Andrò random…
Per cui, alla fine, di questo post non ci si capirà una mazza…
#1: Black Marvel
Ragionare per dogmatismi o per categorie è inevitabile, data la conformazione del nostro encefalo…
Sicché per anni, anche in commenti recentissimi, a proposito dei film Marvel e DC, io ho sempre considerato il pericolo che tali film potessero foraggiare il suprematismo fascistardo…
da un po’, però, sui social gira questo assunto:
«
X-Men is about civil rights. If you didn’t get that, you didn’t get X-Men.
Black Panther is about civil rights. If you didn’t get that, you didn’t get Black Panther.
Captain America literally fought Nazis. He is the embodiment of fighting the alt-right. If you didn’t get that, you didn’t get Captain America.
The Empire in Star Wars is fascist. The Rebel alliance are Anti-Fascist. If you didn’t get that, you didn’t get Star Wars.
The Punisher isn’t meant to be a role model for police or armed forces. So much so that the writers of The Punisher made him actively speak out against it in a comic. If you didn’t get that, you didn’t get The Punisher.
Deadpool is queer. He’s pansexual. Fact. If you didn’t get that you didn’t get Deadpool.
Star Trek is about equality for all genders, races and sexualities. As early as the mid-60s it was taking a pro-choice stance and defending women’s right to choose. One of its clearest themes is accepting different cultures and appearances and working together for peace. (It’s also anti-capitalist and pro-vegan). If you didn’t get that, you didn’t get Star Trek.
Superman and Supergirl (and a whole host of other superheroes) are immigrants. The stance of those comics is pro-immigration and pro-equality and acceptance. If you didn’t get that, you didn’t get Superman or Supergirl.
Stan Lee said “Racism and bigotry are among the deadliest social ills plaguing the world today.” If you’re bigoted or racist, you didn’t get any of the characters Stan Lee created.
The stories we grew up with all taught us to value other people and cultures and to treasure the differences between us. Only villains were xenophobic, or sexist, or racist, or totalitarian. I can’t understand how anyone can have missed that.
If you’re upset that there’s a black Spider-Man, or a black Captain America, or a female Thor, or that Ms Marvel is Muslim, or that Captain Marvel was pro-feminism, or any of the other things right wing “fans” say is “stealing their childhood” – you never got it in the first place. The things you claim are now “pandering to the lefties” were never on your side to begin with.
If you consider yourself a fan of these things, but you still think the LGBTQ+ community is too “in your face”, or have a problem with Black Lives Matter, or want to “take the country back from immigrants”, then you’re not really a fan at all.Geek culture isn’t suddenly left wing… it always was. You just grew up to be intolerant. You became the villain in the stories you used to love.
»
interessante
la mia idea balorda che, dato che tanti hanno frainteso quei film e quelle storie, allora quei film e quelle storie sarebbero comunque da limitare si assopisce?… forse no…
ma il discorso sui social fila… è un ottimo argomento…
pochissimo tempo fa, in un commento, dissi che ritenevo dei poveracci coloro che si lamentano di attori orientali o neri nei film Marvel…
in Thor c’è un coreano, e addirittura Heimdall è Idris Elba: e la gente s’è lamentata che Heimdall fosse nero: io mi sono sempre chiesto il perché, e mi rispondevano che le «divinità nordiche» non potevano essere nere, perché frutto della fantasia degli uomini bianchi…
…perché, naturalmente, i nordici potevano immaginarsi solo qualcuno di nordico… infatti, Akkadici, Sumeri ed Egizi si immaginavano uomini-uccello o dèi-sciacalli perché la cosa era conforme a ciò che era la loro esperienza: senza dubbio, in Egitto, nel 3280 a.C., gli uomini con la testa di sciacallo erano certamente plausibili, mentre un nero nell’Islanda del 681 d.C. no, non è possibile immaginarselo…
Perché gli sciacalli si vedono, i neri, a quei tempi, non si vedevano…
Mah, boh… secondo me questa conclusione fa acqua…
Però, tornando a bomba, se qualcuno è lì a incavolarsi che un personaggio è nero in un film Marvel vuole purtroppo dire che il fraintendimento è radicato: non sarà, però, certamente colpa della Marvel: le cose sono complesse…
—
#2: È fatto apposta!
