Negli anni scorsi mi sono trovato ad ascoltare di sfuggita, tra radio, tv e video vari, canzoni dei festival del passato… e mi scoprivo a dire «senti che carina questa canzone»… poi vado a vedere i post relativi, e scopro che quelle canzoni così “carine” le avevo tragicamente stroncate!
Sicché farò un post trucidamente buono!
Non mi sono piaciute le cover di Yuman (My way: l’ha impallosita), di Your song (Matteo Romano con Malika Ayane: annacquata), di Ranieri (roba di Pino Daniele), Rkomi (di Vasco) e Fabrizio Moro (Uomini soli dei Pooh)… le altre sono state tutte molto dignitose, e il mio gusto l’hanno incontrato Iva Zanicchi (Canzone di Backy & Detto Mariano), La rappresentante di lista (Be my baby di Phil Spector) e Dargen D’Amico (La bambola di Patty Pravo)… molto felice di vedere Grignani sempre macchietta del briacone!
Ornella Muti non l’ho vista. Il monologo di Lorena Cesarini l’ho trovato adeguato. Fiorello e Zalone li ho evitati. Drusilla Foer mi ha fatto ridere soprattutto quando ha fatto Zorro. Maria Chiara Giannetta l’ho adorata. Ferilli simpatica. Mi è piaciuto il Fantasanremo. Stefano Vicario ha replicato bene le idee dell’anno scorso, con una fantastica aggiunta: una favolosa gestione delle riprese “aeree” tra dolly e probabili droni, sistemati in sinergia con le steadicam in modo davvero efficace!…
Ho scritto questo articolo con la mente sfranta dai lavori nuovi, dai viaggi in treno, e dalla mancanza di sonno derivante da riunioni Zoom aziendali che finiscono a 00.45 e da Sanremo che ugualmente finisce alle 02.00… sicché è scritto a livello ubriaco, con impressioni superrandom scandite dai puntini di sospensione che designano tutti i miei “ehhhhh” che pronuncerei dal vivo se questo pezzo lo parlassi invece di averlo “scritto”…
Eventuali refusi o grafie sbagliate o informazioni errate verranno corrette con edit successivamente…
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GLI SCAPPATI DI CASA
Sangiovanni (Carmelo Patti): è come Madame l’anno scorso… è bambinesca e infantile, però non scorre male… magari non entra in testa, ma ascoltata di sfuggita non sfugge poi così tanto: fa una figura da canzone dance alla Moroder, in salsa de noantri, come un dj dei poveri in una discotechetta: ma le cose da discotechetta rimangono in qualche modo nel cuore… però, nel marasma, sta nelle anonime…
Rkomi (Luca Faraone): sì, orecchiabile… la musica funziona bene… balli, ti diverti… sì… va tutto bene… però a me non ha detto niente…
Ana Mena (Enrico Melozzi): non so spiegarmene la presenza… è una paccottiglia latinomericana che tanti, giustamente, hanno sentito ibridata col liscio di Casadei… ma mentre la ascolti mica stai male, intendiamoci… anzi… lei è carina, estremamente precisa, e per ballicchiare d’estate va più che bene…
Yuman (Valeriano Chiaravalle): è della foggia dei vari Mario Venuti, Mario Biondi, questa gente qui: questi vocioni che cantano canzoni suadenti, da seduzione sui divani… melodie e voci vellutate, avvolgenti, calde, morbide… c’è a chi piace… a me personalmente è sembrato che contribuisse tanto al sonno, però…
Matteo Romano (Valeriano Chiaravalle): sembra un po’ quella di Federica Carta con Shade di alcuni anni fa… è una melodia che rimane, certo… lo jodel è accattivante, guarda ai Soldi di Mahmood (prima che questi si gattizzasse: e non è un complimento, a me Soldi non comunicò tutto ‘sto granché)… Chiaravalle accompagna con professionalità timbrica… sentita così a caso, non sfigura… in mezzo a tutte le altre scompare un pochetto…
Highsnob & Hu (Enrico Melozzi): molto Madame anche loro, cioè “conteporaneisti” con lo sbrodolio di parole veloci in versi luuuunghi, frasi a mitraglia, con qualche acutino impervio, buttato là come il parmigiano sulla pasta, sussurrii vari, la melodia spianata che però appare tutta “rotta”… anche loro in un certo senso ricordano Shade e Federica Carta per i loro rapporti intervallari felici ma erogati con una sorta di “dispiacere”… non sono male, ma non hanno penetrato la mia “scorza”…
Aka 7even (Carmelo Patti): mah, sì… giovanilistica, energica… l’ascolti anche… non è punitiva… è piacevole… le perorazioni spinte di voce altina sono lunghe, e il terreno melodico ti scalfisce almeno la memoria a breve termine… ma non piacevolissima, è ridondante, è facilona, è risentita… mah… io non ci vivrei…
Tananai (Fabio Gurian): è scacciapensieri, una cacchiatona comicarola, eh vabbé, ci vuole anche questo… almeno fai due risate!
