Il papiro del 2019/2020

Gli altri “papiri” sono in Indice

Il COVID-19 e la susseguente ripresa a troncabudella del lavoro (col proposito dei capi di voler velleitariamente recuperare un tempo perduto che non è stato affatto perduto per via dello smartworking: c’è toccato un po’ inventarsi cose nuove da fare, ossequiando estatici la religione del capitalismo, cioè il dover “produrre” là dove da produrre non c’è proprio un cacchio) mi hanno permesso di vedere in sala (inclusi i 3 in streaming “ufficiale”) solo 31 film, di livello per fortuna “medio-alto”… [i tre film non visti in sala sono trattati a parte senza partecipare al giudizio]

solo 3 i SuperDown;
ben 7 i SuperUp;
nella fascia “mediana” abbiamo 7 Up e 3 Not so Down…
quindi 7 Not so Down e 4 Down…

Preciso subito che questo è un post ironico, scemo, demente e scritto totalmente per scazzo

In esso prendo in giro chiunque non la pensi come me, infuriandomi soprattutto con le mie consuete idiosincrasie personali, cioè Netflix e le riviste di cinema online che sui social fanno clickbait

I giudizi esposti sono l’apoteosi dell’arbitrario e del de gustibus (basti pensare che Guerre stellari prende più di Polanski), e tutto ha un clima di dileggio gratuito e sciovinista che vede l’incoerenza dappertutto tranne che in me stesso…

perciò non sarà una bella lettura!

Notare bene: quando si dà il titolo originale vuol dire che ho visto il film in lingua originale, quando lo si dà tradotto vuol dire che l’ho visto doppiato…
Quando titolo originale e tradotto coincidono, e cioè quasi sempre, ho specificato in che lingua l’ho visto…

1 – Il signor diavolo – Pupi Avati – 01 Distribution
Non male…
Naturalmente non tutto è perfetto, ma la prerogativa di trama e cinema (come col protagonista, il cinema ci costringe a vedere una “storia” ingannevole invece di ciò che abbiamo di fronte agli occhi) è sublime… Davvero non male… — Up

2 – The Lion King – Jon Favreau – Disney
Impossibile, a mio avviso, da vedere senza ridere…
Il mix tra fotorealismo e inverosimiglianza del profilmico (i leoni, senza testicoli, che parlano) incorrono nel ridicolo involontario, e tutte le cose possibili nel contesto antirealistico del cartone di 25 anni fa, cioè una salutare esagerazione, il senso dello spettacolo, l’esibizione teatrale esagitata delle emozioni (soprattutto nelle canzoni), diventano completamente assurde nella nuova “collocazione” pseudo-realistica (le canzoni sono smorte, le emozioni annacquate e lo spettacolo martoriato, proprio perché si vuole, non si sa perché, inseguire un documentario, pur non avendo gli animali i testicoli e pur avendo a che fare con leoni che parlano)… Un pasticcio bello grosso dal punto di vista proprio della filosofia della rappresentazione… — SuperDown!

3 – IT, Capitolo due – Andy Muschietti – WB
Naturalmente è una cacchiata, ma io, ignorante di Stephen King, non ho conati di lesa maestà nei confronti del romanzo che non ho letto, e nel pur stupido lavoro di Muschietti ci trovo tantissima voglia di fare meta-cinema, magari malposta, ma, alla fine, perfino “nutriente”…
Tutto in questo film è cinema:
McAvoy passeggia per gli studi Warner, parla con Peter Bogdanovich, con King in persona e si perde nel Luna Park cinematografico (il luogo dove il cinema è nato e dove la Warner e la Marvel localizzano praticamente tutta la loro verve creativa, essendo parchi gioco tutti i loro film, e lo vedremo anche nelle Birds of Prey) in mezzo agli specchi facenti funzione di proiettori e moltiplicatori di immagini “filmiche”…
Mustafa imbastisce la chiamata degli amici, MacGuffin di trama, su un rituale che è cinema, e che si basa sull’inganno del cinema (con la visione del “trucco” che è negata!)…
It, come nel primo, in bocca ha un proiettore a 3 lampadine (come lo aveva David Lo Pan in Big Trouble in Little China) e spunta dalle immagini…
Tutti quanti si muovo nelle fogne mentali proprio come si muovono nello stesso Luna Park di McAvoy: e scherzano su quello che gli capita in sceneggiatura! Scherzano quasi rompendo la quarta parete!
Molti mostrini sono a forma di occhio!
E alla fine, col mostro (il mostro interiore) sconfitto, sparisce tutto, sparisce il passato (la cicatrice), e c’è solo il futuro dell’età adulta…
…forse Muschietti ci sta dicendo che, grazie al cinema, come sempre, gli adulti depressi ed emarginati (ormai di mezza età, vergognosi, timidi, inconclusi) riescono a “fare pace col passato” a tal punto da smascherare il fatto che certo passato manco c’era, ma era solo trauma mentale (e difatti, genialmente, con l’espediente della cicatrice che scompare, si suggerisce che tutto il primo film è una “gigantizzazione” di traumi infantili invece molto comuni: forse anche gravi, tipo la morte dei fratelli, ma, di fatto, assai triviali), che si volatilizza una volta che si riesce a riconoscerlo come proiezione (=cinema), come appunto malsano Luna Park della mente… e infatti proprio “prendendo in giro” le fogne di It (anche guardando in macchina), i protagonisti adulti si rendono conto che quelle fogne sono un set, sono solo un “gioco”, un gorgo ingannante psichico nel quale hanno tutta la vita creduto di essere ineluttabilmente invischiati, mentre, invece, bastava guardarle per quello che erano: piccoli traumi infantili con cui fare i conti come tutti…
Sicché, mah…
Sarà una cacchiata…
Dura anche una vita, non finisce più, e le palle ti vanno a Santorini, però, via, io ho visto molto di peggio, anche in roba invece osannata… — Down