Io non sono mai stato granché a sfavore delle riproposizioni femminili o colorate dei film…
Secondo me il Ghostbusters di Paul Feig è stato massacrato a sproposito…
Ed è stato massacrato a sproposito, sul nascere, il reboot di Buffy con una protagonista nera…
E quante ne hanno dette alla Disney quando si appressava a un chiacchierato live action di Little Mermaid con protagonista un’attrice «più nera del dovuto»… anche cervelli sopraffini hanno detto che «far vedere una nera a cui un bianco insegna a usare la forchetta è propagandare un’immagine suprematista»… boja…
Ultimamente tanti encefali di Twitter dicono che Hollywood lo fa apposta…
Cioè, buttano là un film con protagoniste donne o neri *sapendo di fare flop*, così possono dire «avete visto che i film con le donne e coi neri fanno flop! Vuol dire che non piacciono! sicché non li facciamo più!» e tornano beatamente a fare film machisti e suprematisti…
È possibile che sia così, come no…
Ci sta che i grossi studios (quelli che, nel contempo, se incassi anche 10€ meno del previsto nel primo weekend ti licenziano) siano disposti a spendere (e perdere) milioni di dollari nel fare un film con protagonisti donne e neri che è progettato per fallire: lo fanno perché sono studios bigotti e WASP che i neri li vorrebbero morti e le donne in cucina, e quindi sì, perdono milioni scientemente e lo fanno per portare avanti la loro idea di vita squallida…
È possibile, certo…
Naturalmente, le donne e i neri che partecipano a quei film (e che vengono pagati), del complotto non sanno nulla e si prestano inconsapevolmente a un progetto che, nel complottismo, tutti sanno essere fatto proprio *contro di loro* (lo sanno tutti tranne che gli attori coinvolti, oppure anche quegli attori sono complici! anche se neri)…
Boh…
Ma ci sta tutto eh… come no…
Secondo me non è vero nulla (tutto quello che ho studiato di Hollywood mi dice che certi complottismi sono poco probabili, dato che il 98% delle decisioni prese a Hollywood è del tutto casuale senza nessun vero motivo a guidare certe scelte: però si sa che la Universal tenne 8 anni George Romero a lavorare a un film mai ultimato apposta per non fargli scrivere storie “socialiste” [così ha sempre dichiarato Romero], ma è la stessa Universal che ha dato i soldi a Gilliam e Roven per fare Twelve Monkeys, che non mi sembra per niente un film destrorso nella sua acerrima critica al potere e al controllo: mah…),
ma chissà…
—
#3: Via col vento del razzismo
L’andazzo è bruttissimo perché chi protesta in modo sacrosanto contro i neri che vengono ammazzati come mosche da decenni (è spettacolare l’assunto di Will Smith: «non è che il razzismo è peggiorato ultimamente, è che prima non veniva filmato!»), o contro i fondamentalisti che bruciano gli LGBTQ+, finiscono per voler fare tabula rasa contro qualsiasi cosa, nel passato, non abbia previsto l’esistenza di neri o di LGBTQ+…
Ed è una tabula rasa bella grossa, poiché di certe tematiche si parla sono da pochi decenni…
Finisce che una lotta di liberazione si fa promotrice paradossale di un annullamento di tutto ciò che l’Arte ha prodotto dal 5000 a.C al 1989 (se va bene)…
E finisce in loop logici che fanno davvero paura…
Ho sentito dire «non censuriamo Via col vento, perché Via col vento è un capolavoro: se proprio volete censurare, censurate Mississippi Burning perché ha gli eroi bianchi ed è un film revisionista reaganiano!»…
Non so se questa sentenza ha davvero una logica profonda…
Ho visto anche buttare giù statue di chissà chi…
Nella musica, io ho visto così tanti scempi simili (dovuti principalmente a Boulez e Adorno, che dicevano che Beethoven e Mozart, siccome erano piaciuti a Hitler, erano nazisti e non andavano suonati mai più), che da una parte non sono sorpreso di tali derive, ma sono certamente dispiaciuto che si ripresentino, anche perché se ti metti a dire «come mai si deve censurare le cose del passato!?» ti urlano contro che sei complice del razzismo…
Sembra davvero come la Cambogia di Pol Pot: dovevano esistere solo i comunisti rurarli, chiunque altro (i comunisti operai, gli studenti, i pellicciai, chi aveva i capelli troppo lunghi non adatti al lavoro nei campi, chi aveva gli occhiali e non ci vedeva) doveva morire… e morirono eh…
Ed è un problema bello grosso perché, come si diceva prima, dal 3090 a.C. al 1989 di roba ne è stata fatta parecchietta, tanta orribile, ma alcune cose non furono così male…
…e la realtà è permeabile e liquida: la democrazia americana è stata messa in atto da suprematisti massoni…
…anche quella, quindi, è da gettare via, come il bambino con l’acqua sporca, perché a volerla sono stati i razzisti?
