Il primo re

È un film così, fatto in questo modo:

  1. si sa come realizzare una gamba che si sfracella, e allora nel film ci dovranno essere ventordici gambe che si sfracellano… non importa perché, ci devono solo essere…
  2. si sa come realizzare un fiume in piena che travolge tutto, e allora ci dovrà essere una bella ondata di piena, non importa il motivo della piena, basta ci sia la piena…
  3. si sanno fare fumi vari soffusi tra le fronte, e allora dappertutto ci saranno i fumi vari tra le fronde…
  4. si sa come realizzare una testa che esplode, e allora a un certo punto c’è da metterci la testa che esplode…

perché è così?

forse per imitazione di Mel Gibson…

Si sa che ormai Mel Gibson ha perso molta credibilità nel mondo del cinema, ma, non si sa perché, gente come Zack Snyder, Alejandro Gonzalez Iñarritu o Darren Aronofsky, non fanno altro che imitarlo…
…e lo imita anche Rovere…

Nel Primo re ci sono teofanie iniziali che vanno a braccetto con lo splatter: un modo direttamente derivato da Gibson… E ci sono sbrodolate di una religiosità aberrante e irrazionale coincidente più con l’istinto che con una qualsivoglia “dottrina”, sbrodolate che “arrivano” anch’esse da Gibson…
Tutti i primi due atti, oltre che una sequela di botte da orbi cacofonica, sono anche una pagliacciata di dialoghi deliranti di rimasticazioni catechistiche proferite in maniera anche abbastanza prepotente (oltre che in un linguaggio totalmente inventato: a metà tra Prisencolinensinainciusol di Celentano e, appunto, il Maya finto di Apocalypto di Gibson: una cosa che fa rimpiangere i gorgoglii di Pingu)…
come si fa a non incavolarsi al 22esimo «inchinati davanti a Dio» proferito dopo il 300esimo cazzotto in bocca?
La permeabilità tra violenza e religione è tipica di Gibson e, visto mother! e Noah, anche di Aronofsky…
…e Rovere non fa che sposarla, senza se e senza ma…

Non è “fatto male”, intendiamoci: i tecnici hanno lavorato benissimo tutti quanti:
il vecchio Daniele Ciprì confeziona una resa visiva splendida, che rivaleggia, in tecnica, con Lubezki;
Gianni Vezzosi fa un esimio lavoro editoriale (le scene di combattimento sono chiarissime per quel che riguarda la comprensione di quando avviene cosa e dove avviene cosa: un découpage classico ferreo difficilmente riscontrabile nelle tante commediole che affollano il nostro cinema);
la caratterizzazione dei personaggi (i costumi sono di Valentina Taviani) è supersonica (capisci subito, quando li vedi, chi sono i personaggi), e gli attori ci buttano tutta la loro passione (proprio si vede che ci credono)…
…ma fanno tutto senza un effettivo *perché*…

Rovere non inquadra male, ma inquadra solo per *mostrare* il lavoro dei suoi tecnici, senza un effettivo sguardo… la sua inquadratura è un disegno, un “far vedere” invece che una inquadratura di cinema…
la macchina non afferma né “dice” nulla, è lì semplicemente per accompagnare azioni e motti agiti e pronunciati dagli attori…
è un po’ come dicevo per La favorita, che però ha le dissolvenze, ha i fish-eye, ha i carrelli: La favorita ha *cinema* (anche se io ne volevo di più)…
…Rovere no…
Rovere ha ottimi tecnici, ma non ha il *cinema*… perché non ha sguardo…
Rovere mostra quello che succede: la sua macchina è più televisione che cinema (anche se ha una resa visiva di grande qualità)…
come Rovere è stato un po’ il Bradley Cooper di A Star is Born… Cooper ha indovinato quasi solo lo sguardo finale in macchina di Lady Gaga, e Rovere ha indovinato quasi solo le inquadrature indifferenti dall’alto durante la resa dei conti (una cosa mutuata da Agorà di Amenabar): per il resto del film ha allestito più che inquadrato, ha letto il copione più che raccontato…

Gemellaggio tra splatter e superstizione deistica, assommato a una ostentata tecnica senza alcun supporto teorico-estetico… questo è Il primo re