4 – Martin Eden – Pietro Marcello – 01 Distribution
Preziosamente primo della classe, ma foriero di un discorso metastorico molto nutriente, e di immagini centrate, ricercatissime e raffinatissime, tutte da guardare…
…certo…
dire che “scorra” è mentire, ma è un film da guardare e non da “seguire”… — Up

5 – Once Upon a Time in Hollywood – Quentin Tarantino – Columbia (Sony)
Ero partito così prevenuto: Tarantino mi aveva stufato: anche Eightful Eight m’aveva alla fine “preso”, ma molto “alla lunga”…
Arrivo a vedere Once Upon a Time in Hollywood e rimango colpito dalla sua voglia di sogno e favola, che sciorina con tragico titanismo, come Leopardi o come Gilliam: Tarantino sa che quello che mostra è falso, ma, visto il presente, è meglio rifugiarsi in quel falso…
Un Tarantino che fa come lo Strauss del Terzo Reich, o come Machiavelli che si butta nell’otium
Sì, ok, ci sono tutti i tempi morti (Brad Pitt mezz’ora a torso nudo, Margot Robbie che cammina e basta per ore), va bene… ma quelli che li sottolineano in Once Upon a Time in Hollywood davvero non vedono gli stessi “tempi morti” negli altri film di Tarantino che hanno adorato? — SuperUp!

6 – Yesterday – Danny Boyle – Universal
Visto in italiano…
Filmetto girato da dio, con enfasi cinematografiche sulla love story spettacolari, ma che è parecchio insulso… — Not so Up

7 – Ad Astra – James Gray – 20th Century Fox
Visto in inglese…
Ho letto così tanto bene di questa immensa menata che davvero mi sento di passare altri mesi e mesi in lockdown a vedere Bertolucci senza parlarne con nessuno…
Prolisso, compiaciuto, zeppo di metafore autoalimentate comunicate in maniera elementare e immediata, scolastica e scontata…
Mah, ragazzi… contenti voi… — SuperDown!

