The Northman

Parlo fin troppo spesso dell’Eneide

Enea agisce per un *destino* che non comprende per nulla (tanto che ha bisogno di continue conferme per “rettificarlo”), ma che gli si pone davanti ogni volta, ossessivamente, soprattutto quando Enea sembra discostarsene (vedi Didone)…

Il *destino* è finalizzato a creare una civiltà, Roma, che si suppone essere tanto meglio delle civiltà precedenti…
Virgilio però, nell’episodio degli inferi, ci dice che quella “civiltà migliore” non durerà comunque un cacchio, nonostante tutto il *destino* lavori apposta per edificarla, poiché l’erede al trono di Augusto, il numero uno della civiltà romana (e colui che pagava Virgilio per scrivere l’Eneide), non sopravviverà, perciò si intende che la “civiltà migliore” morirà con Augusto, e pertanto sarà un qualcosa di inutilmente effimero, fatuo, evanescente, un qualcosa che non c’è, una idea che però non serve a niente…
Possibile che il *destino* smuova mari, monti e amori (i.e. Didone) per una idea impalpabile…?

Non solo: ancora nell’episodio degli inferi, Virgilio fa uscire Enea dall’averno dalla porta dove escono i sogni… Enea è quindi un sogno che Augusto e Virgilio si immaginano…

Ma Enea “picchia”: il *destino* lo porta a fondare la civiltà nuova e migliore in un posto dove qualcuno che regna c’è già, ed Enea arriva quindi per invadere e conquistare…

Ed Enea non conquista con le buone e con la “correttezza”, perché la “correttezza” in guerra non c’è [Enea fa perfino sacrifici umani per ingraziarsi la vittoria]…
Enea ha la meglio, in duello, col re nemico, Turno: ha vinto: potrebbe essere “corretto” e fare Turno prigioniero, farne un “vassallo” o uno “schiavo”, e quindi farlo vivere a monito dei “conquistati”: un motivo non certo lodevole, ma almeno adatto a lasciare a Turno la vita, cioè una vita risparmiata dopo che tante ne ha prese la guerra…

Invece Enea, nonostante la vittoria del duello, decide di uccidere Turno lo stesso…
e lo uccide per bieche ragioni personali…
per vendetta misera e meschina…
perché vede addosso a Turno il ninnolo di un soldato da lui ucciso, amico di Enea: Enea preferisce vendicarsi dell’amico, così, per “edonismo della vendetta”, invece che lasciare Turno vivo per “giustizia”…

La civiltà nuova, Roma, così tanto voluta dal *destino*, non solo tracima vite e amori, non solo è un sogno, ma si impone anche con una vendetta bieca e minimamente personalistica (con zero *destino* universale)…

Il finale dell’Eneide è anche affidato alla riflessione della sorella di Turno, Giuturna, che commenta di come gli dèi le hanno concesso l’immortalità, ma nel contempo le hanno ammazzato il fratello per *destino*: a cosa servirà, quindi, la sua immortalità? soltanto a piangere un fratello… sarà un eterno dolore…

Virgilio racconta tutto questo forse per “insozzare” quello che Augusto voleva come poema nazionale romano, come celebrazione: Virgilio rovescia la celebrazione smascherandola come crogiolo di strazio, morte e sofferenza…

aveva un senso…

ed era il 19 a.C., cioè diversi anni fa… quasi 2050 anni fa…

e Virgilio si basava su Omero, che è stato fissato intorno al 750 a.C., cioè quasi 3000 anni fa…

tanti anni…

Ma nonostante i 3000 anni passati, Robert Eggers, osannato da tutti come uno dei migliori registi viventi, decide di raccontare di nuovo una Eneide, oggi, nel 2022…

Sì, vabbé, diranno «ma non è Eneide, è Saxo Grammaticus, sono i Vichinghi, è una cosa diversa…»

beh…

no…

perché l’epica è quella

Eggers (con Skarsgård, colui che ha contribuito a produrre il tutto, ottenendo anche giusti rifiuti dalla Warner Bros., che ogni tanto una cosa buona la fa: ha già tutto un magazzino di fiabe guerresche, e ne produce in continuazione, come mai mettersi a spendere tanto denaro in una sbracata violenta sui vichinghi?) avrebbe degli argomenti cinematografici non idioti:

  • insiste sugli occhi e sullo sguardo: l’omicidio di Hawke è visto dal bimbo, e Eggers «inquadra il suo vedere»; il finale è affidato agli occhi di Skarsgård; Björk è una pizia senza occhi (come tutte le pizie); il teschio di Dafoe ha gli occhi artificiali a esprimere la visione soprannaturale del medium [cose anche troppo risapute]
  • fa un sacco di primi piani frontali dei personaggi che guardano, quasi in macchina: tra Kubrick e Klímov
  • la sua macchina da presa [non capisco perché chiamarla «telecamera», come ormai leggo anche sui giornali: al massimo cinepresa, o camera, in prestito dall’inglese {con la scusa che oggi c’è il digitale}! ai miei tempi, a un esame di cinema, potevi anche dire tutto giusto, ma se ti scappava “telecamera”, specie in un elaborato scritto, ti buttavano fuori senza remore e pentimenti, e andavi all’appello successivo, e non era facile] non fa differenza tra visioni e diegesi, che appaiono consustanziali in long takes molto fluidi e carini (e.g. i sogni di droga psicotropa di Dafoe, visti in un long take circolare verticale; l’uccisione del guardiano della spada [il fin troppo ritrito guardiano della soglia di Joseph Campbell e Chris Vogel], che è sogno, ma si rivela sogno con un movimento laterale, da da destra a sinistra, senza stacchi)…
  • il suo sguardo di ripresa è fatto di long take lenti, quasi “paciosi”, che con passo comodo scorrono sull’azione iperbolicamente violentissima (tanto da rasentare perfino la parodia), come se la macchina stesse lì, onnisciente, solamente a guardare… difatti NON è una macchina indifferente, davanti alla quale le cose accadono per caso (come è la insopportabile macchina di Cuarón in Roma), è una macchina quasi curiosa, che si avvicina alla violenza, e che indulge spesso in configurazioni smaccatamente narrative, con trucchetti anche scontati (tipo quello di avvicinarsi al buio delle porte aperte per fare tensione, oppure quello di fermarsi davanti al suggerimento dello strazio violento invece che inquadrare lo strazio violento direttamente [e.g. fermarsi davanti alla baita ucraina che va a fuoco coi bimbi dentro: la macchina non si avvicina, sta lì ferma, con immagine fissa sulla baita sempre più in fiamme, lasciandosi inondare dagli effetti sonori della musica numinosa e delle urla: espedienti vecchi come il cucco], o, soprattutto, quello di scegliere di fermarsi proprio là dove è necessario durante l’azione, giusto giusto per inquadrare quel fatto importante): è una macchina che quindi si palesa quasi sfacciatamente come narratore presentissimo ed evidentissimo!
  • il sale della storia di vendetta si origina da una visione che è interpretata male: Skarsgård bambino interpreta come urla quelle che sono risate della Kidman… e tutta la vicenda è fatta da una storia che si crede in un modo (Hawke santificato vs Bang demonizzato) mentre invece è in un altro…

…ma ha a che fare con un’epica vecchia di 3000 anni, e con un’iconografia dei vichinghi che è talmente ritrita da risultare quasi sconfortante:

  • le scene illuminate solo dal fuoco sono estenuanti, e sono tutte uguali a tutti i film fatti sui vichinghi o anche solo ambientati alla lontana nel “medioevo” (termine che, si sa, non vuol dire nulla)…
  • gli espedienti violenti, dicevo, sono quasi ridicoli: i sacrifici umani occorrono in qualsiasi frangente, tanto che potrebbe davvero morire chiunque in qualsiasi momento…
  • Games of Thrones e George R. R. Martin (cose che io non ho mai visto né letto, badiamo bene) impongono a tutto un tono da Dark Ages logoro, vieto, prevedibile, e alla lunga smortissimo…
  • il far vedere i vichinghi come professionisti body builders oramai non fa più ridere…
  • l’insistere sulla identità tra uomo e bestia (la gente ringhia, abbaia, si dà nomi derivati dagli animali, e simboleggia le proprie ossessioni in corvi e volpi: vedi la antropopoiesi in L’ottava vibrazione) è così ripetuto da diventare pletorico, snervante, ridondante, assolutamente spaccapalle!
  • Eggers e Jarin Blaschke (e tutti gli altri: Craig Lathrop alle scenografie e Linda Muir ai costumi) costruiscono così lussuosamente (e ostentatamente) l’immagine da risultare però quasi finti, quasi photoshop da immagine di copertina di Facebook (soprattutto le immagini delle montagne, incandescenti alle pendici e cariche di nuvole lampeggianti in alto, sembrano poster degni della cameretta di un teenager anni ’90: un qualcosa di un caricato davvero esagerato!)…
  • tutti si sono lamentati dei cani CGI di Cruella, mentre le volpi islandesi fatte col computer esibite in maniera quasi vergognosa da Eggers mi sembra che non destino le rimostranze di nessuno: mi domando perché…

…e a livello di vicenda si rasenta davvero il disastro, nel contenitore dell’epica di 3000 anni fa mancano:

  • le riflessioni negative sulla violenza, che, anzi, Skarsgård è proprio felice di agire: Skarsgård è proprio contento di subire il proprio destino di dolore: non ha mai né dubbi né problemi a lasciare orfani e vittime: non è come Enea che, almeno, va all’inferno per capirci qualcosa…
  • nessuno sembra dire qualcosa sulla inutilità della strage, come fa Giuturna…
  • l’ambientare tutto dopo l’800 d.C. è troppo tardi: tutto l’ambaradan di Dark Ages, in un mondo già ampiamente cristianizzato (in una battuta, un tale sembra parlare dei cristiani come se fossero cose fuori dal mondo: boja: nell’800 l’Europa tutta già traboccava di monasteri!) è quasi fuori posto…
  • che la vicenda parta da una storia capita male, quella di Hawke santo vs Bang merda, si dice in una battuta, ma Eggers non sfrutta la cosa PER NULLA a livello di immagini…
    in tutto l’allestimento di occhi, long takes, e consustanzialità tra sogno e diegesi, Eggers IGNORA l’istanza di cinema della sua stessa sceneggiatura… e quindi fallisce, in maniera sesquipedale…
    tanto hanno sparato a zero sugli ultimi due Guerre stellari, che però quell’istanza di cinema ce l’avevano eccome (eccoli qui e qua), invece Eggers lo adorano tutti, anche se non ha un’anticchia di cinema nel suo lavoro: ha solo photoshop e violenza senza senso…
  • il personaggio della componente femminile, nelle battute, promette astuzie e visioni del mondo di nuova unione tra uomo e natura, capace di andare al di là dell’identità tra uomo e bestia ribadito ogni secondo: ma quelle astuzie non si vedono granché, se non per nulla… a parte mettere i funghi allucinogeni nella zuppa, Anya Taylor-Joy sembra soltanto essere mamma: mah…
  • l’innunedo di un protagonista folle, che agisce perché le cose se le immagina, e preferisce andare dietro ai suoi sogni di ammazzamenti e morti, invece di fare qualcos’altro, per un paradiso ugualmente sognato (il Valhalla rimane naturalmente, e per fortuna, nei vaneggiamenti di un demente), è un innuendo striminzito per reggere una intera vicenda di 2h e 20′ in cui la gente non fa altro che ammazzarsi, soprattutto nel 2022: non solo con l’Ucraina, ma anche con tutto quello che s’era visto anche prima dell’Ucraina…
  • tutti i sogni e le premonizioni, tutti i miti e gli animismi animaleschi di antropopoiesi presentati, non sfociano in nulla, rimangono nella superficie del raccontato senza andare PER NIENTE nell’inconscio…
    tante idee visive (e tramesche) vengono da Boorman, da roba come Excalibur, o da tanti fantasy e swords and sorcerers anni ’80 (Eggers ha dichiarato, ovviamente, di essersi ispirato a Milius e a Conan: e grazie, non c’era bisogno di dichiararlo tanto è palese la fonte) [i fantasy anni ’80 ispirativi, per altro, erano già rielaborazioni di tanti western]… ma quelle erano cose inconsce, erano cose che parlavano di mente, erano metafore di Es, Io e Superio (anche Arthur e Mordred di Excalibur, anch’essi “padre” e “figlio maledetto”, muoiono insieme, ma per metafora: sono Es e Superio che generano un Io nuovo, che è Perceval capace di abbandonare la spada, il ninnolo, al futuro, e di ammirare la mente pacificata, finalmente libera dalle costrizioni e dai costrutti, e cioè Arthur scortato nelle candide barche; anche i vecchi Hannassey e Terrill nel Big Country morivano insieme a Blanco Canyon, ma per la pace, e in campo lungo, in metafora della Guerra Fredda!): Eggers si vede che vuole essere Storico: che vuole essere fatto e non mito (Skarsgård e Bang muoiono insieme e basta, per puro fanatismo: che schifo)… ma facendo così, Eggers rende prive di senso le tante scene di immaginazioni e sogni, e rende quindi inutile la sua pur buona idea di fare sogni e diegesi consustanziali nei long take… cosa li fai a fare i long take che “uniscono” sogno e vicenda se poi questa unione non esiste a livello di trama, anzi, questa unione è CONTRADDETTA a livello di trama!? [Skarsgård ha, a volte, certe pretese di “ordinamento violento” alla Clint Eastwood metafisico: a un certo punto, ammazza tutti e ammonisce di tornare ad ammazzare tutti come Bill Munny in Unforgiven, ma Munny aveva anche detto che la morte ce la meritiamo tutti, «We all have it coming», senza sensazionalismi né inutili Valhalla sognati]