Giovanni Truppi (Stefano Nanni): ci sono sempre queste canzoni che sono recitate, che sono monologoni, che vanno di chitarrette “da spiaggia”, di cadenze “parlate”; le “canzoni parlate”, la cui melodia è espressa con le E lunghe che tentano di essere melismi: sono canzoni che intrippano parecchia gente… molte volte sono canzoni che incantano le varie giurie di qualità, i vari ascoltatori “di un certo livello”…
a me sfondano le palle…
Dargen D’Amico (Enzo Campagnoli): l’ho adorata senza vergogna: mi ha divertito, m’ha fatto sbellicare dalle risate: facile, sbracato, caciarone… ma anche strazioso di nichilismo stranioso, un nichilismo panciuto, che contempla lo sfacelo consapevole di non poterci fare niente, e nonostante tutto prende in giro quel mondo sfatto: quasi sfotte quel mondo marcio buttandola in caciara, ribadendo quanto siamo caduti in basso senza predicare (come Willie Peyote l’anno scorso), senza erigersi a “migliore” (come lo Stato Sociale), ma solo partecipando allo sfacelo esprimendo l’orgoglio dell’inutile della baldoria, in modo che non è neanche apotropaico o carnascialesco, è solo necessario per contemplare e disperarsi, tutti quanti insieme, lo/dello schifo che si è creato… per rispondere con semplicità priva di grazia alla disgraziata realtà…
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I DIVETTI
Rappresentante di lisa (Carmelo Patti): l’inizio è la colonna sonora delle SuperGals… esprime quello che dice Dargen D’Amico… solo che D’Amico è un buzzurro tutto d’istinto e “copre” tutto con un manto di popolare, loro invece sono costruiti, consapevoli, intellettuali… non fanno una canzone brutta, anzi, sono il rovescio colto della spanciata di Dargen D’Amico: sono fini pensatori, speculativi, che lavorano con il ritmo della replicazione, con la facilità del costrutto del ritornello che viene “impreziosito” da tanti dettaglini sparsi qua e là…
io preferisco Dargen D’Amico, ma non posso affossare la Rappresentante di lista: se arriverà su in classifica, sarò contento…
L’effetto che mi fa è quella di essere come la Musica leggerissima di Colapesce e Di Martino l’anno scorso: l’ascoltano tutti, piace a tutti, entra in testa a tutti… ma a me lascia abbastanza indifferente…
Irama (Giulio Nenna): sembra scritta da Lin-Manuel Miranda per la Disney: ha degli intervalli tutti sbalzellosi: ha un’energia tutta sua: è orante, un po’ noiosetta tutto sommato, ma anche le parti “negative” costruiscono un tutto che arriva, che quasi “punge”: i salti intervallari del ritornello inchiodano (sono quasi commoventi singhiozzi di lutto), gli interventi leggeri ma precisi e significanti dell’orchestra formano una suggestione “sacrale” crescente, e l’atmosfera da chiesa laica, da “messa alternativa”, dell’intera operazione me la fanno guardare con tanta simpatia…
Le Vibrazioni (Simone Bertolotti/Peppe Vessicchio): la canzone è piacevole, ma è una maniera… benché, anche se maniera, ritrovarsi a ricanticchiarla non è escluso… è in mezzo alle altre che passa un po’ insapore… Sarcina non riesce a reggere dal vivo, ma in studio non comunica male l’immediatezza del ritornello molto poppettaro lurido (in senso buono)…