…e dire una cosa simile è stare dalla parte dei razzisti? è difenderli?
Mah…
E davvero la scelta è tra tenersi Via col vento e bruciare Mississippi Burning?
Io credevo che si stesse parlando di bianchi che ammazzano i neri oggi, e non dei film del 1939, dei film del 1988, o della questione coloniale del 1498 o 1779…
io credevo che si dovesse essere persone migliori oggi… e poi rimanerlo in futuro…
su quello che s’è fatto prima, ok, c’è la Storia e il suo studio/comprensione…
…davvero c’è da buttare giù EUR, Sabaudia, la Farnesina, il Foro Italico, Roma Termini, Firenze Santa Maria Novella, Milano Centrale, la Stazione di Poggibonsi, di Montecatini Terme ecc. ecc. ecc. perché le ha costruite il fascismo?
mah…
e davvero c’è buttare giù piramidi, ziqqurat, palazzi reali e regge perché li hanno costruiti regnanti schiavisti?
mah…
c’è da incazzarsi davvero per qualsiasi smaronata sessista imperante in qualsiasi cosa prodotta dall’uomo nella Storia?
mah…
ripeto: già c’è tanto di sbagliato oggi: le energie spese per bruciare Via col vento o per buttare giù Cristoforo Colombo, a mio avviso, potrebbero essere spese in altri modi più adatti a toglierci dai piedi il razzismo vero e fattuale del presente (non quello, pur doloroso, che abbiamo alle spalle)…
[corollario: ricordiamoci il divertente assunto della Life of Brian dei Monty Python sugli antichi romani]
–
#4: Favole nichiliste
Io stesso ho peccato molto di dogmatismo nel mio post su Favolacce perché ho detto, in maniera tranciante, che Favolacce è una fiaba…
Kalos di Hovistounfilm, invece, m’ha giustamente detto «ma Favolacce è una favola!»
Perché, in effetti, il genere nichilista (e Favolacce è nichilista senza dubbio) è la favola, mica la fiaba!
–
#4.1: La fiaba utopista
La fiaba, da tanti (Dieter Richter, Max Lüthi, Italo Calvino e poi, in modo principale, Jack Zipes: tutta gente “censita” in A mille ce n’è) è considerata libertaria, perché utopistica, visto che raggiunge, spessissimo, una quadra felice nella sua narrazione… non sempre c’è l’happily ever after edulcorato (che si trova spesso di Andrew Lang), ma molte volte l’eroe protagonista «ce la fa», molte volte il re tiranno muore per lasciare posto a un nuovo regno meraviglio di giustizia, e gli amanti si riconongiungono ecc.