Eggers cade con tutte le scarpe nei problemi dell’adattamento fondamentalista che abbiamo visto in Dune e in West Side Story: prende cose di 3000 anni fa e le copia e incolla, badando più a photoshop che al cinema, nel 2022, ottenendo un qualcosa di incomprensibile che sembra proporre come “possibile”, o perfino “eroica”, la vicenda di un pazzo che ammazza andando dietro ai sogni… la vicenda di un pazzo che preferisce autoingannarsi invece che essere felice: un cretino a metà tra un tossicodipendente e un allucinato dalla schizofrenia…
e questo deficiente, da Eggers e Skarsgård è sublimato in eroismo…

boh…

a me ha fatto l’effetto di Cardillac di Hindemith…

almeno Gogol’ lo dice che Taras Bul’ba (roba, per altro, anch’essa ambientata in Ucraina e con protagonista un tale che preferisce ammazzare il suo stesso figlio invece che accettare una “pace”) è assurdo e inutile

Virgilio lo dice che tutto è dolore…

Eggers e Skarsgård no: loro sono quasi contenti che tutto sia dolore, perché, seppur nel dolore, possono crogiolarsi nell’individualismo dei «cazzi loro»…
cioè:
nella profezia di scegliere tra l’amore dei propri cari e l’odio verso i nemici, Skarsgård NON SCEGLIE: afferma di «scegliere entrambi»…
ovvero sceglie di «farsi i cazzi propri», di «obbedire alle sue follie»…
e per questo andrebbe eroicizzato?

Almeno, nel 2022, poniamo un qualcosa che metta tutto questo in discussione…
o che metaforizzi quell’individualismo spregevole in metafora psicanalitica o rappresentativa…

no…

non ci si mette niente…

si fa solo morti e photoshop…

bella merda…

L’ho visto doppiato, da Alessandro Rossi, e ho trovato il doppiaggio fantasticamente bello…

Angelo Maggi è drammaticissimo su Bang;
Chiara Colizzi è tragicissima su Kidman;
Gianfranco Miranda è molto bravo su Skarsgård (anche nei suoi grugniti);
Mario Cordova è stupendo su Dafoe [io però avrei giurato fosse Luca Ward];
Letizia Ciampa è quasi da Oscar nei sottovoce sospirati pieni di accenti di Taylor-Joy, proprio da quadruple medaglie per il doppiaggio top!

vedi anche Sam Simon

e il Papiro, n. 22

14 risposte a "The Northman"

