dell’occupazione nazista di Kiev è certosina e rigorosa, senza sdilinquimenti letterari…
non è Vasilij Grossman, che in Vita e destino strizza l’occhio a Tolstój… è più dalle parti del Rogo di Berlino di Helga Schneider…
è una cronaca, dettagliata anche di documenti ufficiali…
alcune metafore e descrizioni “sentite” ci sono, ok, ma su tutto prevale la documentazione, e difatti il complemento del titolo “ufficiale” è «Romanzo-documento»…
si capisce bene come si viveva sotto l’occupazione nazista, come si mangiava, che problemi furono ereditati dalla gestione stalinista, quali si originarono dalla questione indipendentista ucraina, si capisce che la liberazione è lunga e difficile e che, nel frattempo, c’è da stare costantemente sotto le bombe…
assai disperate le scene di liquidazione del lager di Syrets, in cui agisce un vero professionista della morte, chiamato Topajde (così appellato ai processi di Norimberga dai testimoni, ma ancora oggi non identificato: Kuznecov ritiene che nel 1970 potesse essere ancora vivo), che non ha alcun problema a organizzare i roghi degli uccisi, a sparare a tutti, a dirigere le fucilazioni, a sovrintendere alla ulteriore perquisizione delle salme in cerca di denti d’oro e robe così…
È quindi un libro molto scioccante e insieme istruttivo come deterrente per chiunque pensi che la guerra sia qualcosa di praticabile o divertente…
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Ma a scioccare di più è l’idea di Kuznecov di livellare nella medesima responsabilità stalinisti, nazisti e sovietici…
pur ammettendo la totale assenza di vere ragioni razziali nelle razzìe di Stalin, Kuznecov vede nella repressione nazista la stessa furia della repressione stalinista… e vede nell’irrazionalità chruščëviana la stessa follia dell’azione nazista…
Grossman, per esempio, pur suggerendo un’unione superficiale di intenti tra Hitler e Stalin, dedica interi capitoli a distinguere l’idea del comunismo da quella del nazismo…
Kuznecov, invece, accomuna tutti, tutti i “dittatori” e tutti i “regimi”, tutti gli -ismi, tout court, nella medesima melma… come se la dittatura fosse una punizione soprannaturale, metafisica, che l’umanità deve scontare…
e infatti sono tante le allusioni, nell’introduzione stilata a Londra nel ’70, al pensiero metafisico di Aleksandr Solženicyn… anche se Kuznecov non arriva agli estremismi cristologici di Solženicyn, preferendogli un vero e desolato nichilismo ateo…
un nichilismo che si augura la pace per l’umanità, alla fine, ma ci crede poco…
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È una lettura difficile e deprimente, ma è una delle letture più istruttive che abbia mai fatto
e nel suo sgradevolissimo regesto degli orrori possibili, e nella continua constatazione che potrebbero, in futuro, essercene perfino di peggio, potrebbe essere, forse, una medicina colossale contro qualsiasi apologeta della guerra…
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I fatti di Babij Jar sono narrati anche in quella schifezza che è Le benevole di Jonathan Littell
ma non potevano provare a correre via? dopotutto una fucilata in testa credo sia meglio di sfracellarsi su un versante…
cose orribili, orribili
Raccapricciante
Sono senza parole, come ogni volta in cui si parla di questo tipo di avvenimenti; non conoscevo il massacro di Babij Jar, probabilmente perché nella nostra storiografia per come viene insegnata, che comunque non considera moltissimo l’Europa orientale, è messo in ombra proprio dalla Soluzione Finale e dal massacro dei Lager, che ha coinvolto direttamente anche noi. Il fatto poi che la memoria di quelle che sono obiettivamente delle vittime innocenti debba dipendere da convenienze politiche per me trascende qualsiasi logica; probabilmente è anche per questo che non sono un politico e non lo potrei mai diventare.
Grazie per avermi insegnato qualcosa anche oggi! Da un lato, forse, ne avrei fatto a meno, dall’altro è sicuramente fondamentale conoscere queste cose e sono contento di saperne un po’ di più.
Io sono stato con un magone lacrimoso per tutta la durata della lettura… e pensare che tali orrori continuano a succedere sconforta…
Deve essere un bel mattone, ma libri così è bene che circolino, anche se pare che nonostante sappiamo di quali orrori siamo capaci continuiamo a crearne di nuovi ogni giorno…
Letto… davvero scioccante.