la fiaba tradizionale è storicamente (ma sull’argomento torneremo dopo) felice…
–
#4.2: Esopo nichilista
La favola, invece, in Esopo, presenta sempre un mondo homo homini lupus (anche se sono tutti animali) dove il più grande mangia il più piccolo, per catena alimentare, per entropia, e nessuno ci può fare un bel niente (e la volontà è esclusa dall’obbedienza alla catena: è celebre la favola dello scorpione e della tartaruga che attraversano il fiume, con lo scorpione che uccide la tartaruga finendo per affogare lui stesso, perché pungere la tartaruga è proprio più forte di lui, l’istinto della catena alimentare è più forte perfino dell’autoconservazione: in Esopo si presenta una storia in cui si “preferisce” morire tutti, in modo ineluttabile, invece di cercare qualsiasi altra soluzione)…
La Natura, per Esopo, è solo fonte di infelicità e disperazione, e appena ti distrai un attimo (e se ti distrai è solo colpa tua), muori…
La battuta che gli animali di Esopo dicono più spesso è Βαρυδαίμων ἔγωγε, il «me disgraziato» della fatalità subita (il testo di Esopo che ho tra le mani è quello stabilito da Émile Chambry per Les Belles Lettres di Parigi nel 1925-’26: nel 1951 fece una traduzione italiana Elena Ceva Valla per la BUR Rizzoli ma da allora ne sono seguite tante altre)…
La moraletta edificante, in calce alle favole di Esopo, imposta dagli ellenisti allessandrini e poi confluita in La Fontaine (una delle traduzioni più diffuse di La Fontaine è quella che Emilio de Marchi ha fatto per Sonzogno, a Milano, nel 1885-’86), fa molta fatica a incollarsi a storie spesso tristissime…
–
#4.3: Esopo politicizzato che si “libertarizza” (Trilussa)
Un andazzo nichilista che permane in Fedro, in La Fontaine, nell’altra grande raccolta settecentesca che non cito mai (quella di Jean-Pierre Claris de Florian del 1791-1794, uscita completa postuma nel 1802 [m’è venuta in mente perché, per lavoro, ho avuto in mano quell’edizione 1802 nella traduzione italiana che Biagio Chiara approntò per l’editore Rocco Carabba nel 1911: Carabba fu una sorta di pioniere: nella provincialissima Chieti, nel paesone di Lanciano, che oggi fa quasi 35 mila abitanti, costituì la sua casa editrice che, ai tempi, arrivò a primeggiare in Italia: una storia non priva di fascino]) e anche in certe riproposizioni di Giuseppe Giacchino Belli e Trilussa (Carlo Alberto Salustri), i quali immettono una certa politicizzazione nella catena alimentare nichilista di Esopo, che George Orwell (nella Animal Farm, che è del 1945) non ha fatto altro che accogliere (con tutti i sentimenti)…
La politicizzazione della favola esopiana l’ha resa, per forza di cose, un pochino più “libertaria”, esattamente come la fiaba: il grillo di Trilussa, per esempio (del 1914), finisce con «E forse un giorno Iddio benedirà / ogni goccia di sangue ch’è servita / pe’ scrive la parola Libbertà» (cito dal testo trilussiano più affidabile, quello che Claudio Costa e Lucio Felici hanno curato per la Mondadori nel 2004: Er grillo zoppo è a p. 1292)…
Un assunto del tutto congruente con le idee utopiche della fiaba, segno che già nel 1914 le categorie si ibridavano a mille…
–
#4.4: Per contro, la fiaba si “intristisce”
Anche perché certe fiabe, che dovrebbero essere utopiche, in quanto a disperazione non scherzano affatto…
–
#4.4.1: Kunstmärchen
Qui, prima di andare avanti, si dovrebbe fare una distinzione tra Volksmärchen e Kunstmärchen: perché le fiabe, rispetto alle favole, sono complesse…
Ci sono quelle abbastanza riconoscibili, che nel tempo variano mantenendo una traccia ben precisa, e che ritroviamo pressoché in tutti i repertori (Mille e una notte, Basile, Perrault, Grimm, Afanas’ev)… e quelle sono le Volksmärchen (i Grimm le chiamarono Kinder- und Hausmärchen), le fiabe del popolo, raccontate a voce…
Ma ci sono anche le fiabe scritte da scrittori apposta: cominciò Madame d’Aulnoy a scriverle, poi lo fecero anche Barbot de Villeneuve e Leprince de Beaumont, ma i veri maestri, nel primo Ottocento, furono Friedrich de la Motte-Fouqué, Johann Wolfgang Goethe e poi, sua maestà Clemens Brentano: è lui che ne scrive a mille!