8 – Joker – Todd Phillips – WB
Si adora Ad Astra, invece Joker non va bene…
Si acclamano i giochini spicci di Nolan con gli appisolati sull’aereo, invece il “sogno” di Joker rinchiuso in manicomio non lo si accètta…
Beh, anche qui… contenti voi…
In pieno trumpismo, Phillips e Phoenix parlano di un pazzoide che si racconta le cazzate per autoassolversi, come un grillino-leghista qualsiasi (e mia mamma era vessata, e la plutocrazia ci affama, e lo stato ci ruba, e non è colpa mia se c’ho il certificato del dottore che dice che rido involontariamente, e non è colpa mia se invece mi sono inventato quel certificato, e non è colpa mia neanche se la storia della mi’ mamma vessata l’ho solo inventata, ma l’avrei potuta anche avere una mamma vessata, sicché non è colpa mia se ammazzo la gente, la ammazzo perché mi trattano male), e finisce per sognare di essere acclamato da una folla di suoi emuli, tutti come lui, tutti armati nel falso riscatto dei loser che si autoraccontano di stare ammazzando la gente per “giustizia” invece che per pura follia nonsense
Guardando a quello che “storicamente” hanno fatto sempre i cattivi psichici di Batman, il Joker di Phoenix e Phillips fa esattamente lo stesso: come Mr. Freeze sogna di fare di Gotham (Gotham che, ricordiamoci, è mente, come ben dimostrano sia Burton sia Grant Morrison) un’immenso congelatore, come Poison Ivy sogna di farne un’immensa serra, così Joker sogna di vederla, da sempre, tutta popolata da suoi “cloni”: Nicholson imponeva a tutti il suo sorriso con i veleni mescolati alla lacca e al rossetto; Ledger, con i suoi ricattini, voleva che la popolazione di Gotham dimostrasse le sue teorie secondo cui tutti si mettono a buttare le bombe se costretti; il Joker di Moore e Bolland voleva dimostrare che anche un integerrimo come Gordon poteva diventare un Joker se assisteva alla tortura della figlia… E non è Batman a dire a tutti loro che non è Gotham (la mente) a essere pazza, ma solo lui (in quanto Es)…? [almeno, Batman lo dice in Moore/Bolland e lo dice a Ledger]
Phoenix non fa lo stesso? No…? Non finisce egli stesso a sognare una Gotham tutta fatta di suoi emuli? Emuli che fanno come lui? Emuli che rappresentano l’eterna voglia di Joker di popolare la mente/Gotham di suoi cloni? Emuli, ripeto, che lo acclamano?
Perciò perché incazzarsi tanto?
Non solo:
il Joker, da che mondo è mondo, si inventa le storielle mentali, storielle contraddittorie…
il Joker del Mad Love di Paul Dini e Bruce Timm racconta alla dottoressa Quinzel del babbo cattivo che gli rompeva il naso dopo averlo portato al circo, ma alla dottoressa Quinzel, nel frattempo diventata Harley Quinn, Batman in persona racconta delle moltissime storie analoghe che Joker ha raccontato a tutti i dottori prima di lei, con un campionario di varianti notevole (e.g. il babbo che invece di averlo portato al circo l’aveva portato all’ice show) che Batman commenta proprio con «He’s got a million of them, Harley»…
anche Ledger racconta due diverse storie sull’origine dei suoi tagli sulle guance: una che vuole il padre come il “tagliatore”, l’altra con lui che se li è fatti da solo per consolare la moglie a sua volta tagliata dagli allibratori… moglie? quale moglie? la moglie di Ledger sembra quasi come la mamma di Phoenix o come la sua fidanzatina condominiale… ma perché se la cacchiata la racconta Ledger è realistica mentre se se la sogna Phoenix è inverosimile?
Anche Phoenix racconta la medesima storiella con varianti macroscopiche, soprattutto sulla mamma (era tanto buona e se la faceva con Thomas Wayne, o invece era una mitomane adatta a far fabbricare al Joker quell’infanzia difficile che non ha mai avuto… e poi: mamma? quale mamma? non è la mamma di Phoenix, ripeto, come la moglie di Ledger? No…? È diversa solo perché la «vediamo»? Mah…), ma se lo fa lui è cacca, se lo fanno gli altri Joker del mondo è capolavoro…
Il Joker di Phillips/Phoenix, con tutte le sue sciocchezze sognate, presenta davvero un Joker così diverso dagli altri? Tanto da meritare disprezzo invece dell’idolatria riservata, a sproposito, a quelle puttanate piccolo-borghesi sciorinate da Nolan?
Solo perché si ritiene Phillips un demente lo si crede incapace di farsi scrivere qualcosa di decente?
E anche se Phillips non avesse voluto fare il Joker “sibillino”, e che questi traspaia casualmente e indipendentemente dalla volontà del regista, la cosa rende quel Joker meno effettivo, mano accattivante, meno ficcante?
Cioè: «il regista non voleva quel sottotesto, quindi vederci quel sottotesto è fraintendere!»… ‘sta cosa ci porterebbe lontano e in gineprai cattivi, ci porterebbe al “processo alle intenzioni”… poiché Puccini non ce lo voleva l’innuendo libertario in Tosca, ma questo traspare al di là della sua volontà; Blake Edwards e Mickey Rooney non volevano certo essere asianofobici tratteggiando il personaggio del giapponese in Breakfast at Tiffany’s ma oggi vengono considerati tali da tutti; in The Producers di Mel Brooks i protagonisti vogliono fare uno spettacolo nazista per fare bancarotta fraudolenta ma invece il loro show è un successo perché viene preso per una spassosa satira, e alla fine cosa conta tra ciò che volevano fare loro e ciò che il pubblico ha capito?; Vincenzo Bellini scrisse il coro della Norma Guerra guerra nel 1831 con intenti risorgimentali? magari no, ma quegli intenti ce li hanno visti i carbonari e i mazziniani, per cui quegli intenti risorgimentali erano sì “involontari” ma senza dubbio così consistenti da convincere e “fraintendere” tante persone; Clint Eastwood, stra-repubblicano e trumpiano, racconta le contraddizioni dell’America repubblicana involontariamente (poiché il suo intento sarebbe di glorificare il buzzurro manesco e rimbecillito che spara) ma di certo in modo cogente (vedi anche le opinioni di Alberto Pezzotta, non così carino nei confronti di Eastwood; e vedi quanto Eastwood abbia fatto come Balzac riguardo alla Rivoluzione francese): sicché, neanche per “sbaglio” Phillips può aver fatto qualcosa di interessante?
Evidentemente no…
Invece Nolan, restauratore, perfino reazionario, nel suo condannare Joker (l’Es) senza neanche metterlo in manicomio, è da idolatrare sempre?… Phillips, almeno, ci presenta Joker proprio in manicomio (dai, mi rifiuto di credere che la cosa non sia ovvia), a sognare un suo mondo distrutto… e intanto ci fa riflettere che quel mondo distrutto, di grillo-leghismo, con Trump, c’è già, e che le città sono già governate dai Joker che hanno preso il potere… Phillips ammonisce: «occhio, che i Joker, che io presento in manicomio, sono invece alla Casa Bianca, per cui pensiamoci su»…
«Ma no: Phillips non può ammonire, Phillips è imbecille, e non può fare niente di buono: sei senza dubbio tu che vedi quello che non c’è» [anche gli scienziati granducali di Firenze mica videro i satelliti di Giove al telescopio: dissero che, anche se c’erano, erano un trucco di Galileo: che quei satelliti li vedeva solo Galileo magari svarionando, perché ce li voleva vedere per forza, o, magari, perché li aveva dipinti sulle lenti del telescopio!]
Evidentemente, nel sistema del mondo in cui Batman è un qualcosa che esiste invece di essere una storia metaforica di fiaba atta a crescere il meglio possibile (e difatti c’è tutta la pletora di gente che definisce Batman un eroe di destra: è lo stesso meccanismo tale per cui troviamo le edizioni del Kalevala edite soltanto da case editrice neofasciste: quel meccanismo è la superficialità), l’ammonimento, vero o presunto di Phillips, si stempera nella polarizzazione dell’esagerato Leone d’Oro (darglielo è stata un’idiozia) e nella rifrazione nebulizzata di una miriade di interpretazioncine cretine su questo o quel fatto del film da connettere con questo o quell’universo fumettoso o cinematografico, trascurando il fatto che quelli che si analizzano fatti non sono, anzi, sono tutti ulteriori indizi della natura immaginata del film di Phillips…
Vabbé…
di nuovo….
…se la gente, e le testate giornalistiche cinematografico-scandalistiche (Moviestoner, Cinepiaga, L’occhio del cine-pendolo), vogliono questo, beh, che fare (Černyševskij più che Lenin) se non cercare di ignorare attendendo tempi migliori?
Ecco: e con questo ho fatto il solito pistolotto tale per cui «Joker l’ho capitolo solo io e tutti sono dementi tranne me» che fa anche di me uno di quei grillo-leghisti che tanto detesto… vado a suicidarmi… — Up