Michele Bravi (Enzo Campagnoli): c’ha tutto: è orecchiabile, ha un ritornello chiaro… lui ci crede (a me fa ridere perché sembra uno della famiglia Addams)… l’ostinazione della costruzione melodica è sufficiente a farcela percepire in modo non cattivissimo… ma boh, non svetta…
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I DIVONI
Giusy Ferreri (Enrico Melozzi): un ballabile retro mica male, classico, certamente risaputo, ma bello melodico, forse non accattivante, ma almeno non banalissimo… sembra la colonna sonora di film di Sorrentino… Purtroppo in studio non ci sono le bellissime soluzioni orchestrali di Melozzi, che aggiunge tutto un inciso strumentale melodicissimo, davvero efficace! Un peccato…
Fabrizio Moro (Claudio Junior Bielli): tutte uguali… c’è gente che cita i suoi versi come i fondamentalisti citano la Bibbia, il Corano, Vasco, Ligabue… ok… va bene eh…
io invece non riesco mai a distinguere le sue canzoni… e questa non fa eccezione…
Achille Lauro (Gregorio Calculli): l’ho tanto adorato l’anno scorso, ma ha scelto di scrivere una canzone uguale a quelle sue degli anni passati… a me ha annoiato… poi vabbé, se uno riesce a decontestualizzarlo, e la ascolta senza aver mai sentito nulla di Lauro, allora ok, di per sé non ascolta una canzone da disprezzare… una canzoncina di consumo, che strappa due risate…
Noemi (Andrea Rodini): tra le prime donne che puntano sul sanremese (con Elisa ed Emma), Noemi opta per scelte difficilior: una melodia a servizio di una drammaturgia quasi narrativa, abbastanza frastagliata nei suoi crescendo, che quindi non si imprime granché… ascoltata fuori dalla competizione, però, non fa per niente male… anzi: sono convinto che crescerà in gradimento una volta conclusa la kermesse…
Iva Zanicchi (Danilo Minotti): da balera emiliana, ma è così: passionale, sfacciata, prorompente, straziante… vabbé: è la natura di Iva Zanicchi da sempre, che le vuoi fare… io non passerei le serate ad ascoltarla, ma mica è una idiozia!
Gianni Morandi (Mousse T): la sigla di Jeeg Robot (o Twist and Shout), Eloise dei Ryan (o il tema del The Saint di Graeme Revell), altre canzoni di Morandi: un patchwork simpaticissimo, simile a quello di Arisa di qualche anno fa (con tanto di citazione della colonna sonora di Da grande di Amurri)… la ricanticchi subito… non c’è nulla da dire…
Massimo Ranieri (Adriano Pennino): sembra le sue canzoni del 1988: è familiare, placida, da ballad… cullante… la costruzione progressiva (ottimo l’arrangiamento con diversi incisi ritmico-timbrici aggiunti via via) non è brutta… melodicona… ma con una “fortezza” che la fa essere migliore di Al Bano o del Volo… non è fatta per l’«oggi» (il testo è ispirato ma veicola immagini un po’ sciroppose, proprio «come una volta») ma non me la sento di dire che fa vomitare…
Dito nella piaga e Donatella Rettore (Fabio Gurian): inizio da I feel love di Donna Summer… è trascinantemente divertentissima: felice, smodata, intrippante, parodizzante delle canzoncine d’amore… l’ho adorata!