E questo tipo di fiaba non è che è così identica alla fiaba raccolta dai Grimm, e difatti viene spesso chiama Kunstmärchen, la fiaba d’arte…
–
#4.4.2: Brentano, de la Motte-Fouqué, Andersen, Gogol’, Heine
Nella Kunstmärchen i miti e i topoi delle Volksmärchen magari sono anche gli stessi (vedi, nel mondo slavo, la presenza di un personaggio come Kaščéj, presente in tutti i racconti, sia orali sia letterari: vedi anche le Musiche per la primavera), ma il lieto fine utopico è molto meno frequente…
Per fare un esempio, c’è tutto un filone mitico sulla ragazzina affogata nel fiume, all’origine di un sacco di personificazioni (Ondina, Melusina, Sirena, Villi, Silfide, Rusalka, Lorelei: le storie con queste ragazzine sono innumerevoli sia nell’Europa centrale teutonica, sia nell’Europa orientale o centro-orientale slava, anche con un buon numero di esemplari britannici e francesi), che toccano anche Gogol’ (una delle Veglie della fattoria di Dikan’ka, la Majskaja Noč, la Notte di maggio, ha per protagonista una Ondina, e quel racconto ha ispirato almeno due opere liriche) e poi, naturalmente, Andersen, che ben dimostrano la voglia tragica delle Kunstmärchen…
Sia la Undine di de la Motte-Fouqué, sia la Lorelei di Brentano o Heine, sia la Sirenetta (Den lille Havfrue) di Andersen finiscono, nizzole e nazzole, tutte in tragedia (vedi anche il Lago dei cigni di Čajkovskij, numero 29 di Operas IV), anche bella pesantina…
…Brentano e Andersen, inoltre (e anche Gogol’ dei Racconti di Pietroburgo), finiscono spesso e volentieri malissimissimo…
Perciò i contorni e i confini tra favola e fiaba si mescolano così tanto da andare molto al di là della mia ingenua categorizzazione proposta, fin troppo tranciante, in Favolacce…
forse è proprio il neologismo fiabola (© lei) che si adatta meglio a quello di cui stiamo parlando!…
è curioso, altresì, notare, in questo senso, per complicarsi ancora tanto la vita, come sia Francesca Brunetti (nel 1984 per lo Studio Tesi di Pordenone), sia Luciano Foà e Gilberto Forti (nel 1990 per la Adelphi di Milano) abbiano tradotto come Favola quello che Goethe aveva intitolato Märchen, e che altre lingue tradussero come Il serpente verde…
La scelta, di due case editrici grosse, di applicare il termine Favola a quello che in tedesco è sempre stato usato per designare la fiaba, la dice molto lunga sull’enormità del problema!
E se si pensa che fiabola sia un termine cretino, pensiamo che anche telefilm è un cesso di termine: Bruno Migliorini lo disse subito: televisione vuole dire «visione da lontano», e quindi telefilm cosa è? è un «film da lontano»?