9 – Maleficent 2, signora del male – Joachim Rønning – Disney
Ma è chiaro che è tempo perso, ovvio…
Però le citazioni pittoriche e la morale di non dare troppo retta alla mamma (di nuovo) leghistico-tradizionalista me lo hanno reso simpatico… — Not so Up…

10 – The Irishman – Martin Scorsese – Netflix
Visto in inglese, perché la carinissima Netflix lo ha distribuito in sala solo in inglese, e ha lasciato il doppiaggio solo agli abbonati: ed è riuscita a far credere ai suoi clienti idolatranti che la cosa sia stata fatta a fin di bene! Come no! 6h di film coi sottotitoli sciorinato davanti al pubblico medio delle 2 sale in cui lo ha proiettato (sì, solo 2), cioè gente di mezza età che non vedrebbe un film sottotitolato neanche se pagato… Gran mossa di marketing! E poi Netflix ha anche il coraggio di dire che il film è stato effettivamente distribuito: in 2 sale, per sole 48h, e con una modalità che scacciava il pubblico come lo zampirone scaccia le zanzare… però è formalmente distribuito eh!, accidenti!
E l’ha fatto Scorsese, per cui è bello per forza, e l’ha fatto anche Netflix, che, non si sa perché, è una compagnia buona
Sì, è molto nutriente il suo discorso anti-mafia, e la sua rappresentazione lucida dell’omertà, e della connotazione malsana che la mafia dà all’amicizia, è rimarchevole…
e sarà stato anche vero che se Netflix non lo distribuiva (!?) non lo distribuiva nessuno…
…ma non lo distribuiva nessuno perché è un remake di Goodfellas, che dura quattro ore in cui ci si compiace di fare i piani sequenza nell’andirivieni di scenografie fatte apposta dimenticandosi però (come dice Gilliam) di rendere credibile il movimento dei personaggi ringiovaniti dagli SFX ma deambulanti ancora come 80enni…
e Netflix lo avrà anche distribuito (ripetiamo: !?), ma in una piattaforma che lo ha relegato a film televisivo (non possiamo, in tutta sincerità “scientifica”, considerare quella descritta prima come una distribuzione in sala), dalla durata appunto di un vecchio sceneggiato, pieno di momenti adatti all’andare a pisciare, a lavare i piatti mentre lo si ha in sottofondo, e con le ridondanze fatte apposta perché si riacchiappi la trama dopo inevitabili pisolini…
Sicché, ok, gran film, ma c’è di meglio… — Not so Up

11 – Doctor Sleep – Mike Flanagan – WB
Visto in italiano…
Filmetto scemetto, innocente, che dura una vita, ma che racconta bene la storiellina dei fantasmi come metafora dell’alcolismo che Stephen King voleva così tanto vedere filmata 40 anni fa… Lascia il tempo che trova, ma è un film professionale che non fa bene ma neanche male…
Questo, sì, che era un film per Netflix! — Not so Down…