Anche a livello di drammaturgia le idee non sono chiarissime:
molte volte le trame si ambientano nel passato per affermare «guardate quanto erano barbari in passato e guardate oggi quanto siamo più bravi»… e altrettante volte si ambienta nel passato per dire «guardate quanto erano barbari nel passato, e riflettete: siamo ugualmente barbari oggi» (operazione metaforica di parafrasi del passato come allegoria del presente)…
…Rovere non sembra decidere su come agire…
la barbarie che fa vedere è tantissima, ma non sembra “distaccarsene”… anzi, nei primi due atti pare quasi “glorificarla”…
alla fine vorrebbe buttarla nel «guardate quanto erano barbari nel passato, e riflettete: siamo ugualmente barbari oggi», ma lo fa in maniera assai sbrigativa, perché, così facendo, quasi getta via la “glorificazione” della prima parte…
Il finale vorrebbe anche scioccare, perfino… ma non fa che confondere… poiché, invece che metaforico (una parafrasi del presente attraverso il passato), sembra essere addirittura *qualunquista*, perché sembra affermare: «passato, presente, è uguale…»
E dico *qualunquista* invece di nichilista, perché se fosse stato nichilista allora non avrebbe “glorificato” proprio nulla, e non avrebbe, nel finale, assunto un tono “shock”: un finale nichilista sarebbe stato triste, non sardonico… Rovere sembra essere quasi ‘contento’ che passato e presente siano barbarici, e questo è qualunquista, mentre il nichilista dice sì, ugualmente, che passato e presente sono barbarici, ma si limita a constatarlo o a rammaricarsene, non ne gioisce… Rovere, invece, sembra gioirne, poiché il suo finale lo tratta quasi come se fosse un’idea geniale, un coup de théâtre… in maniera quasi sensazionalistica… e il nichilismo non è mai sensazionalista, mentre spesso lo è il qualunquismo…

Un sensazionalismo che può qualificare anche la gestione complessiva del film, anche a livello promozionale: la sua pubblicizzazione nazionalistica ed esagitata è stata sensazionalista («il primo film totalmente italiano con gli effetti digitali!!! ecc. ecc.»), la sua paratassi piena di know how ma vuota di know why è sensazionalista (far vedere gambe spaccate e cervelli infranti senza motivo, ma solo per far vedere che si sanno fare, e poi pubblicizzarli sbandierando proprio che si sanno fare è davvero il top del sensazionalismo: anche questo è un modo gibsoniano)…
…un sensazionalismo secondo me eminentemente qualunquista…

Non c’è che da concludere rammaricandosi di una occasione mancata, perché un film sulle tematiche mitologiche romane manca davvero, e un film che faccia lavorare in toto (non solo in commedia) le eccellenti maestranze italiane ci dovrebbe essere ogni anno… ma Il primo re getta via le istanze mitologiche (gli accenni a Virgilio sono puerili e quasi insultanti, e dell’archetipo mitico del topos del fratricidio si parla in modo davvero pessimo, senza alcuna sapienza; e non parliamo dell’immagine arronzata dei tempi pre-romani, risolta con una ottusa, oltre che ritrita, iconografia Dark Ages senza alcuna estetica [nessuno voleva una sapienza archeologica, ma sarebbe stata gradita una ontologia visiva trascendente il mero ninnolo]), e sfoggia una perizia sopraffina senza però alcun “cervello”, squalificando quasi (invece di esaltare) le sapienze tecniche…

Non è un film del tutto sgradevole, intendiamoci…
ma lo si può liquidare molto facilmente o con il motto «tutto fumo e niente arrosto» o con «perché imitare Gibson quando potresti imitare John Boorman?: perché per imitare Boorman avresti bisogno di un know why e di un’intelligenza estetico-drammaturgica che non hai!», oppure con l’ancora più violento «avere Cirpì, un grande set e un sacco di collaboratori bravi non fa di te un regista…»

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5 risposte a "Il primo re"

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  1. Anche secondo me mother! è un cesso nauseabondo. Riguardo a Il primo re, quale Mel Gibson ha imitato? A leggere il tuo post mi sembra che Rovere abbia scopiazzato il Mel Gibson di Apocalypto, ma non ne sono sicuro.

    1. Per fortuna qualcuno d’accordo con me su «Mother»! Io litigai anche con un blogger che lo considerava capolavoro! — Rovere, a mio aviso, imita «La Passione», «Apocalypto» e anche «Hacksaw Ridge»: il Gibson più aberrante…

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