ma, nell’immaginario, si è imposto telefilm: una cosa un po’ sciocca che è diventata sostanziale (ma forse ne parleremo dopo, forse al punto #6)
–
#4.5: Tornando a Favolacce
Tornando al film dei D’Innocenzo, e alle nutrienti osservazioni di Kalos, esso poteva, alla luce di quanto detto, intitolarsi anche semplicemente Favola, data la natura nichilista primigenia della favola esopica… ma non poteva farlo, perché favola e fiaba si sono ibridizzate, e anche la favola è divenuta “libertaria” proprio mentre la fiaba si intristiva…
sicché nulla di fatto e zero assoluto…
rimane da considerare però un paio di punti (forse tre) in questo inutile gioco speculativo su Favolacce tra favola e fiaba…
–
#4.5.1: Gli animali
Favolacce non ha per protagonisti gli animali…
la cosa fa pendere la bilancia per un Favolacce che è fiaba…
ma non ne sarei così sicuro…
I ragazzini protagonisti potrebbero essere visti, a tutti gli effetti, come animali in cattività, anelanti la libertà ma costretti all’abulia…
ci penserei a lungo…
–
#4.5.2: La narrazione “semplice”
Il discorso della narrazione… poiché, in quanto a narrazione, la fiaba è sempre stata più narratologicamente complicata della favola, anche della favola più “strong” (la favola come si intende la Animal Farm di Orwell, o Watership Down di Richard Adams o le storie di Beatrix Potter)…
Favolacce sembra avere una narrazione semplice, molto da favola…
ma anche lì ci penserei a lungo…
Il diario ritrovato… diario della piccola Alessia… che però è letto da Max Tortora, che è narratario che non si vede mai… e che narra anche le vicende di Geremia e Viola o di Dennis e Vilma, cioè vicende di cui la piccola Alessia non dà alcun resoconto… ma si vedono lo stesso…
…e il circuito di eterno ritorno simbolista…
e la rivelazione del professore che volontariamente spinge i ragazzi alla “soluzione finale”, che avviene con una strumentale analessi…
…e lo sguardo deformato e dettagliato…
non lo so se Favolacce ha davvero una narrazione così piana e lucida come quella delle favole…
i suoi rigirii sono invece forse vicini alle grosse architetture di certe fiabe dei Grimm o di Afanas’ev o di Andersen piene di andate, ritorni, prove ed errori, anche enigmatici…
–
#4.5.3: Inconscio o Naturalismo?
Come si diceva in Buio, la fiaba (vedi anche Bettelheim, von Franz, o anche Bartók e Balázs) è spesso inconscia…
…e anche Favolacce, con le sue sfocature a vignettare i contorni dell’immagine, è forse inconscio…
e la cosa farebbe piegare la bilancia verso le fiabe…
però non si può dire che Favolacce sia inequivocabilmente inconscio come lo è Buio…
e su tutto questo punto aleggia un precedente che io non avevo considerato nel mio precedente post: cioè Jude the Obscure di Thomas Hardy, 1895… [c’ha fatto anche il film Michael Winterbottom nel 1996, con una stupefacente Kate Winset che ci gratifica, almeno nell’International Cut, di un magnifico nudo full frontal, ma che, a parte questo, scorre parecchio malino]…
anche in Jude the Obscure c’è un bimbo “rattrappito” nell’abulia di una famiglia poco centrata che finisce per annullarsi nella morte, portando con sé anche le sorellastre piccoline, un bimbo incapace di vivere nel mondo capitalista dell’Ottocento vittoriano…
Ma Jude the Obscure è un romanzo perfino naturalista, cioè viaggiante in un piano del tutto diverso da quello delle favole e delle fiabe, quello del presunto realismo…
E Favolacce mica rientra male in una definizione Naturalista, nonostante tutto…
Bimbetti morti ammazzati, per fame o per politica, ci sono tutti nei romanzi Naturalisti o perfino Positivisti dell’Ottocento (quelli più sconosciuti anche italiani, tipo la roba di Eugène Sue, Francesco Domenico Guerrazzi, o Ferdinando Petruccelli della Gattina)…
romanzi pieni di giochesse narrative simili a quelle di Favolacce, che «prendono per forza» come Favolacce, e che parlano di sociale in termini disperati e delusionali come succede in Favolacce…
certamente, però, il titolo Naturalismaccio sarebbe stato molto meno incisivo!
—
#5: Di chi parlavamo?
Una cosa è sicura: certamente tutto questo discorso su Favolacce rende il film dei D’Innocenzo ancora più cólto e interessante, ma ancora non basta dall’assolverlo di essere un Bignami di Schopenhauer un pochino poco empatizzante, e che quindi finisce per incappare nelle stesse cose che forse voleva (o forse no) denunciare…
e si ritorna alla Durastanti o a von Trier o al Cervo sacro di Lanthimos: si fa presto a essere Schopenhauer, ma se non lo siamo con qualcosa d’altro (con sbeffeggio, con disperazione, con rabbia, con ribellione, con senso civico, con ansie di “avvertimento della società”), allora non so se si dice tanto, visto che Schopenhauer è morto che era il 1860 e che già Richard Wagner, dal 1865 in poi, ci ha ammorbato con «è meglio non essere»…
—
#6: Concordie e coincidenze?