12 – L’ascesa di Skywalker – J.J. Abrams – Disney
Anche qui non è possibile fare un discorso su questo film che non esuli dalle aspettative, dalle delusioni, dalle immense idiozie perorate sulle presunte incongruenze, le presunte illogicità, le presunte discrepanze e altre sciocchezze…
Evidentemente i fan nostalgici di Guerre Stellari vedono nelle Guerre Stellari del passato *perfezioni logiche* anche dove ci sono pesanti suture e tarli di trama, così come i cattolici vedono *perfezioni logiche* nelle evidenti sovrapposizioni, suture, fusioni e ricompattamenti di diverse storie casuali nella Bibbia, dalla Genesi al Vangelo…
Ok, anche io ho trovato una pessima idea il far tornare Palpatine e ripristinare la pura razza ariana della Forza, che si manifesta, quindi, solo nelle famiglie Skywalker e Palpatine, con buona pace di tutti gli altri Jedi del passato (e si ride a pensare quale parentela potrà mai esserci tra gli Skywalker, Palpatine e Yoda; o tra Mace Windu e gente come Stass Allie e Depa Billaba), ma, nonostante tutto, io devo inchinarmi alla forza cinematografica ed “etica” che un finora super-ghiozzo come Abrams è riuscito a “inculcare” nel suo ultimo film della saga…
Mosso, sempre metaforico (anche qui le implicazioni metacinematografiche non si contano), cangiante, interessante, dal montaggio sopraffino e dalla fotografia spettacolosa, pieno di forza mitopoietica, di messaggi antinazisti, anti-atavisti e anti-sessisti formidabili, Ascesa di Skywalker è una gioia da vedere e far vedere oggi in questi tempi salviniani… Se ne parla un po’ anche in Knives Out… — SuperUp!

13 – Rear Window – Alfred Hitchcock – Paramount
Vabbé, è ovvio che se uno va a vedere Hitchcock allora falsa i risultati dei giudizi… per forza è SuperUp!
Vederlo in inglese fa capire bene quanto Grace Kelly fosse molto più fica con la sua voce (nel ridoppiaggio del 1984, l’unico, credo, a essere confluito in VHS e DVD, Maria Pia Di Meo è una matrona assai matura invece di una quasi-ragazzina come è la autentica Lisa Carol Freemont)

14 – Pinocchio – Matteo Garrone – 01 Distribution
Io Pinocchio non lo reggo e questa versione, molto fedele, è volutamente decrepita, lanuginosa, mortifera e dalla insopportabile moraletta Umbertina dell’Italietta (sii bravo anche se è tutto un magna magna illogico, cioè sii bravo solo a caso, come a caso ti salva la fata turchina, che, a caso, è un po’ bambina e un po’ adulta)…
In ogni caso ogni aspetto tecnico funziona, e chi è affascinato dalla storia depressoide (di crescita morale imborghesizzante intorno a un mondo in completo sfacelo), beh, si accomodi: non rimarrà deluso — Not so Up

15 – La dea fortuna – Ferzan Ozpetek – WB
Si sta parlando di Ozpetek: per forza è una cavolata! Ma è una cavolata meno idiota e alambiccata del solito…
Ci vuole stomaco eh, ma non fa passare la notte insonne a causa dei fortori digestivi (quelli che, immancabilmente, Ozpetek provoca appena si muove)… — Not so Down

16 – Parasite – Bong Joon-ho – Academy Two
Visto, purtroppo, in italiano…
Ma sì che è un capolavoro e che ha meritato tutto quanto: è certamente un miracolo cinematografico, ma è un film che *prende per forza*…
Certo, si fa perdonare tutto, ma, come si vede dai commenti dei fascio-leghisti sui social, col suo linguaggio coatto viene recepito come un pistolotto… uno pseudo-difetto che, come i lavori dei Dardenne, lo relega, purtroppo, a essere idolatrato dai progressisti e preso in giro dai reazionari, finendo per essere, alla fin fine, l’ennesimo tizzone gettato a sobillare il fuoco della secolare “guerra civile” tra oppressori e oppressi, con gli oppressori che, felicioni, dopo aver visto Parasite tornano tranquillamente a vedere Snyder o Nolan senza aver “imparato” un bel nulla…
Non solo: finendo a far dare le coltellate ai poveri, cioè finendo con i poveri che accoltellano i ricchi, rischia di non fare altro che far dire ai Briatore di turno che i poveri sono pericolosi e vanno allontanati e rinchiusi nei ghetti onde proteggere i milionari tanto buoni, cari e vittime dei poracci bruti… finisce, cioè, che tutto il sacrosanto messaggio anti-classista, tutta la denuncia dello status quo capitalista, tutta la magia cinematografica, finiscono nel cesso…
Ma questo fa parte del processo alle intenzioni di prima… — Up

17 – J’accuse – Roman Polanski – 01 Distribution
Bello, sì, stupendo, meraviglioso, sontuoso… ma raffredda criticamente e storicamente invece di coinvolgere… — Up

18 – Ritratto della giovane in fiamme – Céline Sciamma – Lucky Red [3Marys]
Film di sguardo, completamente, e quindi trascurante certi aspetti diegetici (la storiellina d’amore è risicata al minimo), ma è il paradiso dei teorici della visione e un trionfo del prodigio pittorico dell’immagine cinematografica… Per me è stato una goduria… — SuperUp!