Mahmood e Blanco (Carmelo Patti): sembra un incrocio tra Moro, Ermal Meta, Minghi, i Jalisse, Annalisa Minetti e Questione di feeling… i suoni che eruttano sembrano quelli dei gatti in amore… se la cantava Arisa, o Gigi D’Alessio, questa canzone sarebbe stata distrutta da tutti… ma siccome esistono Pillon e Adinolfi, allora Mahmood e Blaco c’è da adorarli solo perché ribadiscono l’ovvio con una canzone d’amore che più purulenta di luoghi comuni (anche musicali) non si può… Adinolfi e Pillon sono cacca anche perché ci costringono anche a ‘sta mmerda…
Elisa (Will Medini): giretto di chitarra alla Clapton, e cadenza perfetta molto rivista (Kissing You di Des’ree è una di quelle che ci risento, tra le altre: per esempio ci sento anche alcuni intervalli de Sole all’improvviso di Paoli/Zucchero)… è il manifesto della sanremesità… è quindi una canzone furbona, ma non troppo distante dalle cose che fa Elisa di solito: sentimentalona, aperta al canto aperto per accompagnare un ascolto mentre “se piagne”… bah… non la butti via, ma forse si sente essere un’operazione fatta apposta… ma mica va male…
c’ha anche il problema che risulta pesantina… è lunga…
Emma (Francesca Michielin): lo scozzo con Elisa c’è perché Emma e Michielin puntano anche loro sul sanremese fatto apposta… io mi accodo di più verso Emma per via di una energia che nella laccata perfezione “costruita” di Elisa non colgo… Emma e Michielin usano bene gli acuti gettati via, gli strappi di passione, e realizzano un remake di Sei bellissima di Loredana Bertè, con un’anticchia delle cadenze di inciso dalla Lontananza di Modugno («l’amore tuo per me» si risente in «mai nessuno più di te»)… un remake bello ficcante, più di rammarico che di sentimento, più di espressione della riflessione sul sentimento che di espressione del sentimento di per sé: per capirsi, Elisa è il sentimento vero, bello e fabbricato per esprimere se stesso (è come in valzer degli Strauss viennesi), Emma rimugina sul sentimento e, paradossalmente, espettora molto di più le sue conclusioni, proprio perché ne è “fuori” e vuole buttare fuori anche tutte le recriminazioni provate (è quindi come i valzer del bavarese Richard Strauss)… Emma realizza tutto questo con la solita prorompenza emotiva, mentre la Michielin garantisce un adeguato soundscape di suonetti non banali, non esaltanti, certo, ma neanche troppo zupposi…
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Vedi anche GramonHill!
io nn lo seguo
ma ho visto dalle foto promozionali che Ana Mena è identica a Bebe Rexha, una songwriter natualizzata americana che purtroppo a parte qualche hit non è molto seguita come cantante; te la consiglio, ho parlato spesso di lei^^
Non ho seguito ma mi è piaciuto molto leggere: quando mi ritroverò ad ascoltare le canzoni avrò una diversa prospettiva sicuramente.
Come ogni anno da che ho memoria, rifuggo il festival; non per partito preso, solo che sono una snob e molto raramente mi affeziono ad una canzone italiana, e lo stesso quindi vale per ospiti e cantanti. Certo sentire Amanda Lear, Patti Pravo, Alex Britti e Cristina d’Avena ospiti da Gerry Scotti mi ha sciolto, ma quante ce ne possono essere di Cristina d’Avena? Comunque il tuo post mi ha divertito molto ed è un ottimo compendio, grazie!