Add yours

  1. Io non sono ben riuscito a capire se mi sia piaciuto o no. Un po’ perché ormai al cinema vedo solo le baracconate Marvel, un po’ perché mi faccio andare bene tutto, credo. Intrattenimento che passa decentemente nonostante la durata, ma in effetti con materiale trito. D’altra parte, anche l’innovazione e la novità a tutti i costi non sono sempre positive, una storia classica va bene per staccare un po’. E se davvero ormai la maggior parte degli spettatori va al cinema solo per i supereroi, alla fine questa storia nordica di vendetta, se per sbaglio la vedono, può sembrargli anche qualcosa di diverso dal solito.
    Poi ha i suoi difetti, non lo nego. A mio avviso, calca un po’ troppo la mano sulla ferinità dei vichinghi/popoli del Nord (che invero non sono la stessa cosa, come in certe saghe ci tenevano a sottolineare). Tutta quella vanteria sull’essere come bestie… Mah. Sul cristianesimo non so, forse in Scandinavia era ancora una fase di transizione: Olaf II di Norvegia impose il cristianesimo come religione di Stato e incontrò difficoltà, ed era dopo il 1000. Idem in Islanda.
    Boh. Si lascia vedere, ma se ne faceva anche a meno. Come di quasi tutto.

    1. Mah, boh, io ci ho visto solo individualismo folle e guerroso… come in Tenet, per altro. Per cui anche la diversità con altri film non l’ho vissuta… ma davvero ho molta perplessità…
      E per me la mancanza di sguardi inconsci di cinema è stata atroce…

  2. alla fine sono andato a vederlo perke The Lost City non veniva più proiettato quel giorno (ha una distribuzione piccina almeno da me)
    carino ma secondo me la narrazione poteva essere gestita meglio, anche se molte critiche che hai fatto non le ho notate o non mi hanno pesato (le volpi non ho notato fossero finte xD)

    invece mi ha fatto ridere che Olga dica che la sua intelligenza spezzerà le menti dei nemici ma poi tutte le decisioni e le strategie le prende lui, lei diventando solo la figa di turno e al massimo l’avvelenatrice

    1. Sì, Olga che alla fine è solo mamma, e la donna-angelo salvatrice (cioè l’angelo del focolare), nonostante le chiacchiere fa sbellicare…
      A me, oltre alle volpi, anche loro fonte di risate, tutto m’è sembrato fintissimo… e io amo il finto quando ha uno scopo di critica della rappresentazione: una critica che qui non m’è sembrata proprio esserci…

  3. Non so perché ma non mi era arrivata la notifica del tuo link (per cui ti ringrazio!), e ora ti ho linkato pure io!

    Devo dire di essere più d’accordo con te che con le recensioni entusiaste, ero entrato al cine con grandi speranze ma la visione me le ha un po’ sopite. E concordo sul fatto che vedere morti e massacri in Ucraina nel film proprio mentre ci sono morti e massacri in Ucraina nel mondo reale mi ha veramente fatto effetto… povero Eggers, la guerra non poteva prevederla, però ecco… anche no.

      1. Io durante la visione ero affascinato dalla parte visiva, ma dopo 5 minuti, appena si scopre il nome di Amleth, già mi ero un po’ scoglionato. Al vedere poi che la storia non aveva niente da dire oltre quello che già sapevo, e lo diceva in quel modo… Ecco, non sono uscito dal cine entusiasta. I personaggi femminili in particolare li ho trovato del tutto sprecati. Eggers ha evidentemente curato tanto i particolari storici, ma per me si è dimenticato di comunicare qualcosa di interessante (assumendo che avesse qualcosa da comunicare, al di fuori della ricostruzione storica mescolata come sempre fa con elementi mitologici)…

      2. A me ha rotto anche la parte visiva, figurati…
        Sì, la logica dei long takes che passano disinvolti, senza stacchi, tra sogno e realtà m’è piaciuta… ma l’iconografia del fuoco e delle montagne m’è sembrata posticcia…
        E io ‘ste storie di glorificazione masturbatoria del sé e delle proprie immaginazioni (i.e. il fondamentalismo fanatista dei propri sogni) portata avanti a costo della rovina di tutti non le ho mai rette: che siano di Eggers, di Tarantino, di Peckinpah, di Refn, di von Trier o di chissà chi, finanche di Molière (che almeno, nel Misantrpo, sa cos’è per lo meno la misura: Eggers non lo sa)

      3. Eh sì, ricordo cosa ne pensavi dei vari supereroi le cui storie alla fine per lo più portano avanti questa visione del mondo, infatti trovo il tuo pensiero molto coerente! Io lo sono meno, di sicuro, perché alcune volte storie così mi piacciono di più, altre meno, ma questa (complice anche l’attuale momento storico) davvero mi ha convinto poco.

