Domino si intitola anche un film di Tony Scott del 2005…
Una cosa sì guardabile, ma forse non “comprensibile”: era una sorta di Tarás Búl’ba di Gógol’ aggiornato (senza alcuna love story, che del racconto di Gógol’ è la parte migliore): una specie di glorificazione della vita anarchico-guerriera che faceva esclamare: «mah…»
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Questo, invece, è un film di Brian De Palma… un regista nato nel 1940 e che, come i coetanei, o di poco più giovani, John Carpenter (nato nel ’48 e fermo dal 2010) o Joe Dante (nato nel ’46: attivo quasi solo in TV o con film che hanno atroci problemi di circolazione), riesce a lavorare a intermittenza, con problemoni di produzione e distribuzione…
Anche altri registi di quella generazione sono in qualche modo “fermi” o ormai in pensione… e hanno lasciato, per certi versi, dei testamenti artistici…
Penso al suddetto Carpenter, che con The Ward fece un gioiellino…
O, per esempio, a William Friedkin (nato nel ’35), il cui ultimo film di fiction è Killer Joe (2011), che fu un capolavoro…
Oppure a George Miller (classe ’45), che, dopo una lunga stagione di “pausa” artistica alcune volte sì redditizia (vedi Happy Feet, 2006 e 2011) ma certamente poco “appetibile” a livello di interesse, ci ha regalato Mad Max: Fury Road (2015), non si sa quanto possibilmente replicabile…
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Bisogna ammettere che Brian De Palma, con pochissimo denaro, non riesce a eguagliare Carpenter, Friedkin e Miller…
Certamente, però, fa un film di De Palma, con tutti i suoi stilemi, deducibili soprattutto dalla sua ultima produzione “piccola”, vedi Femme Fatale (2002): Split Screen, scopofilia, lenti zoom avanti, sequenze a ritmo di boléro (in Femme Fatale era di Ryuichi Sakamoto, qui è del fedelissimo Pino Donaggio)… il tutto nei limiti del possibile di un budget risicato, ma ancora con la grossa capacità di “eccitare” un tipo di cinema davvero godurioso…
Naturalmente la sottigliezza del budget influisce molto sull’efficacia complessiva: Domino ha un aspetto da puntata di serie poliziesca della Germania del Nord… ma è soprattutto a livello di script (per cui è accreditato Petter Skavlan) che questo problema si sente di più…
De Palma non bada affatto ad alcuna verosimiglianza, ed è interessato solo e soltanto a esprimere una critica governativa a come si conducono le guerre bellico-spionistiche odierne, e a evidenziare l’ipocrisia dell’occidente sul considerare barbari gli islamici… De Palma è avvinto solo da questo, e del budget minuscolo, così come delle implicazioni non oliate di uno script rabberciato, non si cura affatto…
Le pericolose idiozie del fondamentalismo islamico ci sono tutte, tutte le follie del terrorismo, ma ci sono anche le scemenze dell’occidente (il poliziotto danese che “dimentica” la pistola a casa), l’irrazionalità dell’occidente (la poliziotta che uccide solo per vendetta personale all’interno di un privatissimo drammetto sentimentale), la crudeltà dell’occidente (la CIA che agisce esattamente come l’ISIS: per ricatto e tortura)…
e De Palma ci illustra tutto questo… in un film che regge poco (è tutto sommamente improbabile, dai poliziotti che lasciano le pistole d’ordinanza al check-in dell’aeroporto, ai viaggi che si fanno in pochi minuti, alle poco accorte decisioni prese dai personaggi in ogni ambito, agli attori incapaci), e che forse rimane poco, ma che qualcosa dice… e la dice con grande maestria…
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Non esci dalla sala contento di averlo visto, e sai che stai vedendo un prodotto para-televisivo, ma ci intravedi l’opera “ultima” di un grande regista che, pur senza vere cartucce, ha ancora una bella mira!
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Il doppiaggio di Connie Bismuto si adegua alla qualità da piccolo schermo europeo: i doppiatori si adattano con professionalità ma con scarsissima voglia, e tirano via il risultato con diligenza e nulla più…
Noooo che delusione… Io ci speravo in questo tardivo De Palma! La qualità da serie TV tedesca mi uccide, già mi immagino questa fotografia da filmato amatoriale in interni di plastica! Povero De Palma…
Bisogna aguzzare la vista e accontentarsi del discorso critico che sta oltre la montagna di obbrobrio visivo-scrittorio… in effetti non lo so se vale la pena…
Un film di De Palma lo vedrei per principio, ma ho saputo che questa volta ha avuto problemi in fase di montaggio, e lui stesso l’ha rinnegato. Quindi stavolta passo. Aspetto di vederlo in streaming…
Già rinnegato? Ma è appena uscito! Poveraccio, non far lavorare uno così è da criminali, ha ampiamente dimostrato si saper fare film nella sua carriera!
Ho letto un’intervista in cui diceva che per lui è stata un’esperienza allucinante. La sua prima volta in Danimarca e sicuramente l’ultima. L’hanno tagliato di più di mezz’ora…
Ahia… Mi sa che Nick è stato generoso! :–)
Ho gradito il sottotesto politico… un sottotesto che è molto sotto…
Non sapevo dei problemi avuti, ma in effetti mi stupivo che De Palma fosse passato sopra ai tanti problemi di raccordo/racconto… poi ho pensato che già in passato, per esempio in «Black Dahlia», era incorso in problemi scrittori analoghi… — in effetti, però, una gestazione laboriosa è evidente, e anche io ho un po’ rimpianto l’averlo visto in sala, poiché, tutto sommato, l’intravedere soltanto il graffio “sociale” di un maestro dietro una montagna di casini narrativo-produttivi fa quasi innervosire…
Leggo ora questa tua recensione e in effetti noto come siamo arrivati alle stesse conclusioni o quasi (incluso il paragone con le fiction tedesche)… impressionante, da un lato, confortante, dall’altro… 😉
Godiamoci questi momenti di «psiche collettiva»: ho in preparazione il papiro riassuntivo della stagione, e rideremo assai dei giudizi dei film per cui non siamo d’accordo! Aaahahah!