Ormai da anni Sanremo è stato “colonizzato” da Maria De Filippi, nel senso che lei piazza al Festival buona parte dei ragazzi da lei lanciati ad Amici. Fino a quest’anno la cosa non mi aveva mai scandalizzato, perché se non altro la De Filippi faceva partecipare a Sanremo soltanto la crème de la crème del suo programma, lasciando che tutti gli altri tornassero a cantare alla sagra del tortello; quest’anno però la De Filippi ha esagerato, perché ha mandato a Sanremo un cantante (Aka7even) così platealmente inadeguato che perfino la sua coach di Amici l’aveva definito un ciuccio. A sto punto che ci mandi pure Gemma Galgani, tanto più o meno il livello è quello.
Io purtroppo non mi avvicino neanche da lontano ad Amici (e da Maria De Filippi) dal 2011, non per snobismo (sono anche stato tra il pubblico un sabato pomeriggio di molti anni fa) ma proprio per devianza di gusto. E sto alla larga anche da XFactor (l’ultimo XFactor che ho visto era su Rai2, pensa te).
Perciò non riesco a capire il tuo commento, anche perché Aka 7even non è neanche di quelli che quest’anno sanremese mi fanno più schifo…
E sono sempre divertenti i canoni estetici di ognuno, quel “bargaining” personalistico tale per cui spesso si dice “il film è bello ma siccome c’è Di Caprio che mi sta sulle palle allora il film lo giudico brutto”…
Sono cose inevitabili che però a me fanno davvero ridere, anche, e di più, quando capitano a me…
L’estetica non c’entra nulla, perché di come sia Aka7even dal punto di vista estetico mi importa meno di zero. E il parallelismo che hai fatto non sta in piedi, perché un film è fatto di mille piccoli e grandi dettagli oltre alla prestazione di un attore, un festival della canzone invece si regge in maniera praticamente esclusiva sulle prestazioni dei cantanti (sì, vabbè, da qualche anno hanno aggiunto pure i monologhi e gli sketch, ma la gente non guarda certo Sanremo per quelli).
Riguardo ad Amici, non lo guardo neanche io, ma ha un tale successo che le canzoni lanciate da quel programma finisci per sentirle ovunque. “Raggi gamma” di Sangiovanni e “Raro” di Federica Carta le ho scoperte mentre ero a fare la spesa, per dire.
E certamente un solo cantante (su 25) inficia tutto il festival solo perché il festival è fatto di cantanti (non di canzoni?)… mah…
Di solito a me certe cose mi fanno schifo o mi piacciono perché mi fanno o mi piacciono (e de gustibus non disputandum est) non perché arrivano da Amici o da chissà dove…
Certamente, e infatti a me Aka7even non piace a prescindere dal fatto che provenga da Amici. Riguardo alla parte iniziale della tua replica, tu hai fatto un paragone che non sta in piedi, e io l’ho dimostrato in maniera oggettiva. In una situazione come questa avresti fatto più bella figura ad ammettere la sconfitta anziché arrampicarti sugli specchi per cercare di rendere passabile un paragone che non lo diventerebbe neanche se tu ci provassi cent’anni. Talvolta si vince e talvolta si perde, capita.
Vinci vinci, fai pure… chi dice niente… l’importante è accontentarsi, crederci, e ritenere oggettivo quello che si ritiene più opportuno… la realtà è una costruzione del nostro cervello… buona realtà!
Ancora una volta stai cercando di far passare l’idea che non hai perso, dicendo che si tratta di una mia opinione e non di un fatto oggettivo. Mi preoccupa non tanto la tua incapacità di ammettere la sconfitta, quanto piuttosto il fatto che ultimamente hai cominciato a rispondere a muso duro a qualsiasi cosa io scriva, perfino quando commento nei blog altrui. Anche leggendo le tue ultime recensioni noto un livore assolutamente sproporzionato alla situazione. Ti auguro di tornare la persona serena e piacevole che conoscevo.
