Ogni riferimento è puramente casuale

Nonostante il mio fioretto dell’anno scorso, a proposito di Mio caro serial killer, la Sellerio è riuscita a fregarmi di nuovo…

Precisiamo: non sono caduto in un ennesimo gialletto di rassicurante evasione, ma in un ancora più evasivo numero della collana «Il divano», che ha una copertina ancora più carina degli scuri mystery (una copertina di fantastica carta verdognola fabbricata apposta a Fabriano, a mano, per la collana)…
Una caduta avvenuta allo scaffalino antistante le casse automatiche della Coop di Via Cimabue a Firenze, là dove ero caduto su Mio caro serial killer… un posto analogo a dove caddi sul SuperPocket di Gossip Girl (vedi Libri e Librini)… Un posto, quindi, dove non è bene sostare…

Ogni riferimento è puramente casuale sono 7 raccontini di Antonio Manzini, l’autore best-seller di Rocco Schiavone, che io non ho mai né letto né frequentato (sul personaggio ci fece anche una serie per la RAI, di una decina di puntate, addirittura Michele Soavi con Marco Giallini: non l’ho mai avvicinata, neanche per sbaglio)…
Tutti hanno a che vedere con il mercato editoriale, e riflettono le assurdità della crisi letteraria italiana… ma la loro qualità è discontinua…

Il primo è effettivamente sfolgorante: un tour promozionale di uno scrittore esordiente con un buon successo che, piano piano, risolve nell’onirico, e traduce funzioni e ritmi dal film Shining o anche dall’Inquilino del terzo piano di Polanski…

Il secondo è sui rapporti quasi ricattatori che incorrono tra editori, critici e media promoters… è lungo, e dalla concatenazione ridicola (un riferimento è al Ghost di Robert Harris, da cui trasse un film di nuovo Polanski, The Ghost Writer)

Il terzo è il più lungo e grottesco, dalle nuances quasi alla Joe Dante (quello dei Gremlins 2 e soprattutto di The ‘Burbs): affastella la necessità di un editore di tenersi con le unghie e con i denti l’autore top selling mondiale sudamericano, e le vanaglorie di uno scrittore senza talento, capace (e rieccoci) solo di fare il ghostwriter… è a tratti divertente ma è anche impillaccherato, non finisce più, ha risvolti prevedibili, e un finale banale…

Il quarto è carino: ironizza sui parametri farlocchi tali per cui uno scrittore diventa degno di essere pubblicato nei «Meridiani» Mondadori… a sprazzi tira fuori immagini quasi di “realismo magico”, e azzecca bene un’atmosfera di nuovo tra l’onirico e l’horror (simile a quella del primo)… ha il difetto di non svilupparsi granché: è uno dei più brevi…

Anche il quinto si legge bene: narra delle terribili vicissitudini di un libraio che tenta di aprire una libreria in una cittadina del tutto anti-letterata dove qualsiasi cosa gli rema contro… è forse quello, insieme al primo, con l’andamento migliore, e una piacevolezza di nonsense quasi alla Nora Ephron…

Il sesto è una assurda pagina di ringraziamenti “diegetica”, che dice poco…

Il settimo vorrebbe essere un esercizio di stile quasi alla Michael Ende dello Specchio nello Specchio, anche cupo, ma si ingarbuglia fino a dire quasi nulla…

Alla fin fine è una lettura assai più piacevole e costruttiva del Caro serial killer… ma è un qualcosa che passa e va, paragonabile a una piacevole OranSoda fresca bevuta d’estate: sì, stai bene mentre la bevi, ma poi la dimentichi ben presto…
mah…
sì, si leggiucchia senza particolari mal di pancia, che invece prendevano col Serial Killer

per cui, dai: sono ricascato nella Sellerio, ma stavolta è stata una caduta non così rovinosa!

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