Rocketman

Senza dubbio Dexter Fletcher ci fa tornare ai musical dello stupeficio e del razzle dazzle spettacolare come non si erano più visti: Rob Marshall, e i poveri Damien Chazelle e Michael Gracey (scelto da Elton John come regista nel 2012, quando John era al secondo tentativo di un suo biopic con la Focus Features [il primo era stato con la Disney e David LaChapelle come regista: era il 2001, e John e la Disney sembravano andare d’amore e d’accordo con gli Oscar vinti per The Lion King nel ’94 e i Tony vinti con l’Aida di Broadway del ’99], e rimasto executive producer di Rocketman solo per ragioni contrattuali), ci hanno ammorbato, in questi anni, di prodotti abbastanza precotti…
Fletcher riesce a imbastire piani sequenza che sono piani sequenza, non i bistecconi crudi di Chazelle: long takes che viaggiano vorticando tra presente e passato, tra flashback e azione, tra ricordi e immaginazione, tra spettacolo e allucinazione: tutto senza soluzione di continuità e con un’iconografia stiolosa e caleidoscopica che non si vedeva dai tempi di Baz Luhrmann (che sono lontani: Moulin Rouge compie 18 anni e Gatsby, 2013, era molto più pallido)… E questo anche se i suoi tecnici sono bravi ma non il massimo, anche rispetto a Bohemian Rhapsody, suo precedente film a metà con il licenziato Bryan Singer (e i tecnici di Bohemian Rhapsody li aveva scelti Singer: Thomas Siegel è più inventivo ed esperto di George Richmond, che ha sì una illustre e prestigiosa gavetta alle spalle [steadicam e operatore per Emmanuel Lubezki, Dion Beebe, Rodrigo Prieto, Janusz Kaminski: roba grossa], ma in prima persona come cinematographer può vantare, che possano dirsi lavori buoni, solo quelli fatti con Matthew Vaughn [e senz’altro è stato Vaughn ad assumerlo, visto che è stato Vaughn a intercettare Elton John per il terzo progetto filmico con la Paramount: Vaughn, in veste di produttore, ha assunto, se per questo, anche Fletcher stesso!]; anche John Ottman è più cool di Chris Dickens che va spesso di alti e bassi [discutibili molte sue scelte, con solo il Macbeth di Kurzel e Slumdog Millionaire di Boyle a essere davvero ottimi; già il suo precedente musical, Les Misérables con Tom Hooper, era carino ma non di più])…

Rocketman è quindi un musical vero e proprio…
e molte delle sue componenti sono ancipiti: possono essere interpretate sia come graditi ritorni di stile, sia come decotti passi indietro…
Che la gente canti e balli, bella e felice, in mezzo alla scena, per esempio, può essere considerato una gioia per tanti e una tristezza amorfa per altri (altri che forse preferiscono il format di Walk the Line e Bohemian Rhapsody a quello del teatro filmato del musical classico)…
L’obbedienza al biopic musicale istituzionale (quello che abbiamo visto sia in Walk the Line sia in Bohemian Rhapsody, e del quale possiamo benissimo riconoscere le travi portanti: vedi il problema edipico, la donna come veicolo di pacificazione [qui la donna è Bernie Taupin], la pioggia come purificazione [qui è l’acqua della piscina], l’evento centrale [la seduta degli alcolisti anonimi] a sviscerare una vita che ha un problema centrale [il dramma edipico, e la fissa di non essere amato, riflessa nell’Elton John bimbo con cui riappacificarsi], che lo porta a drogarsi, e risolto il quale [e finito il rapporto con la droga], il protagonista diventa «l’uomo migliore del mondo»), è rispettata al massimo ma con diverse ripetitività (tante sono le scene pressoché identiche): e questo può essere visto sia come fonte di noia, sia come fonte di effettiva verosimiglianza, che la fa in barba alle logore regole del racconto antirealistico Hollywoodiano (le ripetizioni e le ridondanze fanno parte della vita e quindi rendono il film più vicino alla realtà storica proprio quando fanno venire meno le convenzioni pulitine del biopic, annullanti i tempi considerati morti, messe lì per la comodità dello spettatore)

A mio gusto personale, la tematica edipico-psicologica (il John bambino con cui fare pace) è nutriente, ed è veicolata effettivamente un po’ meglio del dramma alla David Copperfield di Bohemian Rhapsody, ma non così tanto meglio come affermano alcuni della blogosfera (Richard Madden ha un ruolo davvero pedissequamente identico a quello di Allen Leech in Bohemian Rhapsody)…
E a mio gusto personale, dicevo, è una gioia vedere un regista che sa come allestire un buon discorso di sguardo musicale e di ripresa, che riesce a mescolare così bene tante valenze e significati della visione (che è spettacolo, psicanalisi, ricordo, auto-rappresentazione: dopo due ottimi risultati, uno meglio dell’altro, sarebbe l’ora che Fletcher esplorasse altri modi filmici)…
A mio gusto sono molto bravi gli attori (certo Eggerton, ma anche Bryce Dallas Howard, che forse è a una delle sue migliori prove della sua assai discontinua carriera)…

Perciò lo vedo come un prodotto davvero ottimo, che si eleva dal resto dei compagni di categoria per via della maggiore consapevolezza visiva del regista…

Ma devo anche confessare che non mi esprimerei per il 10 e lode che gli ho visto affibbiare da altri…
La lunghezza e la ripetitività sono per me più punti deboli che benemerite discrepanze dell’istituzione diegetica hollywoodiana (più errori che avanguardia, per capirsi)…
E la conclusione alla «una volta risolto il problema psicanalitico è stato una pasta d’uomo» m’è sopraggiunta abbastanza frettolosa: avrei fatto vedere il sopraggiungere dell’innamoramento vero con David Furnish, e avrei fatto vedere le differenze tra l’istrionismo patologico e quello professionale, visibile in live degli anni ’80 e ’90… Anche Rocketman, in soldoni, per me finisce prima che Elton John diventi davvero interessante (come succede allo Steve Jobs di Danny Boyle [vedi Biancalana e i sette gnomi, parte II])

3 risposte a "Rocketman"

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  1. Non mi è dispiaciuto, l’ho trovato onesto e non edulcorato, ma non mi ha entusiasmato nel complesso… domani qualche mio pensiero disordinato, tra cui uno in cui condivido la tua osservazione sul fatto che sia un musical in buona sostanza. Ciao

  2. Non sarà un film grandioso ma comunque è stato fatto bene con momenti e trovate niente male. Personalmente l’ho trovato molto meglio di Bohemian Rapsody (di quest’ultimo non ho apprezzato per nulla la seconda parte).

    1. A me Bohemian, nella sua totale astrazione, mi ha preso di più… Rocketman è un musical anche secondo me migliore (Fletcher ci ha creduto evidentemente di più), ma gli schemi risaputi di trama mi sono sembrati anche troppo simili a Bohemian, per cui vado di pareggio, anche perché, come dico nel post, se illustrava un Elton John successivo ero più contento…

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