Abbi tanta pazienza ma io continuo a non capire… io non ragiono mai in termini di vittoria e sconfitta… se a te fa piacere ragionare così, fai pure…
E non voglio essere affatto astioso o offenderti se ti dico che io, purtroppo, non ho idea di quello che scrivi o fai tu: se ti rispondo, lo faccio per logiche “social” come risponderei a qualsiasi altro sconosciuto anche per strada o al bar, cioè per caso (poi vabbè, vieni sul mio blog a dire cose che non apprezzo: per forza ti rispondo)… e sul livore e astio miei, scusami tanto, spero tanto possano rimanere miei: se ti disturbano mi spiace, ma non ho alcuna intenzione di cambiare per fare contento te…
Ma infatti spero che tu ritrovi la tua serenità perché nessuno può stare bene con tutto il veleno che hai addosso, non perché tu debba fare contento me. Ti faccio un grandissimo in bocca al lupo.
Ma sai, anche sul blog spererei di scrivere cose velenose come mi pare… se poi a te non piacciono, puoi sempre non leggerle…
Nutro la speranza che tu torni ad essere il Nick Shadow che conoscevo, quindi continuerò a fare come ho sempre fatto, passando a leggerti di tanto in tanto e sperando che questa tua fase ombrosa sia passata. Pregherò per te, amico mio. Buona Domenica! :)
Ok, grazie!
Quando ho pubblicato il mio post ieri speravo di leggere il tuo, perché quelli degli altri anni mi erano piaciuti. Ti ho anticipato di poco. Anche tu come me hai fatto tesoro delle esperienze coi vecchi post, e così siamo stati entrambi più buoni e ci siamo andati piano con le stroncature. Qual è la tua opinione ora che è finito il Festival? Ti ha soddisfatto il podio? Io confesso di aver inviato un sms in favore di Morandi…
Carissimo, ho pubblicato il post approfittando di connessioni fortunose (era pronto giovedì sera ma volevo sentire le cover prima di pubblicare) per cui non ti ho letto neanch’io prima di pubblicare: adesso ti linko!
Tutto sommato il festival mi è piaciuto: alcune sere è anche finito in orari “umani”… i tanti giovinastri in gara hanno anche garantito un ottimo riscontro nelle generazioni più giovani: credo che la RAI ne sarà contenta…
Non sono per niente contento della canzone vincitrice, perché m’è sembrata noiosissima, la solita solfa sentimentale (le frasi sul cielo di perle sono ridicole: le avesse cantate una come Annalisa saremmo qui a dirle di aver rotto le zebe), financo di amore leggermente “tossico” (i due che si lasciano e riacchiappano in continuazione: quella di Elodie di diversi anni fa, “Tutta colpa mia”, racconta la stessa storia, e fu stroncata!), con il ripetuto “Brividi” somigliante fin troppo al “Sassari” del Trota di Filippo Timi da Crozza (oramai decenni fa)… i falsettoni acutoni li ho detestati, e si prestano alle peggiori parodie…
ma è anche vero che non è che quella di Elisa, anch’essa ritrita, mi piacesse di più…
per cui far vincere Mahmood e dare “Brividi” a quei beoti di Pillon e Adinolfi mi fa “accontentare”…
anche io ho televotato Morandi…
sto in fissa da giorni con Dargen che, a discapito del significato di rammarico di lockdown, io sto invece interpretando come una canzone marxista (il Pa ra pa della musica lo associo al “Sol dell’avvenire” che arriva in un mondo di sfacelo, di senza lavoro, di fermi al confine che sono i migranti e non i non tamponati come invece, purtroppo, forse Dargen ha inteso): la ascolto e piango!
e piango anche per Irama, che ha interpretato bene il lutto…
mi trovo a non disprezzare per niente Noemi, e due risate con Tananai me le sto facendo anche in questi giorni di immediati postumi (chissà quanto durerà)…
I “fenomeni” della Rappresentate in lista, invece, mi stanno toccando molto meno, pur riconoscendo l’ottima fattura…