Per più di tre quarti, il film, dalla insistente e sempiterna macchina a mano anche negli inserti più classici, si squaderna come panico desiderio bestiale di riconnessione organica con la natura, risultando gradevole, ma non più che gradevole… E un quarto buono è anche dedicato a esprimere la gioia dell’amore, con scene anche didascaliche, gratificate da un indubbio occhio pronto, che regala scorci e composizioni non convenzionali (suggestivi i frame che coinvolgono il lago nel bosco), ma, tutto sommato, abbastanza risapute come configurazione sentimentale… e in qualche modo inficiate dalla oltranzista strizzata d’occhio sensazionalista della bruttura inseguita “per forza” (con riflessi che, in filosofia del mostrato, si avvicinano anche troppo al Primo re, anche se la componente della macchina a mano e l’occhio suggestivo li riscattano subito)…
Nell’ultimo quarto, invece, il film spacca…
Diventa un testo fantasmagorico di riflessione sulla convivenza all’interno del contratto sociale, e sulla necessità di andare oltre divergenze, vendette e violenze… un testo superbo, né spiattellato, né prorompente, né sentenzioso, ma argomentato, illustrato fantasticamente con una diegesi, allegorizzato al massimo in una situazione narrativa, con scene-chiave di dialogo scritte genialmente, con il respiro dei duetti classici sofoclei o eschilei aggiornato con l’immediatezza dell’urgenza contemporanea (quell’hic et nunc quasi alla Hemingway, o alla Cocteau)…
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La macchina a mano potrebbe illustrare benissimo la natura ferina dello sguardo dei protagonisti, traballanti tra istinti non umani e insieme tremanti nella convenzionalità umana…
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Una chicca bellissima, anche se, a mio avviso, non il miracolone idolatrato che mi aveva fatto attendere l’osanna estatico della bologosfera…
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Il doppiaggio è stato eseguito a Torino da Lucia Valenti con protagonisti (Olivia Manescalchi e Luca Ghignone) misurati e molto bravi, anche se incorrono qualche volta nella transverberazione “puccioso-cuccioloso-fumettosa” dei personaggi…
Anche secondo me merita Border, ne scrissi quando lo vidi al cinema e mi colpì allo stomaco. Ce ne fossero di film che trattano argomenti così seri in modo così intelligente!
Comunque non ho nessuna voglia di rivederlo, eh, lo ammetto…