19 – Knives Out – Rian Johnson – 01 Distribution [Lionsgate]
Visto in inglese…
Niente di più dei classici del genere, e molto meno di altri esempi odierni (vedi il Poirot di Kenneth Branagh), ma gradevole, ben fatto, con un MacGuffin un po’ scemotto ma nel complesso tutt’altro che spiacevole… — Up

20 – Frozen II – Chris Buck, Jennifer Lee – Disney
Visto in italiano
Non insegna cose brutte, e ha millemila argomenti metacinematografici, ma si perde nel pleonastico, e il troppo stroppia… — Down

21 – Hammamet – Gianni Amelio – 01 Distribution
Una difficilissima scrittura cinematografica anima la macchina da presa, in un film davvero da serie A teorico-visiva, ma un po’ afflitto dalla troppa voglia di imparzialità… Un’imparzialità che non c’è eh, intendiamoci (la follia del potere di Craxi c’è tutta), ma che, come certe inquadrature “devianti” della trama visiva, Amelio fa di tutto per piazzarcela davanti, come un trucco, apposta… Se ne esce pieni di sani dubbi, con gli occhi felici, con il cervello acceso, ma anche con la sensazione che tutto quanto poteva essere detto con molta più compattezza… — Not so Up

22 – Little Women – Greta Gerwig – Columbia (Sony)
C’è gente che come vede dei “buoni sentimenti” o delle “buone intenzioni” sciorinate nei film va in coma diabetico…
C’è gente che definisce «pornografia dei sentimenti» la scena strappalacrime della partenza di casa di McConaughey in Interstellar (con Mackenzie Foy che lacrima e con Hans Zimmer a fare una delle musiche più belle che abbia scritto nei suoi ultimi 20 anni di carriera)…
C’è gente che si mette a sbraitare se c’è anche un minuscolissimo happy end nelle vicende anche del più marginale dei personaggi…
è gente che demolisce tutte le romcom possibili,
che disturba, in sala, tutte le love story con commenti cinici e dementi,
che parla male di qualsiasi cosa faccia la Disney (e non la Marvel: lei no, la Marvel, come Netflix, piace: boh…);
e questa gente qui, questi gatti neri di sarcasmo molesto attaccati alle palle di qualsiasi avventore di film senza spari, senza serial killer, senza von Trier, e senza stupri, accoltellamenti e allagamenti, giudicati non si sa perché film inferiori, questi gatti neri qui, questo tormento eterno di cattivismo, beh, questa gente qui, cazzo, ha invece adorato le Little Women della Gerwig!!! !!! !!! !!!
Ma come accidenti è possibile!!!???
Alcuni motivi che, senza comprenderli, riesco a “inventare” per motivare tale incoerente comportamento sono:
che lo star system è tornato quello degli anni ’50, e allora basta il divo per fare il film, per cui Saoirse Ronan e Timothée Chalamet bastano per rendere il film “bello”, anche se il film è una merda (così è successo a Lady Bird)…
che basta la lievissima ironia obliqua del finale per far dimenticare il solito sozzo sentimentalismo caramelloso, sempre il solito, della trama allappante della Alcott, come se il pasto facesse tutto schifo ma siccome il dessert è ottimo allora si vota 10/10 il ristorante su Google Maps…
che in tempi di bulldozer registici da sceneggiatura di ferro, in cui a ogni campo corrisponde implacabile un controcampo, o in cui si fanno solo pianificatissimi long take lussuosissimi ma a caso, si finisce per apprezzare qualsiasi cosa esuli da tali gabbie, perfino le inquadrature a caso, del tutto incoerenti, acerbe e a tentoni della Gerwig…
Non lo so…
fatto sta che Little Women non è una merda, ma di certo non è il capolavorissimo che è sembrato ai membri dell’Academy e alla solita pletora di Moviesegar, Cinesbatt, Gorgoglio Merd, Strumflix, Robomag, Filmsx, Screeks e alla gente che sui social diffonde, facendo il PR gratis, i loro articoli — Down

23 – Richard Jewell – Clint Eastwood – WB
Visto in inglese…
È la solita zuppa…
Carina, cucinata fantasticamente, e ancora in grado di far riflettere…
La si mangia con gusto, ma più per abitudine che per effettiva “volontà”…
È una zuppa buona, che riesce, tra le righe, a farci mangiare molte cose nutrienti… cose, però, che magari quella zuppa ci fa mangiare tutte le volte…
Boh…
Se ne hai voglia, ok: viva la zuppa…
Se vuoi qualcos’altro, qualcosa di “nuovo”, beh, nessuno potrà davvero rimproverarti… — Not so Up