Finisce che tra favole, fiabe, dogmatismi e convinzioni, si parla solo per fare un paio di considerazioni dolciamare…
- che ragionare per dogmi non è mai bene, o, se lo si fa, è bello essere subito smentiti, perché porta a riflettere sul dogma, a metterlo in dubbio, e ad arricchirlo…
- che, forse, l’ibridare il dogma, aprendolo alla discussione critica, forse porta alle aberrazioni che si dicevano nello Stregatto Astratto: aberrazioni che forse finiscono per annullare perfino il confine tra ciò che è vero e ciò che non lo è…
Mica si potrà davvero accettare come intelligente qualcuno che dice che è stato Napoleone a scoprire l’America solo perché egli va contro un dogma?
Mica si potrà mai dire che 2+2 fa 5 solo per ibridare il dogma…?
E se tutti cominciassero a pensare che l’America l’ha scoperta Napoleone, e che 2+2 fanno 5, e se queste cose fossero scritte nei libri di scuola?
Noi chi saremmo, a quel punto?
boh…
–
Possiamo dire che non potrà mai capitare perché c’è la scienza?
boh…
–
perché come si fa se anche la scienza ragiona per dogmi e perfino i libertari bruciano i film razzisti? - anche se capitasse io sarò felice di valutare le aberrazioni, perché valutandole spero di non farle essere dogmi… perché un conto è valutare documenti e certezze da proporre come contrasto a un immaginario aberrante, ma un conto è ragionare sempre per categorie intellettuali senza considerarle puri costrutti di comodo…
Favola, fiaba, forma sonata, Leitmotiv, Naturalismo o anche la logiche produttive di Hollywood, i suoi periodi, le sue scuole: sono tutte cose che abbiamo categorizzato a consuntivo per pura comodità tassonomico-didattica…
Non è che Howard Hawks diceva «io faccio film della Golden Age of Hollywood», né George Méliès diceva «io sono un maestro del cinema primitivo»… tra l’altro, Luchino Visconti cos’è?: è davvero un regista neorealista come si legge in certe trattazioni?…
Tutte le nostre categorie devono per forza avere una morbidezza identica alle stronzate dell’immaginario…
Cerco di spiegarmi:
anche se dire che Méliès è un primitivo del cinema è meno scorretto del dire che Napoleone ha scoperto l’America, la natura dell’assunto è ugualmente fittizia, anche se proposta a fin di bene scolastico, perché Méliès non potrà mai dirsi davvero un primitivo…
perciò quando qualcuno ci dice «la tua teoria fa acqua, e, in certi punti, finisce per avere lo stesso valore della teoria secondo cui Napoleone ha scoperto l’America», io non tenderei a offendermi, ma a valutare con raziocinio…
Perché quella che ci salva, alla fine, più che la logica, è la logica fuzzy… o una certa mentalità quantistica… che valuta più per maggioranze di probabilità che per assunti aprioristici… una mentalità più aperta alla discussione e al confronto, che però riesce, attraverso tanti gradi di discussione, a separare il vino della feccia senza sacrificare troppo vino nel processo (ma non so se mi spiego)…
Ribadire che favole e fiabe sono distinte, o che Visconti è neorealista, è forse meno importante dello smentirlo ogni volta per raggiungere una più ampia porzione di quello che è stato…
e il rompere certi schemi tassonomici comodi per lo studio, e issati per costruire un recinto di nozionismo atto proprio a non far credere che Napoleone abbia scoperto l’America, è però importante proprio per “impedire” che nella testa si formi quel “blocco” del nozionismo che, paradossalmente, produce proprio la sciocchezza che Napoleone ha scoperto l’America… il nozionismo, cioè, di ritenere importante il nozionismo più che il processo di arrivo al nozionismo, che è fatto di tante smentite del nozionismo stesso…
