Frozen II

Vederlo doppiato è un po’ una fatica…

Fiamma Izzo è brava e solida, certo, e confeziona bene un giocattolino di voci messe bene (Serena Rossi e Serena Autieri rinnovano la loro aderenza ai personaggi), ma i Brancucci (Ermavilo e Lorena) impostano le canzoni in modo quasi lirico, cosa che cozza con l’impostazione palesemente musical che vediamo in video, e i loro testi, come sempre in questo periodo italico-disneyano (vedi Moana), strabordano rispetto a quello che il personaggio fa
Seguirli è molto difficile…

Anche perché le canzoni sono effettivamente tante…
Dopo aver resistito nei classici Disney post-1989 grazie a Katzenberg che ci credeva e grazie alla professionalità Off-Broadway di Alan Menken, e in un mondo del tutto avulso dal musical (che negli anni ’90 è del tutto morto), negli anni ’00-’10 le canzoni sono state detestate da John Lasseter (capo “animato” Disney dal 2006 al 2018), che le ha appunto tanto ridimensionate durante la sua gestione, nonostante il musical stesse risorgendo con Moulin Rouge! e Chicago (2001 e 2002)… Grandi successi come Wreck-It Ralph (2012) Big Hero 6 (2014), e Zootopia (2016) le canzoni ce l’hanno quasi solo durante i titoli finali: i loro personaggi non “cantano”…
Da qualche anno, però, con il musical molto entrante nell’economia della Disney (vedi il Lion King di Julie Taymor, 1997; l’Aida di Elton John e Robert Falls, 1998-2002; il Beauty and the Beast di Menken e Robert Jess Roth che sta in running addirittura dal 1994 e che, col film a trainare, è ancora running in Asia e Sud America; la Mary Poppins di Richard Eyre, Cameron Mackintosh e Matthew Bourne, 2004-2006), le canzoni nei film animati Disney ci sono eccome, i personaggi cantano felici mentre agiscono e bestsellers come I see the Light di Tangled (2010, di Menken), e proprio Let it Go del primo Frozen (2013, di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez) sono tornati a imporre la presenza delle songs diegetiche (bellissima, ultimamente, How Far I’ll Go di Lin-Manuel Miranda di Moana, 2016)…
E in Frozen II (complice anche Lasseter che non c’è più a rompere le zebe con il suo odio per le songs) le canzoni traboccano, anche in posizioni davvero mal messe, oltre a risultare ridicole per resa visiva (la canzone di Kristoff basata sul video di Mulcahy della Bohemian Rhapsody dei Queen è raggelante per lunghezza e patetichezza iconografica)…

È un film, quindi, che si segue malino, perché la carne al fuoco è tanta:

  1. c’è da stare dietro alla stigmatizzazione della chioccezza troppo prudenziale di Anna (replicando le metafore di Finding Nemo)…
  2. c’è da parlare di buon rapporto con i 4 elementi della natura, da capire più che da “domare”…
  3. c’è da proporre un senso morale della concordia tra i popoli che si basa sul “rimedio” delle ingiustizie passate (tra l’«editto di Nantes» e Inside Man di Spike Lee, 2006)…
  4. c’è da far capire a tutti che la felicità non è stare nella bambagia a giocare ai mimi sperando che non accada mai nulla di “serio”, ma è, al contrario, affrontare il “serio” insieme e con sinergia…
  5. c’è da portare avanti il solito giochino del chosen one
  6. e tutto questo si amalgama insieme per metaforizzare una mente afflitta dagli errori del passato, che risultano in chioccezza, in distacco dagli elementi naturali, in adagiarsi in una bambagia ludica fuggendo dalle difficoltà, una mente afflitta che, finalmente, si realizza pienamente in maturità (l’acqua, che, ricordo, è sempre inconscio, fluente libera dalla diga è una stupenda immagine di liberazione-maturazione-sanità mentale)…

Parlare di tutto questo è difficile, e la drammaturgia di Jennifer Lee porta a casa il risultato con molto affanno…
6 punti di metafora e tremila canzoni a caso si sentono tutti sul groppone dell’ora e 40′ di durata…

Ma le cose dette sono comunque nutrienti, e Frozen II, pur meno compatto sia del primo sia di Zootopia (lavori precedenti di Lee), guizza forse meglio di Moana, perché non incorre nel professionismo fine a se stesso e ci regala goduriosissime, e molto complesse, dato il target, metafore di cinema:

  1. le memorie ghiacciate spuntano dalla tromba d’aria e, come i fotogrammi, appunto ghiacciati, del film, raccontano una storia inconscia da capire: tutto questo è cinema
  2. Olaf riassume la trama di Frozen I come fa un cantastorie epico-cinematografico
  3. Elsa va sul fiume della verità passando per una caverna delle immagini arcobalenate che produce frame simili a quelli di Close Encounters, se non, addirittura, a Jupiter and Beyond the Infinite di 2001 di Kubrick (1968) o ai suoi surrogati The Abyss di Cameron (1989) e Interstellar di Nolan (2014)…
  4. e ancora Elsa, dopo la caverna delle immagini arcobalenate, trova la verità del passato, di nuovo comunicato con frames ghiacciati…

Tutto Frozen II, quindi, è un gigantesco simulacro di pacificazione mentale attraverso il cinema…
è quindi come L’ascesa di Skywalker, e come qualsiasi film bello!
Però è pesante, lungo, e drammaturgicamente incerto…
glielo perdoniamo?
mah, direi di sì!

anche perché tanto dramma drammaturgico è forse da attribuire a Fiamma Izzo e ai Brancucci!

Più delle canzoni (carine ma un pochino pesanti musicalmente rispetto al primo capitolo: e qui i Brancucci non c’entrano proprio nulla) è da rimarcare l’eccezionale lavoro ritmico-timbrico di Christophe Beck nello score, ricco di idee geniali adatte a rendere i diversi elementi (terra, aria/vento, acqua e fuoco), con per me goduriosissime citazioni della mia adorata Volpe di Janáček…

Lo spiritello del fuoco è una delle creazioni sidekick disneyane più carine dai tempi del Kirby sgaruffone di Chicken Little (2005, considerando Pascal di Tangled come qualcosa di più importante di un sidekick), ed Elsa è splendida, da aggiungere ancora alle superbelle elencate in Moana

Sulla situazione odierna della Disney vedi anche, oltre a Moana, Il ritorno di Mary Poppins

Una risposta a "Frozen II"

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  1. Minchia! Frozen non mi ha mai interessato, figuriamoci questo secondo capitolo dopo la tua analisi… maronn’.
    Comunque, è stato bello. Soprattutto per quel “chioccezza” che mi torna nuovo e suona benissimo, anche se è tutto fuorché un complimento.

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