24 – 1917 – Sam Mendes – 01 Distribution [DreamWorks]
Visto in italiano…
Che gli vuoi dire?
Senz’altro niente, perché la fattura fotografica è sopraffina…
che quella fattura inquadri un filmetto un po’ superficiale rispetto a tutto quanto si è già detto sulla Prima Guerra Mondiale, ok…
ma quella fattura si compiace di un grado di perfezione così “violento” da farla risultare perfino posticcia: una cosa così bella da *non poter essere vera*, anche là dove riesce a essere così immersiva e così realista
una bellezza tecnica che “tarpa le ali”, paradossalmente, proprio alla credibilità, così bella da trascendere e scavalcare la sospensione dell’incredulità…
Quello che senza dubbio 1917 rappresenta è un bel dilemma estetico…
Se si avesse in casa un modellino vivente del mondo, con proprio dei piccolissimi omini che ci vivono dentro, quel modellino sarebbe bello da guardare? [l’avete mai visto il corto Carlo di Ago Panini?] o, nonostante la vera vita degli omini quel mondo risulterebbe perfino meschino, noioso, poco interessante, una copia perfino smorta, spettrale, come il museo delle cere…
È una cosa già capitata nella storia: Aleksandr Nevskij era contro il realismo socialista ma non ha finito, poi, per implementarlo? Un realismo socialista dietro cui si nascondeva il più sciatto pressappochismo di finzione?
Revenant era immersivissimo, ma era così bucherellato da difetti teorici di sguardo (con la macchina da presa che monta in groppa al cavallo da sola e senza motivo) da non riuscire a reggersi…
In Matrix Reloaded e in The Walk di Zemeckis la macchina passava attraverso camion e muri con l’intento di fare realtà ma con il risultato contrario di rendere il film ridicolmente fasullo…
È meglio qualcosa di vero che si vede essere finto, o qualcosa che si sa finto ma che ci illudiamo essere vero: qualche cosa a cui riusciamo a credere…?
Black Hawk Down è fintissimo e antirealistico in superficie, con perfino il cielo verde… ma come mai, allora, risulta più vero di 1917 (tanto che i soldati americani che combatterono in Somalia si congratularono con Scott?)
1917 è superbo…
…ma finisce nel modellismo
anche perché decide di strutturare la trama nel modo più facilior e perché decide di trascurare qualsiasi implicazione di rappresentazione, di evitare qualsiasi anche minima idea di metacinema (lo stesso errore in cui era incorso Nolan in Dunkirk)…
se Mendes avesse incluso il problema del “sembrare finto” del suo film, con, boh, più foto con cui avere a che fare, o più “percezioni sbagliate” invece che puro edonismo illustrativo-costruttivo, allora avrebbe fatto un capolavoro invece di un noioso saggio di sceno-illuminotecnica cinematografica professionale… [vedi anche quanto si dice in The Prom] — Not so Up

25 – Birds of Prey – Cathy Yan – WB
Visto doppiato malissimo…
L’ennesimo Luna Park della Warner (dopo IT), in cui le bambinacce, giocando e immergendosi nella fiaba di lotta con l’Es cattivone, cercano di crescere e venire a capo dei loro problemi edipici (o, per meglio dire, ‘elettrici’, da Elettra, che sovrintende allo stesso “complesso” di Edipo riferito al genere femminile)…
Colorato e scanzonato…
Metanarrativo e metacinematografico…
e alla fine inconcludente…
puro divertissement… — Down

26 – Dark Waters – Todd Haynes – Eagle Pictures [Participant Media, Storyteller]
Visto in inglese…
Quello che ha evitato di fare Mendes lo fa benissimo Haynes, in un film che è tutto un logos non solo su quello che succede (lo schiavismo mondiale nei confronti delle corporations, a cui si delega ogni aspetto della vita e della morte producendo morti, feriti e malati che si trattano soltanto come marginali casualities anche se sono a milioni), ma anche su come si riprende quel che succede
Uno spettacolo cupo, narrativamente assai fiacco (lento, pieno di momenti che girano a vuoto, interminabile), ma che vale la pena di affrontare almeno una volta, poiché ci si vedono dentro tutte le implicazioni estreme e goduriose di cosa vuol dire fare cinema…
Implicazioni che si vedono qui molto più che in Nolan e nei tormenti di piani sequenza inutili che vanno tanto di moda… — Up

27 – Les Misérables – Ladj Ly – Lucky Red [3Marys]
Visto in francese…
Ha avuto i suoi detrattori…
…che hanno detto essere un film troppo buonista, benintenzionato (però Little Women, invece, è tanto bello!) e alla fin fine furbo e furbastro…
Io non sono tra questi detrattori…
A mio avviso, l’equilibro tra enunciato visivo e istanza etica è invidiabile, e la scelta finale e insieme cinematografica sul vedere/conoscere, o sull’agire/osservare, è coinvolgente…
e il sistema narrativo del regista, insieme in mezzo e insieme esterno alla storia, con strumenti tecnici di prim’ordine, è da lodare a mille… — SuperUp!