e mi sono incartato già troppo… - il raziocinio occorre anche nel liberarsi dal giogo del razzismo e dello schiavismo…
il mondo non potrà mai essere perfetto: già pensare che con “opportune” purghe qua e là possa diventare un mondo perfetto fa parte del dogma che fa finire perfino le istanze più salutari (quelle delle necessaria liberazione dai fascio-suprematisti bigotti e razzisti) nel quaquaraquà del Napoleone che scopre l’America…
che gli antirazzisti siano migliori dei suprematisti si sa: c’è solo da dimostrarlo con il continuo raziocinio e la continua discussione, o con la continua ribellione verso le violenze, ma certamente non c’è da “imporlo” con teorie tassonomiche doxastiche da applicare alla cazzo a un passato che non si può cambiare, né nascondere, né spazzare via…
il passato c’è solo da comprenderlo…
e non lo si comprende benissimo se lo distrugge…
#7: Il futuro
Anche se avrei da recensire Amore a domicilio di Amazon Prime e La donna del lago di Giovanni Comisso, forse la prossima recensione sarà sull’Otello appena uscito, registrato da Antonio Pappano e Jonas Kaufmann…
…non sarà facile scriverla o leggerla!
–
ADDENDA:
Non dimentichiamoci mai il monito di Brave New World di Aldous Huxley…
Se non c’è la libertà di essere “infelici” (non facendo, naturalmente, male a nessuno), se non c’è la libertà di “sbagliare” (anche qui, senza fare male a nessuno), allora non so se la società ideale proposta da qualsiasi utopia è davvero valida…
Ok, mi sono perso. Però leggere “narratario” e “logica fuzzy”, che davvero non trovavo da tempo, è stato sgrillettante.
Secondo me invece, al contrario di ciò che a quanto pare taluni pensano, a Hollywood fanno apposta a fare film con neri o LGBTQ+ perché fanno guadagnare, altroché. Se non soldi, sicuramente Oscar o, alla peggio, fama.
Sono tra quelli che ritengono Heimdall nero una simpatica sciocchezza (fatta per introdurre le “quote nere” se no la mitologia nordica è troppo ariana e nazista), ma certo non mi lamento della cosa. Hanno scelto di fare così e vabbè, c’è di peggio. Anche Thor donna mi perplime, più che altro perché Thor – a differenza di altri supereroi – non è una “carica”, un “titolo”. È un individuo con quel nome… non un individuo che assume quel nome da supereroe. Cioè, Tony Stark diventa Ironman, Thor È Thor. Boh. Magari avrebbero potuto (nei fumetti, intendo) dare più ruolo a Freya, che so.
Ho fatto il bastian contrario, scusa. 🙄
Il resto degli argomenti che hai trattato li lascio ad altri più meritevoli…
P.S. Scusa l’ignoranza, io sapevo la versione della favola con lo scorpione e la rana, così sono andato a informarmi e mi si è aperto un mondo.
Visto?
Dogmatismo ibridato e convinzioni da valutare per scoprire che “nessuno ha ragione” al 100%, e che ci sono percentuali che solo una ampia consapevolezza e un’ampia apertura mentale fanno arrivare almeno al 90%! [non so se mi sono spiegato]!
–
Sai benissimo che, per me, “sacro” non c’è nulla: neanche su «Troy» ho avuto granché da ridire: grande cacchiata, ma “non farla” non so se sarebbe stato meglio: proprio smentendo «Troy» o «300» si può esercitare il giudizio critico…
–
ma sono troppo ecumenico… «300» l’ho proprio detestato parecchio!
Su «Thor», vabbé…
Vedi commento di prima su «Troy»: anche se fanno una cacchiata sarà bello prenderla in giro!
Tra l’altro: io sono talmente “liquido” che per me LGBTQ+, bianchi, neri, donne, uomini, volpi, trote, sono così naturali che se un film ne parla mi sembra ovvio e normale…
trovo molto meno “naturali” i supereroi, per esempio!
Be’, i supereroi così intesi non esistono, le altre cose sì. 😁