  4. Questo film l’ho apprezzato molto di più alla seconda visione. Alla prima mi era piaciuta ma con qualche rimostranza mentre nella seconda mi ha colpito di più. Adoro la regia di Eggers, mi piace come riesce a muoversi con calma e a creare una messa in scena davvero complessa e inoltre apprezzo il modo con cui ha raccontato questa storia. Il problema di oggi è che le persone non riescono a capire che certe storie antiche hanno un altro tipo di pensiero. Per esempio, se qualcuno leggesse l’Iliade potrebbe storcere il naso su certi eventi, come il fatto che a pagare per le colpe di Agamennone siano i suoi uomini o altri elementi tipo il modo con cui trattano Briseide. Sono tutti elementi che fanno parte di un altra epoca ma comunque continuiamo a leggere queste opere perché fondamentali. Eggers ha voluto trasporre abbastanza fedelmente questo tipo di pensiero, raccontando una storia epica antica e cercando anche di far conoscere al grande pubblico come funzionavano certe cose nell’antichità. Infatti al cinema molte persone erano confuse da certi comportamenti dei protagonisti, proprio perché si basavano sulla cultura dei tempo. Forse ci siamo troppo abituati a vedere storie di oltre 1000 anni fa ma con persone con la nostra mentalità. E riguardo all’epica, alla fine tutt’oggi ci basiamo sull’epica antica anche se con il passare del tempo tende a modificarsi, ma il passato di ha dato un enorme lascito da cui non riusciamo a staccarci.
    E il destino in questo film è visto in maniera terrificante, la predestinazione non è qualcosa di positivo, ma una vera condanna e penso che anche il protagonista se ne sia reso conto alla fine. Riguardo al finale, si basa comunque su delle credenze nordiche, sulla loro cultura e sulla loro religione. Per loro morire combattendo era un grande onore e il modo per raggiungere il Valhalla. Però alla fine tutto questo sangue e orrore si sarebbe potuto evitare, se solo Amlet si fosse fermato prima.

    1. Io non riesco a capire…
      Il passato dovrebbe aiutare, e difatti come dici tu, torniamo sempre a quel passato, ma appunto, con film come questo, ci torniamo conservando anche la mentalità del passato: per me questo è un fallimento.
      Fare un film sulla Chanson de Roland, vantandosi di aver mantenuto la mentalità del 1100, aiuta a capire il passato, così da non ripetere gli errori, o glorifica il passato, e ce lo fa tragicamente imitare?
      Perché pensare come nel 1100 è un bene? Noi si studia il 1100 per pensare come il 1100 o lo si studia per comprendere errori da non fare nel presente e nel futuro?
      Northman non mi sembra rifletta su tutto questo: sembra rievochi senza capire… imita l’800… ed è un bene?

      Quello che dici sull’Iliade è giusto, e difatti Iliade si legge su testi commentati: se la si legge senza commento la travisiamo, perché la imitiamo invece di comprendere i numerosi intarsi critici verso la guerra che Omero possiede…
      Northman è l’Eneide senza il pianto di Giuturna, è Iliade senza Andromaca…
      È la società vichinga dell’800 proposta senza critica…
      Potrebbe essere storicismo, e non voglio fare il processo alle intenzioni, ma io non ci vedo storicismo, ci vedo fondamentalismo… l’andare a un testo complesso senza esegesi… atteggiamento che finisce col farti quasi fare copia e incolla di quel testo dal passato al presente senza mediazione: e potemmo davvero comportarci come nell’800?
      In Northman ci vedo una cosa che non ci fa comprendere il passato, ce lo piazza solo davanti ben scenografato…
      E questa non è Storia, è rievocazione che, siccome non comporta comprensione, produce gente che dice “i Vichinghi facevano così e facevano bene’…
      Per me, con cattiveria, sono prodotti a causa dei quali la Storia ha cattivi studenti…