28 – Buio – Emanuela Rossi – Courier
Stupefacente fiaba sull’esigenza della fine del patriarcato…
Denso e metafisico, inconscio e stilizzato, giocattoloso e delirante, sbrindellato ma coerentissimo… Conquista… — SuperUp!

29 – Favolacce – Fabio & Damiano D’Innocenzo – Vision
Se ne parla anche qui
Non gli puoi dire che è brutto, ma anche questo, come Parasite, prende per forza e, al contrario di Parasite, non ha neanche la componente “delusionale” gilliamiana sul sogno conclusiva, ma ha un complicato intreccio nichilista senza struggimento…
Interessante, ma è davvero pesante… — Not so Up…

30 – Ema – Pablo Larraín – Movies Inspired
Visto in spagnolo-cileno…
Film di videoarte effettivamente stupefacente e ipnotizzante, ma caciarone, caotico e cattivista nella vicenda: scorre male, e inquadra con compiacimento la follia del mondo quasi come un von Trier qualsiasi…
Se non fosse stato per le immagini, non l’avrei finito di vedere per quanto vomitanti sono le azioni acriticamente illustrate dalla trama… — SuperDown!

31 – Matthias & Maxime – Xavier Dolan – Lucky Red
Visto doppiato, purtroppo…
Un Dolan più artistico e meno artistoide, più genio invece che genialoide, più divertito, fanciullesco, quasi anime (Kodomo no Omocha o Orange Road o Marmalade Boy) per via delle passioni e delle azioni rappresentate così vividamente, così immediatamente e così “cinematograficamente” (le azioni dei personaggi che si frangono in frame onirici, in composizioni di inquadratura fotografici, da stills di vita; con gli sguardi presi anche da cose simili ai buchi della serratura, sbirciosi e insieme fattuali, evidenti, presenti, a costruzione di uno scenario emotivo-visivo di tellurica efficacia!) da travolgere qualsiasi scetticismo, da sorpassare qualsiasi barriera tra perfomance e ripresa
Gli attori grondano di una naturalezza così essenziale e fulminante da non sembrare neanche attori (una cosa che non vedevo dai tempi del Branagh di Much Ado about Nothing e dal Big Easy di McBride), e la macchina li incornicia in un caleidoscopio di frame così sicuro, lesto, architettato e composto da scivolare via meglio di qualsiasi pièce bien faite, con anche le più luride sciocchezze messe lì per fare atmosfera, goliardia, divertimento e contesto insieme alle altre inquadrature diegetiche…
Divertente, spassoso, avvincente e serenissimo, è un film che tratta nel migliore dei modi tutti i sottotesti dei rapporti interpersonali amichevoli…
Effettivamente da adorare… — SuperUp!

È stato anche l’anno di quella gran cagata di Marriage Story, probabilmente la più enorme stronzata dell’anno… Noioso, verboso, di un sistema visivo per lo meno “elementare” (se non, come quello della Gerwig, “didattico”, cioè a caso, fatto a tentoni da gente che sta imparando), recitato con una esagitazione iperbolica ridicola, e dalla trama degna dei peggiori filmTV anglo-tedeschi da pomeriggio di Rete4 durante le vacanze estive o natalizie (difatti è venuto fuori di dicembre, come gli sceneggiati basati sui romanzini di Rosamunde Pilcher)… Disastro… e l’hanno anche nominato a diversi premi… boja!

È stato anche l’anno di Jojo Rabbit, invece splendido discorso, visivo e storico, sulla tragedia del nazismo e dell’antisemitismo: divertente, dileggiante, spassoso ma ficcante millimetricamente là dove c’è da ficcare, con un montaggio lucido e goduriosamente erratico, e un livello di sguardo frontale ma mobile, quasi alla Wes Anderson… eccellente!

È stato l’anno anche di A Rainy Day in New York: sontuosissimo a livello visivo (Storaro è siderale) e non malaccio a livello di trama, anche se decisamente all’acqua di rose… non fa male… ma forse non fa “niente”… sarà utilissimo a tutti coloro che vogliono imparare l’illuminotecnica artistica cinematografica ai massimi livelli (un manuale simile a 1917)!








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8 risposte a "Il papiro del 2019/2020"

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  1. della tua lista ho letto approfonditamente Knives Out (piccola perla), star wars (non ci credo che ti sia piaciuto) e the irishman che non ho visto

  2. Complimenti per questo divertentissimo papiro. Condivido il giudizio tiepido su Maleficent 2, non sono d’accordo su Knives Out, che a me non è piaciuto, ma restando a tema McGuffin ovviamente amo anche io La Finestra sul Cortile e Grace Kelly. Ora non posso più aspettare a vedere Joker dopo averti letto!

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