      Poiché la Storia la si capisce se la si considera parte del presente, e non appartenente al passato: Northman evoca il passato e rimane passato, poiché il semplice dirci “i vichinghi facevano così” senza condanne, facendo anche morire contento il vichingo più cretino e deista di tutti, non so se è un qualcosa che il passato lo fa capire; sembra una cosa che il passato addirittura lo glorifica… e il glorificare il passato non è Storia…

      In tutta l’epica c’è la scena in cui l’eroe capisce di essere al confine con l’imbecillità, e c’è sempre la scena in cui l’eroe piange di dover essere eroe invece che persona normale: questa scena non è pervenuta in Northman… cosa che lo toglie dell’epica, e lo mette nella sbrodolata violenta del 2020, non dell’800: fallendo anche nel supposto storicismo…

      La democrazia di Atene era una splendida democrazia, ma si basava sullo schiavismo… Se si facesse oggi come ad Atene che si fa? si prende il meglio o tutto il pacchetto, compresi gli schiavi?
      E un film su Atene fatto oggi lo si fa certamente con gli schiavi, ma di quegli schiavi si dà conto o siccome allora erano normali nel film si trattano come normali?
      E che segno si dà alla rievocazione?
      Parlare dell’Atene antica ha un senso oggi o è solo dispositiva di come è stato?
      Che rapporto si ha col passato?
      Serve al presente o è solo ninnolo da diorama?
      Si può parlare di Atene per scindere democrazia da schiavismo?, oppure, se si vuole fare il film rievocatore fondamentalista (che va al testo della democrazia di Atene senza esegesi), si deve per forza far vedere che gli schiavi erano necessari? Perché puoi far vedere che gli schiavi erano necessari, ma senza dare un segno (una esegesi) a quella visione non si rischia di mostrare qualcosa che poi farà dire a qualcuno “facciamo come ad Atene e rinneschiamo lo schiavismo!”? E costui ‘sta cosa la dirà oggi, non nell’Atene antica…

      Sono riflessioni che Northman mi sembra non faccia affatto…

      1. Io penso che tu stia andando ad analizzare troppo a fondo la questione. Il film voleva solo mostrare la società di un tempo e il suo misticismo e a mio avviso l’ha fatto bene. E dubito che qualcuno sia uscito in sala dicendo che quello che ha visto era bellissimo, anzi penso che siano contenti della società odierna piuttosto che una società dura e crudele come quella antica nordica. L’eroe a mio avviso capisce che poteva avere una vita migliore, ma lo capisce troppo tardi ormai la sua vendetta è andata oltre e il sangue chiama altro sangue. La scena in cui torna indietro lasciando sulla nave il personaggio di Anya Taylor-Joy lo dimostra, ormai ha superato il punto di non ritorno e torna indietro non per compiere la propria vendetta ma per salvare la sua amata e i suoi futuri figli. Io credo che avesse solo voluto mostrare un mondo antico così com’era, un’opera storica. Poi tu hai visto anche altro e non ti è piaciuto e lo rispetto profondamente.

    2. Tra l’altro Skarsgård sceglie scientemente di non fermarsi, e sceglie la violenza…
      Senza alcuna scena di rimorso, di pianto o di follia…
      E buttando all’aria tutta la messa in scena di rapporto tra visione e immaginazione imbastito, con orrendo virtuosismo, fino ad allora…
      Anche questo è un bel fallimento…

      Faceva meglio a dire che tutto il film era la storia che Taylor-Joy raccontava ai bimbi, o a far spuntare Björk nel duello finale: qualsiasi indizio di “obliquità” che stesse d’accordo con il girato, che con quel finale viene completamente contraddetto (perché dire che sogno e visione sono consustanziali se usi questo elemento solo come pallida evocazione fondamentalista di un credente invece di suggerire una natura diegetica come l’elemento implicherebbe?)

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